Sarebbe un peccato che un approccio superficiale tra scherzo e terrore finisse per alterare le tradizioni secolari della nostra terraDi Josep Àngel Saiz Meneses, vescovo di Terrassa (Spagna)
Ci avviciniamo al mese di novembre. Un mese che iniziamo con il ricordo della morte e dei nostri defunti, anche se di fatto inizia non con la commemorazione dei fedeli defunti – il giorno 2 –, ma con la gioiosa celebrazione di tutti i santi, il giorno 1. Ciò significa che anteponiamo la vita alla morte; la vita in Dio, in cielo, di quanti si sono aperti, nella vita e nella morte, alla sua bontà e alla sua misericordia, nella fede, nella speranza e nell’amore.
Le due celebrazioni ci pongono davanti al mistero della morte e ci invitano a rinnovare la nostra fede e la nostra speranza nella vita eterna.
Nella festa di Tutti i Santi celebriamo i meriti di tutti i santi, il che significa soprattutto celebrare i doni di Dio, le meraviglie che Dio ha operato nella vita di queste persone, la loro risposta alla grazia di Dio, il fatto che seguire Cristo con tutte le conseguenze è possibile.
Una moltitudine immensa di santi canonizzati e di altri non canonizzati. Sono arrivati alla pienezza che Dio vuole per tutti. Celebriamo e ricordiamo anche la chiamata universale alla santità che ci rivolge il Signore: “Siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5, 48).
Nella festa dei defunti, la Chiesa ci invita a pregare per tutti i defunti, non solo per quelli della nostra famiglia o per i più cari, ma per tutti, soprattutto quelli che nessuno ricorda.
L’abitudine di pregare per i defunti è antica come la Chiesa, ma la festa liturgica risale al 2 novembre 998, quando venne istituita da Sant’Odilone, monaco benedettino e quinto abate di Cluny, nel sud della Francia.
Roma adottò questa pratica nel XIV secolo, e la festa si diffuse in tutta la Chiesa. In questo giorno commemoriamo il mistero della Resurrezione di Cristo che apre a tutti la via della resurrezione futura.
In questi giorni, una delle nostre tradizioni più radicate è la visita ai cimiteri per andare a trovare i familiari defunti. Momento di preghiera, momento per ricordare i cari che ci hanno lasciato, momento di riunione familiare.
Un’abitudine caratteristica di questa festa è la “castagnata”, che inizialmente si faceva con la famiglia o con i vicini, utilizzando uno dei frutti tipici dell’autunno. Le castagne venivano tostate in casa o comprate. Attualmente, quest’abitudine si mantiene soprattutto nelle scuole, nei gruppi infantili e giovanili e in altre entità. In questi giorni si usa anche mangiare frutta candita.
Queste tradizioni si vedono da qualche tempo invase da quelle provenienti da altri luoghi, rese popolari dal cinema e dalla televisione e che sembrano intrise di superficialità e consumismo.
Non è mia intenzione sminuirle, ma sarebbe un peccato che un approccio puramente ludico tra lo scherzo e il terrore a base di teschi, streghe, fantasmi e altro finisse per alterare le tradizioni secolari della nostra terra, più basate sulla convivenza e sull’incontro di festa con la famiglia e i propri cari, nella preghiera per i nostri defunti e nella contemplazione di Dio, il Santo, che ci chiama alla perfezione.
[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]