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Iranian Reihaneh Jabbari – it

Goalara Sajadieh/dpa

Iranian Reihaneh Jabbari on trial in Teheran, Iran, 15 December 2008. According to the allegations, Jabbari killed her rapist with a knife in an act of self-defence in July of 2007. The court sentenced her to death for committing murder. According to Iranian laws, an execution could be avoided with a pardon from the family of the victim. This has been rejected multiple times and the family demands revenge. Photo: Goalara Sajadieh/dpa

Aleteia - pubblicato il 27/10/14

L'ultima lettera di Reyhaneh Jabbari prima di essere impiccata

"Mia dolce madre, l’unica che mi è più cara della vita, non voglio marcire sottoterra. Non voglio che i miei occhi o il mio giovane cuore divengano polvere. Accuserò gli ispettori, il giudice e e i giudici della Corte Suprema di fronte al tribunale di Dio".

Con queste parole Reyhaneh Jabbari, la donna iraniana di 27 anni impiccata nel suo Paese sabato 25 ottobre per aver ucciso l’uomo che aveva tentato di stuprarla, ha salutato la madre. (Huffington Post, 27 ottobre)

Le disposizioni che Reyhaneh lascia a sua mamma sono precise: "Non voglio che tu ti vesta di nero per me. Fai di tutto per dimenticare i miei giorni difficili. Dammi al vento perché mi porti via".

Poi le ultime generose volontà: "Prega perché venga disposto che, non appena sarò stata impiccata, il mio cuore, i miei reni, i miei occhi, le mie ossa e qualunque altra cosa che possa essere trapiantata venga presa dal mio corpo e data a qualcuno che ne ha bisogno, come un dono. Non voglio che il destinatario conosca il mio nome, compratemi un mazzo di fiori oppure pregate per me."

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