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Card. Burke: “Non intendo affatto oppormi al Successore di San Pietro”

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Diane Montagna - Aleteia - pubblicato il 10/11/14
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Il porporato statunitense chiarisce i resoconti per i quali sarebbe il maggior critico di papa Francesco

La Chiesa cattolica si sta allontanando dai suoi insegnamenti tradizionali su vita, amore, matrimonio e sessualità?
Il cardinale Raymond Burke ha messo in guardia contro i tentativi di alcuni membri del Sinodo dei vescovi di cambiare le verità immutabili della Chiesa. Malgrado i recenti resoconti dei media in base ai quali il porporato starebbe guidando l'“opposizione conservatrice” all'“agenda riformista” di papa Francesco, il cardinale statunitense insiste sulla sua fedeltà al papa come Vicario di Cristo e Successore di San Pietro.

Il cardinale Burke è stato nei giorni scorsi a Vienna per il lancio della traduzione tedesca di un nuovo libro al quale ha contribuito, Remaining in the Truth of Christ (Rimanere nella verità di Cristo). Il testo è frutto della collaborazione di cinque cardinali di Germania, Italia e Stati Uniti ed è una riposta al discorso del cardinale Walter Kasper al concistoro straordinario del febbraio scorso, nel quale ha proposto di permettere ad alcuni divorziati risposati di accedere alla Santa Comunione.

Prima che venisse ufficializzata la nuova nomina del porporato, la corrispondente da Roma per Aleteia e un altro reporter hanno parlato con il cardinale Burke delle accuse in base alle quali avrebbe criticato papa Francesco, delle lodi di Elton John al papa e di come il porporato vede il processo sinodale.

Eminenza, nella sua intervista recente a Vida Nueva ha detto di avere la forte sensazione che la Chiesa sia come una “barca senza timone”. Alcuni osservatori considerano dichiarazioni di questo tipo un insulto al papa. Vuole correggerle?

Sì. È stato detto semplicemente che ci sono molte persone confuse, e penso che l'intervistatore abbia usato l'immagine, o l'ho fatto io, per cui la gente sulla barca della Chiesa ha un po' di mal di mare a causa di questa confusione. Molti sono ansiosi e preoccupati e si sono messi in contatto con me. Dicono: “Dove stiamo andando? Cosa sta insegnando realmente la Chiesa?” E la mia risposta è sempre stata che conosciamo l'insegnamento della Chiesa: è nel Catechismo, è nella Tradizione, e dobbiamo semplicemente aggrapparci a questo, e in questo modo sappiamo che stiamo facendo la cosa giusta.

Non mi stavo riferendo in alcun modo direttamente al Santo Padre, ed è un peccato che la gente ne abbia tratto questa interpretazione. Alcuni media vogliono semplicemente continuare a dipingermi come una persona che vive la propria vita in opposizione a papa Francesco, il che non è affatto vero. Lo servo nella Segnatura Apostolica e continuerò a servirlo in altri modi, e so che parte del mio servizio è parlare della verità delle situazioni, e in questo momento ci troviamo in una situazione nella Chiesa in cui molte persone sono confuse.

Nel suo discorso alla fine del Sinodo, il papa ha parlato della difesa del deposito della fede. È questo che vuole sottolineare?

Esattamente. E ho detto molto chiaramente nella mia risposta all'intervistatore che non stavo dicendo che questo era ciò che il Santo Padre stava provocando o facendo, ma semplicemente una realtà di oggi.

Nell'intervista ha anche detto che non possiamo andare nelle periferie a mani vuote. Può spiegarci meglio questo concetto?

Credo che molti fraintendano l'enfasi del Santo Padre sul fatto di andare nelle periferie come una sorta di inseguimento della cultura. In altre parole, in qualche modo non confidiamo più nell'insegnamento della fede e nella vita della Chiesa, e quindi andiamo dietro alle situazioni della società come se non avessimo nulla da offrire o da dire.

Ciò che stavo sottolineando è che sì, andiamo nelle periferie, ma ci andiamo con Gesù Cristo e con tutta la ricchezza della sua vita con noi nella Chiesa. È così che serviamo davvero chi è nelle periferie, quelle persone che cercano qualche segno della misericordia di Dio nella propria vita, la verità di Dio. Per questo, è molto importante che quando andiamo nelle periferie ci andiamo con l'integrità della nostra fede cattolica.

Ho anche detto chiaramente all'intervistatore che non stavo dicendo che l'idea del Santo Padre sia questa, ma ho visto altre persone usare le sue parole per giustificare una sorta di accomodamento della fede alla cultura che non può esserci.

La settimana scorsa Elton John ha definito papa Francesco un grande eroe per i diritti dei gay. Alcuni lodano questo e si rallegrano che una persona che in genere non guarderebbe alla Chiesa si sia impegnata ora in qualche modo con essa. Altri dicono: sì, persone come Elton John vedono una porta aperta, ma è aprire una porta che conferma che queste persone hanno uno stile di vita peccaminoso. Come può la Chiesa gestire al meglio questa situazione in cui si trova di modo che ci siano sia verità che carità?

Solo con lo sforzo diligente di spiegare con molta attenzione l'insegnamento della Chiesa riguardo agli atti omosessuali e di compiere le giuste distinzioni tra il peccato e il peccatore. È stata una delle difficoltà del Sinodo, è stato tutto confuso ed è stato quantomeno implicato il fatto che potessero esserci elementi positivi in atti che comportano peccato mortale. Sappiamo tutti che non è possibile. Non ci può essere alcun elemento positivo in questo. E così se il papa viene lodato perché tiene profondamente alle persone che soffrono per l'attrazione per le persone dello stesso sesso – e nella società di oggi questo viene rivestito di grande consapevolezza attraverso tutto il movimento per i diritti dei gay –, la preoccupazione del papa per loro è che capiscano che, anche se provano questa attrazione, è un'attrazione ad atti disordinati e hanno bisogno di cercare la guarigione e la grazia necessarie, di ordinare correttamente la propria vita e di affrontare questa sofferenza, che è molto profonda.

Non si può vedere la posizione del papa come se in qualche modo la Chiesa ritirasse ciò che non può ritirare, nella fattispecie l'insegnamento per cui è contrario alla natura.

La settimana scorsa è apparso anche un articolo su come lei è riuscito a riportare un uomo omosessuale alla Chiesa…

Sì, ricordo molto bene quell'episodio.

Com'è avvenuto?

Era un membro molto aggressivo del movimento omosessuale. Ovviamente soffriva molto per l'attrazione per lo stesso sesso. Aveva cercato in qualche modo di stare dentro la Chiesa, e alla fine si era irritato molto. Può anche essere stato per via di alcuni insegnamenti che avevo dato pubblicamente riguardo agli atti omosessuali e a tutta la situazione. E così un giorno ha inviato al mio ufficio una scatola con quelli che chiamava “i simboli del mio cattolicesimo”, e ha scritto una lettera dicendo che rinunciava alla fede cattolica e voleva sbarazzarsi di q uelle cose. C'erano un crocifisso, un rosario, una Bibbia, gli strumenti normali della fede.

Ho detto al mio segretario di metterli in un armadio perché pensavo che quell'uomo sarebbe arrivato a vedere la verità e avrebbe poi voluto indietro quegli oggetti. E così li abbiamo messi su uno scaffale, ed è avvenuto proprio questo. Ha sperimentato una conversione ed è stato aiutato. Non l'ho aiutato direttamente con la conversione. È stato aiutato da un bravo sacerdote e da alcuni validi laici che lo hanno portato a casa propria perché era talmente impegnato nel movimento omosessusale che si trovava in una condizione profondamente ferita. Poi ha preso un appuntamento per venirmi a trovare, e in quell'occasione l'ho abbracciato e gli ho detto quanto fossi felice per lui, aggiungendo: “Ho conservato queste cose per lei, e penso che le voglia indietro”. È stato molto contento di riaverle, e così gliele ho restituite.

Purtroppo quando sono andato via dagli Stati Uniti ho perso i contatti con lui, ma spero che stia bene, perché è una sofferenza per la quale ci possono essere delle recidive. In ogni caso, in quell'occasione ho visto all'opera la bellezza dell'insegnamento della Chiesa. È stata davvero la cosa migliore per lui, e quando è riuscito a tornare alla pratica della fede e a condurre una vita casta è stato realmente felice.

C'è stata qualche “diminuzione” dell'insegnamento della Chiesa da parte sua?

No, no. Non nutro alcun sentimento negativo nei confronti delle persone che provano attrazione per lo stesso sesso. Cerco di aiutare chiunque venga da me, ma sono sempre chiaro con loro dicendo che il modo definitivo è porre fine a ogni tipo di attività e condurre una vita casta, ma questo è vero per ciascuno di noi.

Tornando all'argomento delle sue interviste recenti, come forse ha visto, il Religion News Service l'ha identificata come il cardinale “emerso come volto dell'opposizione all'agenda riformista di papa Francesco”. Come risponderebbe?

Il mio obiettivo è presentare l'insegnamento della Chiesa intorno al quale c'è stata grande confusione, in parte provocata anche da ciò che è avvenuto nel Sinodo dei vescovi. Il Santo Padre è il Successore di San Pietro e non ho alcuna intenzione di oppormi al Successore di San Pietro, ma penso che la gente che ha voluto identificare la cosiddetta “agenda riformista” di papa Francesco con tutte le proprie idee preferite su cosa la Chiesa dovrebbe fare o come dovrebbe diventare cerca ora di screditare ciò che dico attribuendolo a qualche animosità personale nei confronti del Santo Padre, e non è così.

Si parla sempre più della paura di uno scisma, del fatto che se il Sinodo dei vescovi procederà nella direzione che ha intrapreso la situazione peggiorerà. Cosa si potrebbe fare, a suo avviso, per evitarlo?

Dobbiamo essere individualmente sicuri di rimanere in forte contatto con la Tradizione attraverso il nostro studio del Catechismo, soprattutto attraverso la preghiera e anche una giusta direzione spirituale, forti nella nostra fede cattolica e nella nostra testimonianza di questa. E poi dobbiamo usare altre occasioni e opportunità, come la nostra testimonianza personale nei nostri contatti quotidiani, visite alla famiglia e agli amici e così via, per sottolineare la bellezza della verità relativa al matrimonio. Anche eventi come quello di oggi, un convegno sulle questioni sollevate nel Sinodo sulla famiglia e altri argomenti sui quali c'è molta confusione.

Penso, ad esempio, a questo: è possibile che l'insegnamento della Chiesa possa rimanere lo stesso e tuttavia che la Chiesa possa avere una pratica pastorale che sembra contraddirlo? Bisogna affrontare questo genere di argomenti. E anche la confusione che circonda la posizione dei Padri della Chiesa relativamente alla Comunione a coloro che vivono unioni irregolari, o la confusione che circonda la pratica delle Chiese ortodosse e così via, e l'idea che dovremmo adottare la stessa pratica.

Pensa che ci sia un rischio reale di scisma?

Se in qualche modo il Sinodo dei vescovi è stato visto andare in senso contrario a quelli che sono l'insegnamento e la pratica costanti della Chiesa, c'è il rischio perché sono verità che non cambiano e che non si possono cambiare.

Al Sinodo, quando è stato diffuso il rapporto a metà dei lavori, alcuni hanno detto che era un disastro.

È stato un disastro totale.

Il rapporto finale ha sottolineato la necessità di una sensibilità verso gli elementi positivi dei matrimoni civili e, “fatte le debite differenze”, delle convivenze. La Chiesa, afferma, deve indicare “anche elementi costruttivi” in queste situazioni. Il paragrafo in questione, il numero 41, ha ottenuto la maggioranza richiesta di due terzi. Trova preoccupante che questo paragrafo abbia ottenuto questa maggioranza tra i vescovi?

Il linguaggio è quantomeno confuso, e temo che alcuni Padri sinodali possano non aver riflettuto a sufficienza sulle sue implicazioni, o forse visto che il linguaggio è confuso non abbiano compreso del tutto ciò che si stava dicendo. Ma per me è preoccupante. E poi l'intera questione: che anche se certi paragrafi sono stati rimossi, in contraddizione con la pratica del passato il documento sia stato stampato con quei paragrafi inclusi, e una persona doveva andare a vedere la votazione per verificare se certi paragrafi erano stati rimossi. È preoccupante per me che perfino quelle sezioni che si è votato di rimuovere abbiano ricevuto un sostanzioso numero di voti.

A livello giuridico, quando quei tre paragrafi non hanno ricevuto la maggioranza di due terzi dovevano essere rimossi dal documento?

Assolutamente sì. Non abbiamo potuto discutere quel testo, ma abbiamo votato paragrafo per paragrafo, e a cosa serve votare paragrafo per paragrafo se non per accettare un paragrafo o rimuoverlo? È solo un altro aspetto preoccupante sul modo in cui è stato condotto il Sinodo dei vescovi.

Pensa che questa agenda proseguirà quest'anno? Non ci saranno cambiamenti di direzione?

No, perché il Segretario Generale si è identificato in modo molto forte con la tesi di Kasper, non esita a dirlo e ha anche pronunciato vari interventi in diversi luoghi. È meno esplicito del cardinale Kasper, ma è chiaro che aderisce a quel pensiero. Per cui andrà tutto avanti, ed è per questo che è importante che continuiamo a parlare e ad agire per affrontare la situazione.

Una domanda sul linguaggio: nel documento di metà sinodo è stata usata ripetutamente la parola “accogliere”, soprattutto nei tre paragrafi relativi all'omosessualità. Come sa, “accogliere” in italiano può significare molte cose. Inizialmente in inglese è stata tradotta con “welcome”, poi, due giorni dopo, è stata cambiata con “provided for”, poi si è tornati indietro. Qual è la giusta comprensione o il giusto modo di rendere “accogliere”, se bisogna usare questo termine?

Non sono sicuro che “accogliere” sia la parola giusta da usare, perché credo – non sono un esperto di italiano – che possa essere intesa nel senso che vengono accolte come persone che vivono in questo modo. Le accogliamo come figli di Dio, come fratelli e sorelle di Cristo, ma non accogliamo il loro stile di vita, per così dire, o il modo in cui vivono. Se ci sono, ad esempio, due uomini o due donne che vivono insieme apertamente in una relazione omosessuale, sì, si ha cura di loro, e forse “curare a livello pastorale” è l'espressione migliore. Si ha cura di loro ma bisogna fare molta attenzione nella comunità cristiana a non dare agli altri fedeli l'impressione che in qualche modo la loro relazione sia moralmente giusta e che la Chiesa accolga anche questa relazione. Non è così. È questo l'aspetto delicato. Ricordo nel nostro piccolo gruppo di discussione che certi vescovi avevano un'obiezione nei confronti della parola “welcome”, e l'ho capito per questa ragione.

Penso che il linguaggio in sé non sia corretto e che dobbiamo trovare una vita diversa. Ancora una volta, non sono italiano, ma non penso che “accogliere” sia il termine giusto.

Al Sinodo non sembra che si sia parlato molto del paradiso o della fine o della vita eterna, dell'inferno o del peccato. Il linguaggio che circondava il Sinodo è sembrato piuttosto orizzontale, ma la comprensione cattolica del matrimonio è intesa alla luce della vita eterna e della realtà a cui punta, ovvero l'unione tra Cristo e la Sua Chiesa e l'amore fedele di Dio per il Suo popolo. Come possiamo tornare a concentrare la nostra attenzione su queste realtà l'anno prossimo?

Nel libro Remaining in the Truth of Christ, al quale ho contribuito anch'io, c'è un compendio del Magistero sul matrimonio in cui si troverà questo tipo di direzione, questo approccio in base al quale tutto deve essere visto e affrontato dalla prospettiva della vita eterna e della salvezza eterna, che viene a noi solo in Gesù Cristo e nella Sua grazia attraverso la quale convertiamo quotidianamente la nostra vita a Cristo e lottiamo ogni giorno per vincere il peccato. E questo vale anche nel matrimonio. La bellezza del sacramento è aumentata dalla lotta dei partner per essere fedeli e generosi in ogni modo.

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Diane Montagna è corrispondente da Roma per l'edizione inglese di Aleteia

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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