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L’ONU continua a promuovere un’agenda radicale sull’aborto

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Aleteia - pubblicato il 24/10/14
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L’“Indagine Mondiale” cerca di raggiungere l’uguaglianza e lo sviluppo delle donne attraverso sterilizzazione, aborto e controllo della popolazione
Il nuovo rapporto delle Nazioni Unite sulle donne non è piacevole da leggere, se si riesce a decifrare. Il motivo per cui si possono avere problemi a farlo è che il rapporto, intitolato “Indagine mondiale sul ruolo delle donne nello sviluppo 2014: uguaglianza di genere e sviluppo sostenibile”, è scritto in una sorta di codice. Vengono utilizzate parole ed espressioni che suonano ragionevoli – cosa potrebbe esserci di sbagliato, ad esempio, nella definizione “uguaglianza di genere”? – ma che, nella terminologia femminista usata dalle Nazioni Unite, hanno in realtà significati piuttosto radicali e sovversivi che sfuggono al pubblico generale.

C’è un motivo per questo inganno linguistico. Compresa adeguatamente, questa “Indagine mondiale” – la prima pubblicata in cinque anni – non è altro che un piano di battaglia per un assalto mortale alla vita e al matrimonio. Se le sue raccomandazioni dovessero essere pienamente adottate dagli Stati membri delle Nazioni Unite e messe in pratica, significherebbero la fine delle famiglie per come le conosciamo e una ristrutturazione da capo a piedi di società ed economie.

Se questi obiettivi rivoluzionari venissero affermati chiaramente, la protesta pubblica sarebbe assordante, e aumenterebbero le resistenze. Per questo, i burocrati delle Nazioni Unite camuffano i loro veri obiettivi usando parole in codice che solo loro e altri progressisti riescono a comprendere.

Permettetemi di tradurre alcune delle raccomandazioni dell’“Indagine mondiale” in termini chiari e non ambigui, per poter capire meglio la strada sulla quale l’ONU ci vuole condurre.

“Salute riproduttiva” = Campagne di sterilizzazione
La definizione “salute riproduttiva”, che riempie il documento, suona inoppugnabile, ma in realtà è un doppio inganno, visto che non ha nulla a che vedere con la riproduzione e nulla a che vedere con la salute. L’obiettivo dei programmi di “salute riproduttiva” è in realtà il controllo della popolazione – riducendo il tasso di nascite mettendo fuori uso in modo chimico o chirurgico quanti più sistemi riproduttivi femminili possibile. Ad esempio, quando il rapporto parla di:

rispettare, proteggere e promuovere la salute e i diritti sessuali e riproduttivi per tutti, soprattutto per le donne e le ragazze, nel ciclo vitale (pag. 113),

la frase dovrebbe essere letta intendendo che le donne e le ragazze devono essere incoraggiate a sottoporsi a contraccezione, sterilizzazione e aborto dei loro figli. La ragione per cui questa “raccomandazione” è inclusa nella sezione “Sullo sviluppo sostenibile” è che riguarda il fatto di limitare la crescita della popolazione.

“Sostenibile” = Limite, restrizione
Ogni volta che si legge la parola “sostenibile”, come in “Sviluppo sostenibile” o “Popolazione sostenibile”, bisognerebbe sostituire le parole “limite” o “restrizione”. Ad esempio, quando il rapporto parla di

politiche sulla popolazione sostenibili nella salute e nei diritti riproduttivi e sessuali, inclusa la fornitura di servizi di salute sessuale e riproduttiva di qualità accessibili a tutti… (pag. 114),

intende in realtà qualcosa come “le politiche di controllo della popolazione dovrebbero essere basate sulla promozione di sterilizzazione e aborto”.

“Aborto sicuro” = Aborto a richiesta
L’aborto sicuro suona più “woman-friendly” che dire semplicemente “aborto”, ma nel sistema dell’ONU è una definizione usata per riferirsi alla legalizzazione dell’aborto a richiesta. Quando quindi si legge che

politiche sulla popolazione sostenibili nella salute e nei diritti sessuali e riproduttivi, inclusa la fornitura accessibile a tutti… di un’educazione alla sessualità comprensiva e dell’aborto sicuro (pag. 114),

bisognerebbe intendere che “le politiche di controllo della popolazione dovrebbero essere basate su un’educazione sessuale dalla culla alla tomba e sulla legalizzazione dell’aborto a richiesta in tutti i nove mesi della gravidanza”.

“Uguaglianza di genere” = Fine del matrimonio
Sotto questo approccio apparentemente innocuo – chi potrebbe opporsi all’uguaglianza tra uomini e donne? – si nasconde una rivoluzione culturale, perché il tipo di uguaglianza che hanno in mente i burocrati dell’ONU porrebbe fine alla naturale complementarietà tra i sessi che lega marito e moglie. Leggiamo questa frase: 

Riconoscere, ridurre e redistribuire il lavoro non pagato tra uomini e donne all’interno delle famiglie, e tra famiglie e Stato estendendo i servizi di base e le infrastrutture accessibili a tutti (pag. 113).

In realtà, significa che le femministe radicali all’ONU stanno istruendo lo Stato-balia perché entri nelle case dei loro cittadini sposati e costringa mariti e mogli a svolgere un’uguale quantità di cucina, pulizia, cura dei bambini…, indipendentemente dalle loro preferenze sulla questione. La nozione di uguaglianza radicale tra uomini e donne promossa dalle femministe dell’ONU le porta anche ad argomentare che, visto che gli uomini non hanno il peso del parto, l’“uguaglianza” richiede che alle donne sia permesso di abortire per livellare il “terreno di gioco”.

“Sviluppo sostenibile” = Ambientalismo radicale/controllo della popolazione
“Sviluppo sostenibile” è uno slogan degli ambientalisti radicali che vogliono limitare la crescita economica, che ritengono dannosa per l’ambiente, limitando la crescita della popolazione e l’uso delle risorse nei Paesi poveri. Il rapporto parla di

proteggere la gente comune ed evitare l’appropriazione e lo sfruttamento delle risorse naturali per interessi privati e pubblici, attraverso il controllo statale (pag. 113).

Queste direttive intendono che la terra e le risorse minerali, indipendentemente dalle necessità della popolazione, devono essere messe da parte in riserve naturali. La produzione e il consumo dell’energia devono essere tenuti a bassi livelli.

E la popolazione senza accesso a risorse ed energia rimarrà povera, non c’è bisogno di dirlo.

“Genere” = ???
La maggior parte della gente pensa che la parola “genere” – che appare centinaia di volte nel rapporto dell’ONU – sia solo un altro modo per dire “sesso”. Non è così. Per come viene usata dai progressisti delle Nazioni Unite, la parola “genere” non ha nulla a che vedere con le categorie stabilite di maschio e femmina. Il genere non è determinato dall’anatomia o dai cromosomi. È solo una questione di preferenze personali. Una persona è “libera” di essere di qualsiasi “genere” vuole – e, o perfino, di cambiarlo da un giorno all’altro, come un camaleonte.

Attualmente ci sono 57 categorie di “genere”. Non c’è bisogno di dire che questo concetto di “genere” è tremendamente sovversivo e mina matrimoni, famiglie e la società stessa. (Il sindaco lesbico di Houston è una femminista di genere, ed è per questo che in quella città un maschio biologico che si sente “femminile” un certo giorno può usare i bagni riservati alle donne).

“Politica del figlio unico” = Aborto forzato
Il rapporto dell’ONU, che parla incessantemente del fatto di difendere i diritti delle donne, maschera in modo ipocrita la brutale politica cinese del figlio unico. Il fatto che centinaia di milioni di donne negli ultimi 34 anni siano stati costretti ad abortire e sterilizzati, in molti casi sotto minaccia, non viene menzionato. Figura invece questo mite paragrafo:

La costituzione cinese stabilisce che il Governo sostenga la pianificazione familiare e che le coppie la pratichino. La politica del figlio unico, introdotta alla fine degli anni Settanta, è stata implementata attraverso un sistema di incentivi e disincentivi economici e sociali e servizi contraccettivi gratuiti (Nazioni Unite, 2002) (pag. 87)

Ciò dovrebbe essere letto in questo modo: lo Stato-partito cinese ha preso il controllo del sistema riproduttivo di tutte le donne del Paese, e viola i loro diritti riproduttivi controllando le gravidanze sulla base di un piano statale, costringendole ad abortire o a subire la sterilizzazione se concepiscono un figlio senza il permesso statale.

Ciò richiederebbe tuttavia che le Nazioni Unite riconoscessero che l’aborto è un crimine, e le femministe radicali all’ONU non lo farebbero mai.

Steven W. Mosher è presidente del Population Research Institute e autore di Population Control: Real Costs, Illusory Benefits.