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Il cristianesimo può essere per noi una semplice ideologia

Crosses held up at sunset

©Rawpixel/SHUTTERSTOCK

Marcelo López Cambronero - Aleteia - pubblicato il 21/10/14

Succede quando lasciamo da parte il Cristo vivo e mettiamo al suo posto un ferreo moralismo, o un progetto politico, o qualcosa di simile

L’ideologia è il tradimento dell’esperienza e la sua sostituzione con il discorso. Come esseri umani abbiamo la necessità e il desiderio di comprendere, di farci carico di un mondo, quello che ci circonda, che è troppo complesso, mutevole e difficile da assumere. Per questo, per poter capire ciò che esiste dobbiamo elaborare delle categorie che rendano conto del reale e ci permettano di spiegarlo, organizzarlo e, in questo modo, vivere tra le cose e nella società. Questo fatto in sé non solo non è pernicioso, ma una delle caratteristiche che ci definiscono e onorano come esseri umani è la capacità di pensare, soppesare, giudicare e classificare la realtà, e in questo modo esercitare un certo dominio efficace su di essa. L’uomo è un “essere razionale”, che richiede la riflessione come modo di esistenza, adattamento e trasformazione del mondo.

Ad ogni modo, non sempre utilizziamo il linguaggio e gli schemi di comprensione per farci carico di ciò che abbiamo davanti. A volte scadiamo in questa tensione umana di base per chiuderci in un discorso che soppianta il reale, lo semplifica, lo rende più assumibile e ci dà una sensazione ingannevole di possedere la verità. Allora smettiamo di cercare di spiegare ciò che ci succede per come ci viene dato, e al contrario utilizziamo meccanismi e strutture di una razionalità apparentemente depurata per trasformare la nostra esperienza in base a quello che conoscevamo già in anticipo. Ci chiudiamo così alla novità, al donarsi proprio del mondo, per percorrere sentieri noti e stabili. È un meccanismo di sicurezza che si paga al costo della libertà. Smettiamo di essere noi stessi, complicati, mutevoli e misteriosi, per far parte di criteri ideologici astratti e pieni di violenza, visto che si impongono a ciò che è volendo che sia ciò che non è.

Ecco l’effetto dell’ideologia: rinnegare la vertigine che produce il dono dell’esistenza in cambio della certezza equivoca di un inganno fabbricato. Se ci guardiamo intorno, constataremo che viviamo in un’epoca insopportabilmente dominata dai discorsi ideologici, in cui ben poche persone splendono con la forza della loro apertura e libertà.

Nessuno è al sicuro dalla possibilità di cadere in un modello di questo tipo. Al giorno d’oggi, moderni come siamo, sopravvalutiamo le concezioni universaliste che pretendono di fornire risposte a tutto e corriamo costantemente il rischio di restare prigionieri di qualcuna di queste visioni riduttive. Ci dimentichiamo così delle domande e delle esigenze umane che ci affrontano in ogni momento e che ci presentano il panorama di un cosmo tanto ordinato quanto pieno di mistero.

Il cristianesimo è un ideale di dimensioni straordinarie. Di fatto, sono di una portata tale da essere molto al di sopra di ciò che potremmo supporre. Noi cristiani, che abbiamo incontrato Cristo sul nostro cammino, abbiamo l’esperienza di una felicità che sfugge alla nostra comprensione, di una gioia che non avevamo nemmeno chiesto, perché non speravamo che fosse possibile. Allo stesso tempo, non siamo esentati in nulla dalle sofferenze della vita. Non mi riferisco solo alla malattia e alla morte, proprie e altrui, che cerchiamo di nascondere perché sono troppo abissali, ma anche allo scadere delle amicizie, all’allontanamento degli affetti, all’incomprensione, all’ingiustizia e al dolore. Sappiamo che neanche a Cristo, pieno uomo e pieno Dio, il Padre ha risparmiato di passare per queste circostanze. Anche Lui ha sofferto, è stato tradito, colpito, e ha sopportato la morte, e non ci ha promesso che dietro di Lui nessuno avrebbe dovuto piegarsi ai colpi della comune condizione, ma che sarebbe stato al nostro fianco nelle avversità abbracciandoci al di là dell’ultima barriera. È difficile sostenere una speranza simile, e di fatto da soli, basandoci solo sulle nostre piccole risorse di carne e ossa, non ci riusciamo. Solo Lui, solo con Lui, la vita è fonte di vita per l’uomo.

Ma a volte ci manca la fede, la certezza della Sua Presenza e compagnia che permette di andare avanti nelle valli oscure. Non è difficile cadere nella tentazione di fabbricarci la nostra salvezza, il nostro ideale, di cedere alla pretesa di trasformarci in dei, in coloro che possiedono il dono e la capacità di affermare, dominare e imporre la verità.

Non ci inganniamo. È lo scetticismo che trasforma la nostra vita di fede in una macchina ad orologeria, perfettamente progettata e predicibile. Crediamo di sapere cosa bisogna fare e cosa no, cosa si deve pensare, qual è la spiegazione ultima e definitiva dell’universo, in cosa consiste l’uomo e qual è il suo cammino, e in questo modo il cristianesimo ci si blocca tra le mani. Lo mettiamo da parte per porre al suo posto un ferreo moralismo, o un progetto politico, o qualsiasi altra cosa simile. Togliamo la carne dallo stufato e passiamo la vita rosicchiando ossa rancide, e colpendo con esse la fronte altrui. Cristo, però, non si lascia ridurre, non vuole che lo nominiamo sovrano di questo mondo né possiamo costringerlo a trasformare le pietre in pane. Semplicemente si mantiene alle porte, che gli chiudiamo con centinaia di lucchetti.

Bisogna tornare al Tabernacolo per ringraziare per il dono della fede, il dono della vita, quella Grazia che muove il mondo. Dobbiamo tornare a Lui costantemente: forse non saremo grandi santi, sicuramente la grandezza dei nostri proclami ideologici è solo un foglio vuoto, un protocollo di istruzioni insipido che mettiamo davanti ai nostri occhi perché pensiamo che la cecità ci impedisca di cadere; è possibile che sentiamo una certa ripugnanza silenziosa osservando la nostra immagine allo specchio, ma possiamo accettare ciò che siamo, senza rassegnazione e perfino con gioia perché così, come siamo stati fatti, siamo stati fatti per Lui, e Lui ci ama, ci accoglie e ci rispetta, in tutti e in ciascuno dei momenti della nostra vita.

È una bugia che il credente cammini tutti i giorni con il sorriso stampato sulla faccia, come un pagliaccio ipocrita, e senza dubbio non può offrire agli altri se non la sua fragile umanità. Sa, tuttavia, che attraverso di essa e non per i suoi meriti o i suoi alti ideali o le sue qualità morali passa l’unica speranza degli uomini.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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