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Dopo 100 anni, come non vibrare ricordando la storia di Schoenstatt!

Centenario Schoenstatt – it

© Enrique López-Tamayo Biosca / Flickr / CC

padre Carlos Padilla - pubblicato il 27/10/14

È emozionante guardare indietro grati, con un cuore umile, filiale, e verificare le orme lasciate sul cammino dai passi saldi di tanti

Cent’anni di cammino, cent’anni di storia. Sembrano molti. Prendiamo coscienza del nostro passato, della nostra storia. Assumiamo ciò che abbiamo già vissuto. Mi rallegra guardare questa lunga storia e sorprendermi. Sono testimone di alcuni anni di cammino. Anni nei quali ho sigillato la mia alleanza d’amore. Mi rallegra verificare la fedeltà di Maria. Con me, con tutta la Famiglia di Schoenstatt. Ella è sempre fedele.

Mi rallegrano le parole di Viktor Frankl: “Perché dovrei invidiare un giovane? Per le possibilità che ha ancora, per il suo futuro? Penserei invece che io nel mio passato ho delle realtà; non solo la realtà delle opere realizzate, ma anche quella dell’amore che ho dato e quella della sofferenza che ho vissuto. Ed è di questo che mi inorgoglisco di più, anche se è ciò che gli altri mi invidiano meno”.

Non siamo più un movimento giovane, appena nato. Guardiamo orgogliosi la nostra storia. Commossi per tutto ciò che non è stato perfetto, per le nostre mancanze d’amore. Per i nostri peccati di omissione. Guardiamo con semplicità gli errori e le cose fatte bene. Le cadute e le vittorie. Ciò che è stato e ciò che avrebbe potuto essere.

Il passato glorioso e il passato che ci costa ricordare. I doni dati e quelli non dati per paura o per pigrizia. La fedeltà e l’infedeltà. Le lotte e le sconfitte. L’amore, sì, tutto ciò che abbiamo amato e ciò per cui siamo stati amati.

Il dolore, la croce, la sofferenza. Senza tino non c’è vino, senza morte non c’è vittoria. Una storia di guerre e di esili, di lotte e di battaglie, di oscurità e di luce. Alcune battaglie perdute, altre vinte.

È emozionante guardare indietro grati, con un cuore umile, filiale, e verificare l’impronta lasciata sul cammino dai passi saldi di tanti uomini. Come non vibrare ricordando tanti momenti di gloria, di pace, di vittoria del Signore in molti cuori!

Come non emozionarci pensando a quei giovani che confidavano eroicamente e amavano tanto padre Josef Kentenich! Hanno creduto per la fede del loro padre. Maria si è rafforzata grazie a questa fede. Hanno detto il loro “sì”, Ella ha detto il suo “sì”.

Dio è fedele alla sua alleanza con l’uomo quando questi si mette nelle sue mani. Maria è fedele al suo “sì” pronunciato tante volte all’interno del suo santuario, del suo luogo santo. Lì dove tante volte abbiamo riso e pianto, sofferto e amato. Sì, lì, tra le sue braccia, guardati da Lei, accarezzati dalle sue mani di Madre, riposiamo.

Ci sentiamo felici di essere arrivati a cent’anni e di poter vivere questa esperienza e rinnovare il nostro “sì”. Un giorno potremo ricordare che abbiamo vissuto questo giorno di grazia. In Germania o nel nostro santuario filiale. Siamo stati lì. Dio ci ha concesso questa grazia. Questo giorno in cui guardiamo indietro e guardiamo anche avanti. Sappiamo dove andiamo.

Diceva padre Kentenich nel 1936 parlando dei primi membri: “Oggi la Mater ci inserisce nell’Alleanza che essi hanno sigillato con la loro vita e la loro morte. E ci invia per costruire il futuro. Siamo parte della catena che dona ciò che ha ricevuto dalla Prima Generazione alle generazioni future”.

Oggi torniamo ad ascoltare queste parole. Siamo inseriti in questa Alleanza. Siamo parte di una stessa catena. Siamo una nuova generazione, il presente e il futuro è nostro. Diceva Indro Montanelli: “Se il mio destino è chiudere gli occhi senza aver saputo da dove vengo, dove vado e cosa sono venuto a fare, tanto valeva non averli mai aperti”.

Abbiamo gli occhi ben aperti. Sappiamo da dove veniamo. A chi apparteniamo. Sappiamo dove ci dirigiamo, il futuro pieno di luce verso il quale avanziamo.

Diceva il vescovo Stefan Ackermann nell’Eucaristia inaugurale del nostro giubileo: “Vi chiedo di intendere il pellegrinaggio al vostro santuario originario come una nuova chiamata alla santità”. E aggiungeva: “Santo significa appartenere interamente a Dio. Quanto ha bisogno di una nuova santificazione il nostro mondo!”

Maria forgia uomini nuovi, consacrati totalmente a Dio. L’alleanza d’amore educa uomini santi. Servono luoghi e persone santi in questo mondo in cui Dio sembra essere assente.

Quanto è difficile vivere così la nostra dedizione quotidiana, la nostra dedizione agli ideali che ci fanno sognare le cose più elevate! Quanto è difficile essere disposti a donare tutto per un grande ideale! A volte, quando i nostri interessi sono in pericolo, i nostri ideali si indeboliscono. Ci vediamo fragili e dubitiamo.

Oggi chiediamo a Maria di rinnovarci nell’amore. È in gioco il futuro della nostra Chiesa, il futuro della nostra Famiglia di Schoenstatt, il futuro della storia dell’uomo.

Dio costruisce con noi, sulla nostra creta. Ha bisogno del nostro “sì” libero e generoso. Maria ha bisogno di strumenti docili nelle sue mani. Ha bisogno che apriamo la porta dell’anima perché possa entrare. Ella potrà allora forgiare in noi il volto di Cristo. In questo consiste la santità. Nel fare ciò che ha fatto Cristo, nel vivere come Egli ha vissuto.

Non sembra tanto semplice, ma il primo passo è il nostro “sì”. Il nostro “adsum”. La nostra disponibilità ogni giorno, ogni ora. Ella farà miracoli.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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