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Chi era la moglie di Caino?

La moglie di Caino

© Public Domain

Toscana Oggi - pubblicato il 06/11/14

Ma Adamo ed Eva non erano gli unici uomini oltre a lui?

Leggendo l’Antico Testamento ho diversi dubbi. Si dice ad esempio che Caino, dopo aver ucciso Abele, si sposò e partorì Enoc, ma se Adamo ed Eva erano gli unici uomini che in quel momento avevano come figlio solo Caino come fece Caino a conoscere moglie? Come è possibile che Adamo visse 930 anni e dopo Caino e Abele generò altri figli e figlie? Forse calcolavano gli anni non di 365 giorni? Grazie per la cortese attenzione
Stefania Parisi

Risponde suor Giovanna Cheli, docente di Sacra Scrittura alla Facoltà teologica dell'Italia centrale.

Le domande proposte sono molteplici, ma hanno un comune denominatore: come spiegare alcune contraddizioni che si trovano nella Sacra Scrittura e in modo particolare, stando all’interesse mostrato, nell’Antico Testamento? Divido la risposta in due parti. Prima vedo perché esistono queste contraddizioni e poi cerco di sciogliere i nodi individuati da questa attenta lettrice. Chiaramente la risposta semplifica al massimo questioni ben più articolate e profonde di quello che è possibile esprimere in un numero limitato di battute.

La Costituzione dogmatica Dei Verbum, documento del Concilio Vaticano II sulla Parola di Dio, scrive al n°12: «Dio ha parlato nella Sacra Scrittura per mezzo di uomini e alla maniera umana». Questo principio fondamentale dice qualcosa d’indispensabile per la comprensione di ogni pagina della Bibbia. La Parola di Dio nella S. Scrittura ci viene data sempre con il tramite di  qualcuno e sempre con linguaggio umano e questo è il segno della grande «condiscendenza» di Dio nei nostri confronti. Scrive ancora il Concilio: «le parole di Dio, infatti, espresse con lingue umane si sono fatte simili al parlare dell’uomo, come già il Verbo dell’Eterno Padre, avendo assunto le debolezze dell’umana natura, si fece simile all’uomo» (DV13). Dunque per dirla con la lettrice, la Sacra Scrittura, come parola umana porta con sé delle contraddizioni, come Parola di Dio però presenta tutta la verità salvifica rivelata nel Verbo fatto carne: «Dio nessuno l’ha mai visto, il Figlio unigenito che nel seno del Padre è lui che lo ha rivelato» (Gv 1,18).

Queste poche cose che ho richiamato, sono già sufficienti per spiegare che le contraddizioni logiche presenti nel testo sacro, non inficiano mai la prospettiva salvifica che i due autori, Dio e l’uomo, ci hanno donato: il primo come artefice della salvezza e fonte dell’ispirazione, il secondo come destinatario della rivelazione e strumento ispirato, che ha impiegato le sue facoltà naturali per raccontarci la salvezza. Il principio dell’Incarnazione è il parametro giusto per comprendere in che senso la S.Scrittura è Parola di Dio: il Verbo che si fa carne, nella storicità della sua esistenza assume una cultura, una lingua così anche la Parola di Dio, esprimendosi in parole umane, assume allo stesso modo una cultura e una lingua; per questo come dice San Massimo il Confessore «se tu non conosci le parole difficilmente risalirai alla Parola»; dunque l’interpretazione della Sacra Scrittura è indispensabile per rifuggire la tentazione del letteralismo o del fondamentalismo che induce a scambiare la Parola con le parole con cui i testi sacri sono scritti.  Il compito dell’interpretazione è quindi quella di superare il limite delle parole per cogliere il messaggio salvifico racchiuso in esso.

Una volta chiarite questi principi essenziali, sono in grado di rispondere alla prima questione: le contraddizioni che s’incontrano nella S. Scrittura sono legate spesso ai limiti della cultura o del linguaggio, di un genere letterario o di un altro, in cui la Parola di Dio si incarna per far giungere a noi, o ai destinatari del tempo, il messaggio salvifico di Dio. Il nodo delle varie questioni quindi si scioglie pensando proprio al fatto che si deve guardare alla S. Scrittura facendo «debita attenzione sia agli abituali e originari modi di intendere, di esprimersi e di raccontare vigenti ai tempi dell’agiografo» (DV12).

Riguardo al fatto che Caino conosca moglie nonostante non si parli mai di altri figli dei progenitori, né di donne in genere, direi semplicemente che il racconto non si sofferma su questo particolare; si rammentano i personaggi principali dopo aver stabilito il principio maschile e femminile in Adamo ed Eva ed aver così impiantato l’aspetto della procreazione umana. D’altronde vi è un’altra pagina, questa volta del vangelo, in cui le donne e i bambini non sono contati; quando si riferisce il miracolo dei pani, Matteo nel riportare il numero dei presenti precisa: «erano circa cinquemila uomini senza contare le donne e i bambini» (Mt 14,21); usava evidentemente non tenere di conto queste categorie più deboli.

Riguardo infine all’età fantastica dei personaggi biblici, non c’è bisogno di scomodare il computo dei giorni in un anno. La valenza di questi numeri è fortemente simbolica: anticamente si riteneva che l’uomo giusto e gradito a Dio viveva a lungo, era forte ed aveva una numerosa discendenza. Così la vita dell’uomo fedele a Dio si evolveva naturalmente dall’abbondanza degli anni vissuti sulla terra all’eternità della perfetta comunione con Dio. Per Enoc lo si dice chiaramente: «l’intera vita di Enoc fu di trecentosessantacinque anni. Enoc camminò con Dio poi scomparve perché Dio lo aveva preso» (Gen 5,23). Il nostro tempo di vita terreno è ben più limitato, ma non sarà meno significativo se lasciamo crescere in noi l’amore che Dio ci ha rivelato con la sua Parola.

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