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Card. Tauran: Muro di Berlino crollato grazie a Wojtyla e Gorbaciov

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Radio Vaticana - pubblicato il 09/11/14
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Giovanni Paolo II diceva sempre che il sistema comunista era minato dall’interno e che un giorno o l’altro sarebbe crollatoCelebrazioni, menifestazioni di vario tipo, folla non solo cittadina. E' Berlino oggi l'epicentro dell'attenzione internazionale, nel giorno in cui si ricorda la caduta del famigerato Muro che 25 anni fa cambiò il corso della storia contemporanea.

La cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha rievocato quella notte straordinaria come un "miracolo" per come si sia svolta pacificamente e ha affermato: "Serve coraggio per combattere per la libertà, e serve coraggio per usare la libertà". 

Su questo evento e sul contributo che a esso diede l'azione di Giovanni Paolo II, Olivier Bonnell ha intervistato il cardinale Jean-Louis Tauran, che nel 1989 era sottosegretario per i Rapporti con gli Stati:

Giovanni Paolo II diceva sempre che il sistema comunista era minato dall’interno e che un giorno o l’altro sarebbe crollato. Ma nessuno mai avrebbe pensato che questo sarebbe accaduto così presto e, soprattutto, senza un bagno di sangue. Praticamente, non ci sono state vittime… Nel 1978, la sua stessa elezione aveva portato scompiglio: infatti, con l’arcivescovo di Cracovia eletto Papa il sistema non funzionava più. Dieci anni dopo, chi avrebbe mai immaginato che con quelle parole – “Non abbiate paura: la verità vincerà!” – il Muro sarebbe crollato… Credo che questa evoluzione sia stata introdotta intanto dall’atmosfera portata dagli Accordi di Helsinki e poi dall’azione di due uomini, protagonisti della storia: Giovanni Paolo II e Gorbaciov, questi tre elementi insieme.

Un mese dopo la caduta del Muro, Mikhail Gorbaciov venne in Vaticano, in visita da Giovanni Paolo II. Ovviamente, fu una visita storica. Quali ricordi serba di quei momenti?

Ricordo molto bene quello che diceva il Papa: Gorbaciov è un uomo del mondo sovietico che ragiona in termini moderni.

E per la preparazione di questa visita, c’era un’atmosfera particolare, febbrile?

Il Papa, voglio dirle, per tutto un mese ha preparato questa visita leggendo un passo del Nuovo Testamento in russo. Quando si sono incontrati, uno parlava in polacco, l’altro in russo e si sono capiti molto bene…

Ricorda un aneddoto, qualcosa che l’ha colpita in maniera particolare in quel momento in cui la storia vacillava?

Mi ricordo, in occasione della Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa – alla quale partecipavo come rappresentante della Santa Sede – di aver parlato con alcuni diplomatici sovietici. Il punto di svolta è stato quel giorno, nel mese di maggio, in cui il Patriarca Pimen rilasciò un’intervista che apparve poi sulla prima pagina della “Pravda”. In quel momento, abbiamo capito che le cose stavano cambiando.

Quali ricordi ha degli anni Ottanta, di quell’epoca della caduta di un blocco, quando lei era nella diplomazia vaticana?

Intanto, l’immenso coraggio di vescovi e preti, imprigionati, torturati… Per me, è stato molto commovente. Credo che ogni secolo abbia i suoi martiri. Credo anche che la più grande illusione che ci si potesse fare fosse quella di pensare che si potesse avere un “cristianesimo di moda”, che piacesse a tutti… La Croce di Cristo è una sfida per tutti, ce lo rende sempre presente.

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