“Condizione indispensabile su cui basare il matrimonio”

“Quand’anche tutto ciò che concorre a determinare il destino, come la prosperità e la felicità terrena portasse ad un esito deludente, ma l’amore perdurasse, la vita della coppia avrebbe colto la vittoria. Laddove, se al contrario l’amore deludesse, la vita subirebbe una sconfitta, anche se accompagnata da una sorte favorevole”.
Celebrando il matrimonio sacramentale, affermava Wojtyła, la donna e l’uomo “in un certo modo impegnano Dio e nello stesso tempo contano sul suo impegno a favore della loro comunità. In altre parole, essi contano sulla sua grazia e sul suo aiuto che, in maniera puramente interiore ma nondimeno reale, plasmerà tutta la loro vita comune. Pertanto, essi pongono dinanzi a Lui la loro unione e la confermano col giuramento; così il matrimonio acquista una forza particolare che li impegna completamente”.
Il problema così impostato, aggiungeva, richiede che l’amore fra i due sia “interiormente maturo e definitivo”, cosa che non può essere “fin dal suo nascere”, potendolo divenire “solo gradualmente”. Questo “divenire” necessita di essere orientato, e per questo si può parlare dell’educazione dell’amore.
Per chi è credente, sottolineava il futuro pontefice, educarsi all’amore significa “collaborare con la grazia”, concetto che può sembrare “astratto e irraggiungibile”, ma solo “se si accetta che l’amore si riduca alle sole reazioni e esperienze affettivo-sensuali che istintivamente non tendono ad altro che alla loro soddisfazione”.
Per Wojtyła, “sono solo le vie della grazia che permettono ad ogni amore umano di continuare ad unire fino alla fine, cosa che non riuscirebbe a raggiungere quand’anche fosse soggettivamente assorbente e reciprocamente sentito”.
“Come è indiscutibile che l’educazione dell’amore è la condizione indispensabile su cui basare il matrimonio, così bisogna aggiungere che il matrimonio-sacramento corrisponde solo a quell’educazione dell’amore che si sviluppa sulla base della verità che 'Dio e amore' e 'l’amore è da Dio'”.
“Realizzare queste verità significa collaborare con la grazia dell’amore”.
Per gli sposi, concludeva il futuro Giovanni Paolo II, qui “si realizza la magna pars della collaborazione con la grazia del sacramento del matrimonio”, collaborazione che include “tutto ciò che fa parte del cammino verso i valori umani del matrimonio, non evitando mai nulla”.