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The Walking Dead: si può perdonare… o no?

Gareth – The Walking Dead

© AMC Studios

CattoNerd - pubblicato il 07/11/14

Come non diventare degli zombie vivi
Attenzione: se non avete visto le prime puntate della quinta stagione sappiate che state per beccarvi uno spoiler

Come sapete è iniziata la nuova stagione di The Walking Dead, la prima puntata è stata davvero avvincente! *-* Certo chi se l’aspettava Carol versione Rambo! Poco credibile? Può darsi, ma bisogna ammettere che faceva la sua bella scena. Detto questo, le prime puntate mi hanno già dato davvero da riflettere. Su cosa? Stavolta vorrei soffermarmi sul tema del perdono.

Il vero male

Come abbiamo visto i nostri amati sopravvissuti si trovano faccia a faccia con un male ben peggiore degli zombie: ovvero con i vivi, cannibali per l’esattezza. Ditelo su, anche voi avete tifato per gli zombie a una certa, io gridavo “daje zombie! Magnateli tutti!” con la finezza romana che mi contraddistingue (quando ci vuole ci vuole u.u). Purtroppo certi umani sono molto peggio degli zombie, in tal proposito mi viene in mente questo versetto:

Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno il potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire l’anima. ~  Matteo 10, 28

Che significa “uccidere l’anima”?
Credo che queste due puntate l’abbiano fatto capire bene. Quelli che abitavano a Terminus non erano cannibali prima che arrivassero a saccheggiarli, violentarli e seviziarli degli spietati individui. Come si vede nelle scene del flashback, le vittime di un male così atroce diventano essi stessi feroci carnefici. “O sei il macellaio o sei il bestiame” come ripete più volte il nuovo personaggio malvagio della stagione (che diciamocelo, fa diventare un tenero orsacchiottone il defunto Governatore).

Il male che hanno subito li cambia, li rende cattivi. Ma perché le persone diventano cattive? Ve lo siete mai chiesto?
Io mentre guardavo quei flashback per un attimo ho avuto pietà per loro, in fondo avevano delle buone ragioni per essere incazzati. Il punto è questo: l’ingiustizia, per quanto grossa sia, giustifica la vendetta? E avere ragione poi ci rende davvero così felici?

Il male è come un morbo, è come il virus degli zombie, vieni morso e il virus inizia a espandersi. Ovvero, tendiamo a ripetere il male che abbiamo subito, a rispondere al male con il male. Un versetto della Bibbia dice “Non lasciarti vincere dal male”. Il male vince quando lo ripetiamo, quando ci logora dentro. E così è successo a questi personaggi di Terminus, sono diventati il male che hanno subito.

Una scena tratta dal terzo episodio


(Una scena tratta dal terzo episodio)

L’antidoto

Avere ragione non ci rende felici, nemmeno la vendetta o il portare odio ci fa stare meglio. Anzi, ci rende prigionieri e ci logora lentamente proprio come una malattia. Chi l’ha provato può dirlo, provare odio è davvero doloroso. Ed ecco qui che giungiamo a quella parolina tanto difficile da comprendere un po’ per tutti (me compresa): “Perdono”. In “The Walking Dead” l’abbiamo visto un esempio di perdono, quello di Tyreese nei confronti di Carol, una scena commovente, ma anche straziante. Eppure lui aveva eccome sete di vendetta, voleva ammazzare ferocemente chi aveva ucciso la sua amata Karen. Come abbiamo visto per lui non è stata proprio una passeggiata perdonare Carol, mi sono detta che lì per lì è più facile avercela con un nemico ignoto, ma quando diventa una persona conosciuta, magari amica, tutto cambia, son dolori, ma la cosa certa è che avercela con un male generico, privando l’altro dell’umanità, non aiuta a perdonare. Il perdono è una scelta difficile, è la via stretta, ma è anche l’unica via verso il bene, quello per se stessi in primis, se non si vuole finirezombieficati, e poi per il bene altrui. Si diventa così degli zombie senza nemmeno accorgersene; il male diventa parte di noi se non si perdona.

L'abbraccio tra Tyreese e Carol


(L’abbraccio tra Tyreese e Carol)

Certo, non sto dicendo che sia tutto facile, è chiaro che il perdono è un percorso interiore più o meno lungo, fatto di varie fasi, ma il punto è “non lasciarci vincere dal male”, continuare a combatterlo e ricercare la propria umanità giorno per giorno. Non voglio dire che sia solo forza di volontà, la verità è che il perdono è un atto di amore, e un atto di amore lo si compie quando si ha ricevuto amore in precedenza, quando si è stati perdonati a nostra volta. E qui la questione si fa più complessa; ci deve essere in primo luogo questo riconoscersi peccatori, fragili, deboli…un prete a me caro, il famoso don Fabio Rosini, dice spesso “abbiate paura dei buoni”, che in nome di tale bontà e della giustizia compiono gli atti più efferati. 

Quindi il primo passo è riconoscere la propria povertà

Il secondo passo è comprendere che Dio ci ama per come siamo e ci perdona, anzi non vede l’ora di abbracciarci stile figliol prodigo. 

Il terzo passo è perdonarsi. Il più ostico. Forse siamo proprio noi i peggiori giudici di noi stessi, se morissi e mi trovassi davanti me stessa come giudice, diciamocelo, me la farei sotto!  

Come dicevo è un percorso, e sicuramente oltre alla buona volontà deve esserci lo Spirito di Dio a guidarci. Non pretendo di dare un antidoto a mo’ di pillola o iniezione come faceva sperare il titolo, posso solo offrire spunti di riflessione.

E poi non posso non citarlo ovviamente, Gesù, Lui perdonava dalla croce per poi risorgere. Chi ha fatto esperienza di perdono sa quanto sia vero: perdonare è risorgere, è spezzare una catena, è buttare via un peso. Perdonare ci dà la pace. Bisogna cercare di rispondere al male con il bene, questo, come tutti gli insegnamenti di Gesù del resto, è un bene soprattutto per noi stessi.

Già che ci sono, approfitto per consigliarvi una nuova trasmissione di TV2000, “Revolution”, che ha trattato nella prima puntata il tema del “perdono”, noi della redazione eravamo presenti come pubblico parlante. 

Qui trovate il video della puntata.

E voi? Siete mai stati perdonati o avete perdonato?

Qui l’originale

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perdono
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