separateurCreated with Sketch.

Un libro per conoscere meglio Natuzza Evolo, “la mistica di Paravati”

whatsappfacebooktwitter-xemailnative
Roberta Sciamplicotti - Aleteia - pubblicato il 30/10/14
whatsappfacebooktwitter-xemailnative

Renzo Allegri ricorda i suoi incontri con Natuzza quando lei non era ancora al centro dell’attenzione dei mediaLa “mistica di Paravati” è la protagonista del libro di Renzo Allegri “Natuzza Evolo. Il segreto di una vita” (Ancora). Il giornalista l’ha conosciuta nel 1977, quando Natuzza, morta nel 2009, aveva cinquantatré anni. “Era una donna semplice. Si potrebbe dire una donna qualunque”, ricorda. “Appartenente a una famiglia poverissima, era analfabeta, perché non aveva avuto la possibilità di andare a scuola. Era sposata, aveva cinque figli e già allora era conosciuta per le misteriose facoltà che dimostrava di possedere. Fin da bambina, infatti, in lei si manifestavano fenomeni che la rendevano una donna unica. Un ‘caso’ che incuriosiva e interessava la gente semplice, ma anche gli scienziati e i teologi”.

[script_connatix_id_article cnx-video=”550047″ token=”80b71ee4-d96a-4bbc-ad3f-c4253690335b” /]

Per molti, Natuzza era un “fenomeno paranormale”. Si diceva possedesse tutte le qualità e le doti che comunemente vengono attribuite ai sensitivi, ai medium, ai guaritori. Era in grado di leggere nel pensiero, conoscere i segreti più intimi delle persone e il loro stato di salute, individuare malattie che sfuggono anche alle più meticolose indagini mediche.

Per molti altri, invece, era una santa, perché in lei si manifestavano anche altri fenomeni particolarissimi, di carattere mistico, come bilocazioni, estasi, visioni, sudorazioni di sangue, stimmate, “emografie”, e soprattutto affermava di vedere e di parlare con le anime delle persone defunte.

“C’erano anche persone che avevano di lei un concetto negativo, formulato su presunte basi razionali, persone appartenenti in genere al mondo scientifico, quello indifferente ai valori spirituali di ogni genere”, sottolinea Allegri, aggiungendo che “con questi negatori, andavano d’accordo anche alcuni ecclesiastici, ligi alle regole, al formalismo, refrattari alle possibili manifestazioni soprannaturali”.

Tra questi, padre Agostino Gemelli, che nel 1920 aveva espresso giudizi negativi sulle stimmate di padre Pio, affermando che erano frutto di isterismo. Nel 1940, interpellato da monsignor Paolo Albera, vescovo di Mileto, diocesi da cui dipendeva il paese di Natuzza, Paravati, padre Gemelli diede lo stesso giudizio, consigliando il ricovero in una clinica per malati di mente.

“Padre Gemelli, fondatore dell’Università Cattolica, consulente scientifico del Sant’Uffizio, consigliere personale del Papa, era una delle personalità di massimo profilo scientifico in campo cattolico e i suoi giudizi diventavano ‘sentenze inappellabili’”, ricorda Allegri. Per questo Natuzza, allora quindicenne, venne effettivamente ricoverata in una clinica per malati di mente a Reggio Calabria, ma dopo un po’ fu rimandata a casa perché ritenuta perfettamente normale. Le gerarchie ecclesiastiche, però, si attennero al giudizio di padre Gemelli, proibendo ai sacerdoti di visitare Natuzza e affermando che le sue presunte doti soprannaturali non avevano alcun fondamento, e quelle disposizioni rimasero sempre in atto.

L’“esercito infinito di persone afflitte da problemi di ogni genere” che credevano in Natuzza è cresciuto nel corso degli anni, grazie soprattutto al “passaparola”. Con il tempo, anche i media hanno iniziato a interessarsi a Natuzza. “Sorsero intorno a lei movimenti, iniziative benefiche, cenacoli, centri di spiritualità. Le restrizioni ecclesiastiche si ammorbidirono. Anzi vennero dimenticate, come se non fossero mai esistite. Mentre era ancora in vita, Natuzza ebbe la consolazione di incontrare vescovi e sacerdoti che la stimavano, vedere sorgere opere che lei aveva sognato, che le erano state profetizzate dalla Madonna fin da quando era una ragazza. Ai suoi funerali, nel 2009, la folla dei devoti e ammiratori, accorsa in massa a Paravati per l’ultimo saluto, gridava: ‘Santa subito’” come era accaduto per Giovanni Paolo II quattro anni prima.

Quando Allegri ha incontrato per la prima volta Natuzza nel 1977, “la potente macchina mediatica di oggi non esisteva. Natuzza era già molto conosciuta, riceveva molte persone, ma i giornali, la radio, la televisione non se ne interessavano. Ogni tanto davano notizie dello strano fenomeno di massa che si registrava laggiù nel profondo Sud italiano, senza alcun approfondimento sulla persona”.

“Anch’io partii per Paravati con idee errate. Pensavo di trovare una specie di ‘guru’, una ‘santona’, un ‘fenomeno paranormale’ dalle doti strabilianti”, confessa. “E invece trovai una donna semplice, umile, accogliente, amabile, fragile. Sembrava una sognatrice innamorata. Raccontava di sé e dei contatti che aveva quotidianamente con il mistero del soprannaturale, senza alcuna remora. Anzi, desiderava far conoscere questo suo mondo fantastico”. Non parlava mai, però, delle guarigioni che molte persone affermavano di aver ricevuto per sua intercessione. “Se qualcuno cominciava a ringraziarla raccontando di aver ricevuto una grazia, sviava dolcemente il discorso dicendo: ‘La Madonna può fare tutto’”.

Sono questi incontri che l’autore ha voluto raccontare nel suo libro, pensando di poter “offrire di Natuzza dettagli e aspetti che in genere non sono evidenziati” “e ricordare testimonianze di persone che non ci sono più, ma che conoscevano molto bene Natuzza perché le erano vissute accanto”.

La santità di Natuzza, osserva Allegri, “va ricercata nel suo comportamento. Nella sua fede in Dio e nella Chiesa, fede che non ha mai vacillato, neppure nei momenti più dolorosi della solitudine e della discriminazione attuata dalle stesse autorità ecclesiastiche; nella sua carità totale, verso tutte le persone, soprattutto le più bisognose di aiuto spirituale, viste e amate come veri fratelli; nella sua speranza nella promesse di Gesù, vissuta con la certezza che solo i bambini sanno dare alla promesse. E nella sofferenza. Nel mistero di quella sofferenza particolare che, dal 1958, l’ha resa compartecipe delle sofferenze di Cristo, attraverso l’esperienza delle stimmate e delle piaghe della Passione, che si manifestavano sul suo corpo durante il tempo della Quaresima e in particolare durante la Settimana Santa”.

“Sono trascorsi cinque anni dalla morte di Natuzza”, conclude Allegri. “Il tempo necessario previsto dalle disposizioni ecclesiastiche prima di poter iniziare un processo di beatificazione. Ora, quindi, si aprirà certamente l’ultimo grande dibattimento”.