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Noi discutiamo…

Synod on Evangelization 3 – it

Catholic Church England and Wales-CC

don Fabio Bartoli - La Fontana del Villaggio - pubblicato il 21/10/14

...si ancora di Sinodo, perché esso è la Chiesa

Si, noi discutiamo, parliamo, conversiamo, ci confrontiamo, litighiamo perfino. Si fa in ogni famiglia, si fa quando ci si vuole bene, quando si sa che ci si può dire le cose in faccia senza paura di arrivare per questo ad una rottura, ché ciò che divide non è la franchezza della discussione, ma la pugnalata alle spalle, l’inganno, la slealtà.

Ogni tanto ci stanno anche quelli per carità; siamo peccatori costretti a fare un lavoro da santi noi, nani che devono indossare vestiti di giganti. E così mica siamo sempre all’altezza di ciò che dovremmo essere… qualche caduta di stile, qualche colpo basso sono inevitabili, ma, alla fine dei giochi, tutti, ma proprio tutti, sappiamo che l’unità è il valore più importante.

E’ il mondo che non sa più discutere, sarà per questo che, come dice Chesterton, non si fa altro che litigare. Perché se viene meno la certezza di una verità oggettiva e superiore, indipendente da me e te e da cercare insieme, ciò che rimane è solo lo scontro frontale, la lotta al coltello per far prevalere un’idea sull’altra. E’ stato detto che il monoteismo è il padre del totalitarismo, è vero esattamente il contrario: se non c’è una verità oggettiva discutere è solo una perdita di tempo, si va alla conta dei voti e chi è più forte vince…

Il fatto è che il mondo ormai conosce solo lotte di potere, e infatti nessuno discute più.

Non si discute più nei parlamenti (e c’è chi propone perfino di abolirli), che se non ci si parla più bisognerebbe chiamarli zittimenti; non si discute più nei consigli di amministrazione, nelle case, negli uffici… manco più alle panchine nel parco. Le sedi di partito sono diventati desolanti scuole di ballo latino, i talk-show sono ormai shout-show e i circoli culturali sono ridotti a triangoli visto il numero dei partecipanti.

Che paradosso che l’unico luogo dove ancora si possa fare una discussione franca e accesa sia proprio la Chiesa Cattolica, che per definizione è una comunione gerarchica, dove il capo è addirittura scelto da Dio e non da un qualsiasi collegio umano. Che paradosso che, proprio perché protetti da un’immutabile dottrina, i Padri Conciliari abbiano potuto confrontare in tutta franchezza tesi anche molto distanti. Ditemi voi quale partito, quale sindacato, quale associazione umana ha al suo interno un dibattito ampio e variegato come la Chiesa Cattolica!

Che tristezza invece lo spettacolo offerto in questa circostanza dal popolo di Dio!

Mi veniva in mente in questi giorni il Concilio di Efeso in cui si discuteva di Maria e del titolo di “Madre di Dio”. In quei giorni, riferisce, mi pare, Cirillo, “si discuteva di teologia perfino nelle taverne” e non di rado le discussioni, forse con l’aiuto del vino, terminavano in sonore scazzottate (quando non uscivano i coltelli). Certo, è bello che ci sia tanta passione, dice di una fede che ancora è viva, che incide nella carne della gente, altrimenti sarebbe stato assai facile commentare, come faceva uno, ma uno solo, sulla mia bacheca di Facebook con un sonoro “macchissenefrega”. Però questa passione può diventare distruttiva e deve essere governata.

Già, perché per essere davvero cattolica, cioè, letteralmente, “secondo il tutto”, una discussione deve rispettare alcune regole. Ne menziono due: è necessario avere un “pregiudizio positivo” verso l’interlocutore, e bisogna discutere con cortesia.

Bisogna avere un pregiudizio positivo, bisogna cioè sempre presumere la buona fede. Se si discute tra credenti non posso mettere in dubbio il fatto che l’altro, come me, sia animato da sentimenti di fede e da Carità Pastorale. In particolare, accusarlo di avere una sorta di agenda segreta per destabilizzare la Chiesa è una cosa terribile, perché mira non al confronto delle idee, per far emergere la verità, ma ad eccitare i propri sostenitori, come se si fosse allo stadio. Non serve all’unità, ma alla conta dei voti, non cerca la verità, ma il potere.

La seconda regola fondamentale per una discussione Katà Holos (= secondo il tutto, da cui appunto, cattolico) è la cortesia. Cortesia significa correttezza, significa non cercare di prevalere con colpi bassi, manovre di corridoio, slealtà dialettiche, ma avere un confronto sereno e sincero, anche duro se necessario, ma corretto, non usare mai le armi del mondo nella discussione, non tramutare la ricerca della Verità in una questione politica o ideologica.

Appartiene all’area semantica della discussione il linguaggio della lotta, “polemica” viene da polemòs (battaglia), e si parla abitualmente di scontro, battaglia culturale eccetera… nulla di male, purché si ricordi sempre che “aver ragione” significa “aver conosciuto la Verità e sottomettersi ad essa”, e non “aver vinto in una discussione”, altrimenti nessuno più vince e la Verità è lontanissima.

Perché lei, la Verità, rifiuta di essere usata come una clava e fugge via rapida da coloro che la brandiscono contro il prossimo. La verità non è mai “contro”.

I Vescovi hanno discusso serenamente, conoscendo ed applicando queste regole. Ed infatti mentre taluni prevedevano una divisione, si è parlato addirittura di scisma, chi gongolando chi temendo, nulla di tutto questo è accaduto, anzi. E’ stato chiarissimo agli occhi del mondo che non è affatto in discussione la Dottrina e che la domanda che agita il cuore della Chiesa non è “come aggirare la legge?”, ma “come consolare il cuore di tanti sofferenti?”

Nessuno, come dice il Papa, ha messo in dubbio “le verità fondamentali del Sacramento del Matrimonio: l’indissolubilità, l’unità, la fedeltà e la procreatività, ossia l’apertura alla vita”, si tratta però di lasciarsi interrogare dal dolore del mondo, evitando sia l’irrigidimento ostile che il buonismo distruttivo.

Complessivamente i Vescovi sono stati all’altezza del compito e il Sinodo è stato un esempio formidabile di unità nella diversità e di una vera Comunione. Purtroppo invece il popolo di Dio, spesso fomentato ad arte, è caduto in entrambi gli errori denunciati dal Papa.

Abbiamo pregato tanto per i Vescovi, e lo Spirito Santo ci ha ascoltato. Ora è il momento di pregare per i semplici Cristiani, anche perché il cammino è tutt’altro che concluso, ci aspettano ancora almeno due anni di lavoro.

Qui l’originale

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