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Come interpretare i simboli dell”Apocalisse?

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Toscana Oggi - pubblicato il 24/10/14
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Come collocare l’ultima venuta di Gesù con il periodo di pace di mille anni.Nel libro dell’apocalisse vi è una distinzione tra 1° e 2° resurrezione e si parla di un periodo di pace di mille anni, dopo i quali sarà liberato satana. Non riesco a collocare l’ultima venuta di Gesù con il periodo di pace di mille anni. Mi potete aiutare a capire?
Massimo  Volpe

Risponde don Stefano Tarocchi, docente di Sacra Scrittura
Com’è noto, l’Apocalisse è l’ultimo libro del Nuovo Testamento (e delle sacre Scritture). La parola greca significa «Rivelazione», quella che ha ricevuto Giovanni, prigioniero «a causa della parola di Dio e della testimonianza resa a Gesù» (Ap 1,9), nell’isola di Patmos, nel mare Egeo di fronte ad  Efeso. Rapito in estasi il «giorno del Signore» (Ap 1,9), gli è stato ordinato di scrivere «le cose che ha visto, quelle che sono e quelle che accadranno dopo» (Ap 1,19): il contenuto delle visioni del libro dell’Apocalisse.

Va detto anzitutto che il libro di Giovanni non può essere spiegato senza fare ricorso ad una interpretazione limpida dei simboli che la percorrono (dai colori, ai numeri, alle bestie alle vesti, e così via): è la caratteristica di questo tipo di letteratura, sia all’interno che al di fuori dei libri biblici, tipico di tempi di persecuzione. Se non si comprende questa premessa si può abusare del significato dell’Apocalisse. Essa non annuncia eventi futuri (soprattutto quelli che vanno sotto il nome di eventi «apocalittici»), bensì vuole indicare – detto brevemente – la teologia della storia della comunità dei discepoli di Cristo, perseguitati da coloro che, nel corso degli eventi della storia umana, si oppongono alla sua vittoria sul male e sulla morte.

Nel libro le forze ostili ai credenti sono rappresentati in diversi modi: per esempio dalle due bestie che riproducono in maniera idolatrica la Trinità (Ap 13). La vittoria di Cristo invece è descritta, fra l’altro, con l’immagine l’Agnello immolato, che sta in piedi come vincitore (Ap 5,6).

Verso la fine, dopo che è stato cantato il canto di trionfo per le nozze dell’Agnello con la Gerusalemme nuova (Ap 19,1-9), e prima che queste nozze vengano compiute (Ap 21,9-27), il libro dell’Apocalisse introduce il tema del regno dei mille anni. Il testo a cui è il lettore fa riferimento descrive una visione di Giovanni, che riportiamo per intero: «Vidi poi un angelo che scendeva dal cielo con la chiave dell’Abisso e una gran catena in mano. Afferrò il dragone, il serpente antico – cioè il diavolo, satana – e lo incatenò per mille anni;  lo gettò nell’Abisso, ve lo rinchiuse e ne sigillò la porta sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni. Dopo questi dovrà essere sciolto per un po’ di tempo. Poi vidi alcuni troni e a quelli che vi si sedettero fu dato il potere di giudicare. Vidi anche le anime dei decapitati a causa della testimonianza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua e non ne avevano ricevuto il marchio sulla fronte e sulla mano. Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni;  gli altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni. Questa è la prima risurrezione. Beati e santi coloro che prendono parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui per mille anni. Quando i mille anni saranno compiuti, satana verrà liberato dal suo carcere e uscirà per sedurre le nazioni ai quattro punti della terra» (Ap 20,1-8).

L’interpretazione di questo regno di mille anni ha fatto scorrere fiumi di inchiostro. Credo vada evitato di pensare in termini quantitativi ad un regno millenario proiettato nel futuro (il mille è un numero simbolico, la durata di un giorno divino secondo il Salmo 90), che nel testo è chiamato la «prima risurrezione». È più opportuno pensare che il testo si riferisca ad una interpretazione profetica della storia umana: in essa il bene e il male coesistono. Al male, inteso come potenza personale (cf. Ap 11,2.3) viene concesso un potere ma sempre limitato («verrà sciolto per un po’ di tempo»; cf. anche Ap 12,12). Se può inquietare l’allusione al fatto che «satana verrà liberato dal suo carcere  e uscirà per sedurre le nazioni», va ricordato che, dopo che «il mare, la morte e gli inferi» avranno restituito tutti i loro morti, gli sarà riservata la morte eterna («seconda morte»), insieme a tutti coloro il cui nome non è scritto nel libro della vita (Ap 20,14-15).

Giovanni quindi, intravede e descrive il frutto della salvezza definitiva: al termine della vicenda umana, quando Dio con il suo Cristo dimorerà in mezzo agli uomini dopo aver cancellato il dolore e la morte dalla storia umana, ci saranno un cielo e una terra nuovi: «Ecco io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5).

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