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Raffaella, la donna senza utero con il desiderio di maternità

Woman admiring stillness of the lake – it

LoloStock

Aleteia - pubblicato il 04/11/14

Drammi e speranze raccontati da una delle 4mila persone al mondo con la sindrome di Rokitansky

Ci sono 4mila persone al mondo come Raffaella. 4mila donne accomunate da una malattia che riguarda la sfera della sessualità: la sindrome di Rokitansky, una patologia di cui si parla ancora poco ma che colpisce già alla nascita ed è caratterizzata dall’assenza dell’utero e della vagina, nonostante le ovaie e gli organi genitali esterni siano normali.

Un’adolescenza travagliata
Raffaella Morelli ha 39 anni e la sua storia, riportata su Avvenire (30 ottobre), testimonia il desiderio di fecondità che ogni donna ha dentro al proprio cuore. Anche per chi, come lei, non potrà avere un figlionaturale. Raffaella non nasconde il disagio di un’adolescenza "diversa": «Alle porte dell’adolescenza – racconta – non avevo le mestruazioni, così l’ultimo anno delle medie mi portavo un assorbente rubato a mia madre e durante la ricreazione andavo in bagno col mio pacchettino. Fingevo, mentivo per non sentirmi diversa dalle compagne. Ma qualcosa in me mi diceva che non avrei mai avuto quel dono. Finchè a 13 anni mi sono imposta con i miei genitori, dovete portarmi da un ginecologo, ho detto».

L’incontro con il suo angelo
Le prime cure sono inutili e solo a 21 anni Raffaella incontra quello che chiama il suo «angelo», il professor Antonio Zarrelli. «Gli è bastata una semplice visita per stabilire cos’avevo. Lo ha detto con dolcezza, mi sento ancora cullata dai suoi toni, mentre mi spiegava che era necessaria una ricostruzione vaginale e che non avrei dovuto preoccuparmi, non sarei stata sola. È stato lui a convincere i miei, io volevo solo sentirmi meno diversa e quanto più simile a una donna. Mi operai a Verona dal professor Luigi Fedele, il primo a intervenire su ragazze come me, oggi è un nostro punto di riferimento».

Condivisione con le altre "Roky"
Raffaella desidera la maternità ma non se la sente di affrontare un’adozione, parla di utero in affitto. Ma ciò che emerge è la sua empatia, il non chiudersi in sè stessa, condividendodolori e speranze. E’ da qui che Raffaella si è spinta per costruire un rapporto con le altre "Roky" con cui è nato un gruppo su Facebook. «È stato bello parlarsi, confrontarsi – prosegue – e soprattutto non sentirsi "la sola". Grazie a Facebook abbiamo allacciato numerosi contatti e conosciuto altre donne.» 

Sindrome Rokitansky è malattia rara
E con questo gruppo Raffaella "ha spiccato il volo" insieme alle altre donne affette dalla sindrome «Ci è venuto in mente di poter far qualcosa ed è nata l’Associazione nazionale italiana sindrome di Mayer Rokitansky Kuster Hauser (www.animrkhs-onlus.org). Vent’anni fa non era nota, spesso persino i medici la ignoravano. Per questo e per avere accesso a costose cure, interventi, visite di controllo, vorremmo che il ministero della Salute includesse la nostra sindrome nell’elenco delle malattie rare». 

Tags:
maternitàtestimonianze di vita e di fede
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