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Sono una cattolica divorziata, e sono certa che sarebbe un peccato mortale se facessi la Comunione

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Jeffrey Bruno

Louise Mensch - pubblicato il 28/10/14

Accettate le argomentazioni liberali a vantaggio di persone come me e minaccerete le basi della Chiesa

di Louise Mensch

[Nota dell’editore: questo articolo è apparso per la prima volta nell’edizione cartacea di The Spectator Magazine (Regno Unito) il 4 ottobre 2014]

Sono una cattolica divorziata e risposata. Assisto alla Messa ogni settimana. Quando i miei figli vogliono che li accompagni a fare la Santa Comunione, cammino dietro di loro e incrocio le braccia sul petto. Il mio figlio più piccolo è particolarmente entusiasta di ottenere la benedizione, anche se vuole sapere quando potrà prendere “il pane”. Io dico: “Quando capirai perché non è ‘il pane’”.

Non mi è mai capitato di presentarmi per la Comunione perché non ho cercato – per varie ragioni che non starò a discutere in questa sede – di annullare il mio primo matrimonio. So di non essere una buona cattolica e che vivo una vita che la Chiesa ritiene adultera, ma sono fiduciosa, perché spero nella misericordia di Dio. Ma non ne approfitto. Il mio Catechismo dice che è un peccato mortale, come sarebbe la ricezione indegna della Santa Comunione.

Nel Catechismo, le persone nelle mie condizioni sono esplicitamente incoraggiate ad andare in chiesa e a fare una Comunione spirituale, come io faccio ogni settimana. Spero che un giorno sarò nello stato di grazia e potrò ricevere nuovamente la Santa Comunione. Spero che malgrado il mio peccato continuato, Dio mi nasconda all’ombra delle sue ali; che Maria, speranza dei peccatori, stenda il suo mantello di misericordia su di me. Sono una povera cattolica ma anche una cattolica credente. C’è una fazione nella Chiesa che considera evidentemente il “cattolico credente” un vecchio cliché che deve essere eliminato, insieme a veli di pizzo e all’inginocchiarsi per andare a fare la Comunione.

La Santa Comunione, per la maggior parte dei vescovi di Inghilterra e Galles, sembra essere diventata protestante per default. Anziché la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia – una presenza che la maggior parte delle volte dovremmo tremare nel ricevere –, la Comunione è ora un segno, un simbolo, un semplice pasto condiviso, un’“espressione di comunità”.

Il Sinodo straordinario dei vescovi cattolici convocato da papa Francesco si è celebrato per discutere sulla famiglia. I riformatori cattolici speravano che sotto la guida del pontefice i vescovi liberalizzassero l’insegnamento della Chiesa sui cattolici divorziati e risposati.

Dove iniziare? La Chiesa non bandisce nessuno dal ricevere la Comunione se non i non cattolici (e in questo caso ci possono essere delle eccezioni) e coloro che sono troppo giovani per capire cosa stanno ricevendo. Piuttosto, nessuno può ricevere Dio nell’Eucaristia se si trova in stato di peccato mortale. Anche prima di risposarmi, e uso il termine in senso legale, visto che non sono risposata sacramentalmente, non mi presentavo sempre per ricevere la Comunione. Spesso ero in uno stato di peccato grave e non avevo trovato il tempo o non mi ero sufficientemente organizzata per andare a confessarmi. Il fatto è che nessuno che si trovi in uno stato di peccato grave – qualunque esso sia, in questo caso l’adulterio – può ricevere Cristo in modo degno. Riceverlo indegnamente è commettere un ulteriore peccato mortale.

Prima del Sinodo, la rivista liberale Tablet ha dedicato una storia di copertina alla questione. Mi ha riempita di sgomento. L’articolo iniziava citando il cardinale Walter Kasper, il principale cardinale liberale: “Il bando della Chiesa sui cattolici divorziati e risposati circa la ricezione della Comunione…”

L’articolo del Tablet era intitolato “L’argomentazione della misericordia”, e leggendolo mi sono sentita come se stessi supplicando per noi stupidi che crediamo ancora alle basi: peccato, confessione, assoluzione, Presenza Reale… Quello che il cardinale Kasper sembra voler fare è tentare una generazione di persone al peccato mortale settimanale. In che modo è misericordioso? Come aiuta? È impossibile per i teologi liberali combinare il fervore riformista con la logica? Permettete a una persona divorziata e risposata di ricevere la Santa Comunione e starete dicendo una cosa di due: o che non è adulterino fare sesso fuori dal legame coniugale o che si può tranquillamente ricevere la Santissima Eucaristia mentre si è in stato di peccato mortale – un peccato che si intende fermamente commettere ancora non appena è vantaggioso.

Non c’è modo che una di queste due cose possa essere vera e l’insegnamento della Chiesa anche. Se il peccato non conta, qual è stato l’obiettivo della crocifissione? Perché Cristo non ha fermato quel “pasto comunitario” del Giovedì Santo rimandando tutta la questione alla mattina dopo?

Ci sono modi in cui le persone divorziate civilmente e risposate possono essere ammesse alla Santa Comunione. Rendere più semplice per loro ottenere una dichiarazione di nullità. Ecco un’area in cui la Chiesa potrebbe essere più simpatetica, potrebbe dare dispense ed esenzioni. Il potere della “sanazione in radice” – garantito per varie ragioni – per sanare un matrimonio potrebbe essere amministrato più spesso. Quel potere esiste davvero. Dove la Chiesa può legittimamente cambiare è nelle questioni di tradizione e pratica, ma non a livello di dottrina o dogma. Qui, noi peccatori siamo protetti dai fallimenti umani di singoli sacerdoti e vescovi dall’infallibilità della Chiesa.

A livello teologico, la Chiesa è come una torre gigante nel gioco Jenga; metti un mattoncino e fai cadere tutti gli altri. Non possiamo ammettere che il sesso fuori dal matrimonio non sia adulterino, né possiamo dire che le persone che si trovano in peccato mortale possono ricevere la Santa Comunione, ma possiamo guardare di più ai poteri dati alla Chiesa di dichiarare e discernere quando qualcuno è in stato di peccato o dove, per ragioni puramente misericordiose, un’unione può essere sanata da poteri già garantiti ai nostri vescovi dallo Spirito Santo.

Nulla mi persuaderà mai a ricevere la Santa Comunione in uno stato di peccato grave, tranne che per una ragione seria. Una volta l’ho fatto, quando ho scoperto che un protestante al matrimonio di mia sorella si era avvicinato al sacerdote, aveva preso l’Ostia e se l’era messa in tasca. Il povero sacerdote aveva esitato, ma l’uomo se n’era andato. Era straniero e non aveva capito. Sono andata a cercarlo alla reception e lui ha detto “Non volevo interrompere la fila”. Gli ho chiesto se poteva darmi l’Ostia, ho fatto un breve atto di adorazione e contrizione e l’ho mangiata, anche se in quel momento non ero nelle condizioni di riceverla. Mi è sembrato il male minore, e sicuramente era questa la mia intenzione. Credo che in quella circostanza sia stato valido prendere l’Ostia (anche se non ne sono sicura). Un giorno spero di poterlo rifare, ma capisco che la Chiesa, mentre cerca di sottolineare la misericordia, non può farlo incoraggiando il peccato. La Comunione non è, come ha detto il giornalista del Tablet con cui ho dibattuto su Twitter la questione, solo “per i santi”, è vero, ma non è nemmeno, come ha affermato lui, “un aiuto per il cammino”. È la Presenza Reale di Cristo nell’Eucaristia. Per quanto possa essere fuori moda, resta vero.

Louise Mensch è stata membro conservatore del Parlamento per Corby dal 2010 al 2012. Èautrice e confondatrice della Hudson Union Society.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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