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Bagnasco: “irresponsabile indebolire la famiglia”

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 10/11/14
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In apertura dell’Assemblea dei vescovi, il presidente della Cei ammonisce contro i “cavalli di Troia” di nuove figure di famiglia

 

La formazione del clero – il tema al centro dei lavori –, ma anche il Sinodo della famiglia da poco celebrato, la situazione dei cristiani in Terra santa, uno sguardo alla situazione dell'Italia e i prossimi appuntamenti ecclesiali: sono diversi gli argomenti toccati dal cardinale presidente Angelo Bagnasco nella prolusione alla 67^ Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, il "parlamento" dei vescovi italiani, che si è aperta nel pomeriggio di oggi presso la Domus Pacis in Santa Maria degli Angeli, ad Assisi.

 

Prima di entrare nel focus della vita e formazione permanente dei presbiteri, tema che sarà approfondito con relazioni e gruppi di studio sulla base dell'instrumentum laboris, curato dalla Commissione Episcopale per il clero e la vita consacrata, il cardinale Bagnasco ha ripercorso gli eventi più significativi delle ultime settimane e quelli che caratterizzano il contesto della Chiesa italiana oggi.

 

INDEBOLIRE LA FAMIGLIA E' IRRESPONSABILE

 

Alle famiglie si è rivolto con insistenza il pensiero del presidente della Cei, come oggetto della riflessione dell'ultimo Sinodo e come principale fattore di tenuta del tessuto sociale di un'Italia sempre più duramente provata dalla crisi economica. La famiglia fondata sul matrimonio e "costituita da un uomo e da una donna nel totale dono di sé" è "soggetto portante della vita sociale" e "sorgente di futuro". Per questo, ha affermato Bagnasco "è irresponsabile indebolire la famiglia, creando nuove figure – seppure con distinguo pretestuosi che hanno l’unico scopo di confondere la gente e di essere una specie di cavallo di troia di classica memoria – per scalzare culturalmente e socialmente il nucleo portante della persona e dell’umano". L’amore, ha proseguito il presidente della Cei ricordando il dibattito sinodale "non è solo sentimento" ma "decisione" e i figli "non sono oggetti né da produrre né da pretendere o contendere, non sono a servizio dei desideri degli adulti: sono i soggetti più deboli e delicati, hanno diritto a un papà e a una mamma". Il "fantasma del nichilismo" che "fa clima e sottomette le menti" svuotando di senso ogni cosa, dovrebbe essere un pungolo per "concentrare attenzione, sprigionare energie nuove, non essere dispersivi". Il Sinodo "esperienza di comunione e collegialità", è stata l'occasione per esprimere ammirazione gratitudine per "la moltitudine di famiglie che con la grazia del sacramento e la fatica quotidiana custodiscono e fanno crescere la loro 'comunità di vita e d’amore'", come anche di sentire "l’eco delle famiglie fragili e ferite" cui si rivolge, insieme alla prassi sacramentale dei divorziati e risposati, la cura pastorale della Chiesa "che vuole seguire l'esempio di Gesù".

 

FAMIGLIA E FAMILISMO IN ITALIA

 

Alle famiglie italiane "oggi destinatarie di un primo doveroso sostegno, a cui auspichiamo ne seguano altri", il presidente della Cei ha voluto rivolgere, nel prosieguo della prolusione, un particolare ringraziamento in quanto, così come "definita e garantita dalla Costituzione", la famiglia continua a essere, pur tra i sacrifici che compie ogni giorno, "il presidio del nostro Paese, la rete benefica – morale e materiale – che permette alla gente di non sentirsi abbandonata e sola davanti alle tribolazioni e alle ansie del presente e del futuro". "Si parla a volte di 'familismo' italiano – ha ricordato Bagnasco – ma se gli eccessi non fanno bene in nessuna cosa, il forte senso della famiglia deve renderci fieri in Italia e all’estero".

 

CRISTIANI IN TERRA SANTA: RISCHIO DI GENOCIDIO

 

"Respirare nella costante paura e nella continua incertezza non è vivere" ha affermato Bagnasco sintetizzando il viaggio appena compiuto a Gaza da una delegazione della Presidenza Cei invitata dal Patriarca latino di Gerusalemme. I cristiani di Terra Santa "contano sulla solidarietà delle nostre Chiese, ci chiedono di portarli nella preghiera, di tener viva l’attenzione della Comunità internazionale perché i gravissimi problemi, che causano migliaia di vittime e di sofferenze, siano risolti in modo equo e definitivo nel rispetto dei diritti, nella sicurezza e nella pace per tutti". E' sconcertante, ha aggiunto il presidente della Cei "toccare con mano il pervicace progetto di eliminare la presenza cristiana dalla Terra Santa come da altre regioni sia del Medio Oriente che dei Balcani e della Terra, attraverso una persecuzione a volte evidente e brutale – un esempio recente e raccapricciante è accaduto in Pakistan –, altre volte subdola e mascherata, ma non per questo meno violenta". Ciò è inaccettabile "non soltanto per la coscienza cristiana, ma anche per la coscienza civile" e contro le connivenze che a livello internazionale uniscono "progetti culturali e politici, per interessi economici e finanziari", "le comunità cristiane di tutto il mondo leveranno la voce come un’onda contro questa ingiustizia che sa di genocidio, e che raggiunge l’abiezione di crimine contro l’umanità". Il cardinale ha quindi richiamato l'importanza dei pellegrinaggi nella terra di Gesù come forma di incoraggiamento e sostegno dei cristiani di Terra Santa mentre "noi siamo confermati nella fede dal loro esempio".

 

SACERDOTI: NON CEDERE ALLA LAMENTAZIONE

 

Nè lamentazione nè pessimismo e neppure ingenuità: con questo atteggiamento l'assemblea dei vescovi italiani affronterà in questi giorni il tema della vita e della formazione dei presbiteri. "Le difficoltà derivanti dalla diminuzione del clero o da altre situazioni dolorose – ha affermato Bagnasco – le conosciamo, e le affrontiamo con la nostra responsabilità di Pastori; ma ciò non offusca per nulla la realtà del nostro clero che si dedica al proprio ministero accanto alla gente con ammirevole generosità" facendo dei "poveri e i bisognosi, le famiglie e gli anziani, il mondo dei ragazzi e dei giovani" la loro famiglia. Come ha esortato Papa Francesco parlando ai vescovi del Brasile, è importante promuovere una formazione qualificata che porti a quella "solidità umana, culturale, affettiva, spirituale, dottrinale” necessaria per predicare il Vangelo anche quando "è controcorrente rispetto al pensare comune". Il sacerdote, ha aggiunto il presidente della Cei "non è un solista del bene, ma un chiamato a vivere la fraternità presbiterale con realismo, accettando le gioie e i limiti che anche le famiglie vivono nel loro interno"; è chiamato, cioè, a non vivere in modo "autoreferenziale", ma a "farsi dono".

 

GLI APPUNTAMENTI ECCLESIALI

 

Oltre all'imminente apertura dell' Anno della vita consacrata, che prenderà il via con la veglia di preghiera in Santa Maria Maggiore a Roma il prossimo 29 novembre, il cardinale Bagnasco ha ricordato l'approssimarsi del Convegno Ecclesiale di Firenze, dal 9 al 13 novembre 2015, durante il quale è previsto anche l'intervento di papa Francesco e di cui il Comitato preparatorio illustrerà la traccia di lavoro nei giorni successivi. Guardando alla prospettiva pastorale di questo incontro i vescovi sono chiamati a decidere se e come, dopo Firenze, continuare il lavoro nelle Regioni e nelle Diocesi, tenendo conto che all’inizio del decennio sull’educazione è stato programmato di porre prevalente attenzione “ad intra” nei primi cinque anni, e “ad extra” in quelli successivi. Per quanto riguarda inoltre, l'assemblea dei vescovi del maggio 2015, questa sarà dedicata a un'analisi della ricezione dell'esortazione apostolica "Evangelii Gaudium" a un anno circa dalla sua promulgazione.

 

LA SITUAZIONE DEL PAESE

 

"Una parola al Paese e dal Paese" ha voluto esprimere il presidente dei vescovi italiani alla fine della sua prolusione: "Esso ci sta a cuore – ha affermato Bagnasco – come Pastori attenti al bene della gente con la quale condividiamo pesi e preoccupazioni, gioie e speranze". Dai vescovi giunge un'esortazione a non cedere allo scoraggiamento anche di fronte alle "difficoltà persistenti e, per certi aspetti, crescenti come la disoccupazione che non cenna ad invertire la direzione". Il rischio è quello di "perdere una generazione". "Ci auguriamo – ha auspicato il presidente della Cei – che si ragioni non solo in termini di finanza, ma innanzitutto di produzione e sviluppo, assicurando con ogni sforzo che il patrimonio industriale e professionale, di riconosciuta eccellenza, possa rimanere saldamente ancorato in casa nostra". La globalizzazione intesa come "vera opportunità per culture, risorse, valori" deve affermarsi contro la "globalizzazione dell'indifferenza". In questo contesto è quanto mai importante, alla base della cultura, "una formazione globale della persona" contro la tentazione della "sirena tecnologica" cui sembra inclinare la scuola in quanto "il problema non è avere più informazioni, ma provare a fare sintesi". Un particolare apprezzamento, oltre che in generale al mondo della scuola, va al lavoro svolto dalle scuole cattoliche e dai centri di formazione professionale nonostante che "i contributi, oggi stanziati in misura nettamente inferiore agli anni passati e totalmente insufficienti rispetto alle esigenze, arrivino puntualmente in ritardo alle scuole che vivono in perenne affanno per pagare stipendi e strutture".

 

L'ITALIA DI OGGI E QUELLA DEL DOPOGUERRA

 

L'ultima esortazione è per "l'ampio mondo della politica" rispetto al “patto sociale” necessario "affinché – remando tutti nella medesima direzione – si possa uscire da onde travolgenti". Il pensiero va all'Italia del Dopoguerra: "dalle macerie delle case e delle persone, chi era in piedi ha realizzato quel patto sociale da cui è nata la Costituzione". Oggi, ha affermato Bagnasco non ci sono macerie di case ma quelle "dell’alfabeto umano". Prima di rispondere alla domanda su "che cosa fare", secondo il presidete della Cei, occorre chiedersi "chi siamo, che cosa vogliamo essere" e, quindi, "rifondare la politica, rimettere cioè a fuoco che cosa vuol dire stare insieme, lavorare insieme per essere che cosa". Quella che si sta vivendo in comune con l'Europa non è solo "una crisi economica e strutturale", ma "una crisi culturale da prendere sul serio". L’Occidente, ha concluso il presidente della Cei, dovrebbe allora "mettersi maggiormente alla scuola di un’autorità alta, quella di coloro che soffrono, che stanno peggio, ricordando che l’ascolto delle sofferenze illumina e guida ogni politica, che intende essere forma alta di servizio".