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Medio Oriente: “deporre le armi e dialogare”

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 20/10/14
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Papa Francesco al Concistoro ribadisce preoccupazione per cristiani perseguitati

"Non possiamo rassegnarci a pensare al Medio Oriente senza i cristiani che da duemila anni vi confessano il nome di Gesù": non c'è dubbio che la preoccupazione per la difficile situazione dei cristiani nell'area del Medio Oriente sia sempre presente nel cuore di Papa Francesco che ha voluto dedicarvi anche parte del Concistoro di stamane, già previsto per la canonizzazione di due beati, al termine della III Assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi.

 

Ai primi di ottobre una riunione dei nunzi pontifici presenti in Medio Oriente convocata in Vaticano per volontà del pontefice aveva consentito di fare il punto della situazione e di conoscere "di prima mano" la situazione nell'area, specialmente dopo l'instaurazione in alcune zone di Iraq e Siria del cosiddetto Stato islamico. I risultati di questa riunione sono stati alla base dell'intervento del segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, che ha introdotto il confronto con i cardinali e i sei patriarchi delle chiese cattoliche orientali presenti.

 

Centrale nella riflessione di Parolin è la necessità, su cui è tornato più volte, di non limitare alla sola forza militare la risposta alle "atrocità inaudite", compiute da più parti e in particolare dei fondamentalisti dell'Isis, atrocità che forse, mai come prima, hanno scosso l'indifferenza della comunità internazionale. Occorre una "soluzione 'regionale' e comprensiva, la quale non deve trascurare gli interessi di nessuna delle parti". Si deve quindi ricercare "una soluzione giusta e duratura al conflitto israelo-palestinese, come contributo per la stabilizzazione dell'intera aerea", così come occorre valorizzare il ruolo dell'Iran "nella risoluzione della crisi in Siria e in Iraq e nella stessa lotta contro il cosidetto Stato islamico (l'aggettivo "cosiddetto" è sempre premesso nel testo di Parolin a ogni riferimento alla entità territoriale controllata dall'Isis e il segretario di Stato vaticano chiede anche ai leader musulmani di "sconfessare la pretesa di denominarsi" in questo modo e di formare un califfato). Deve essere, inoltre, sostenuta l'idea di un Libano, uno dei paesi che sta soffrendo di più la crisi siriana a causa dello squilibrio determinato dall'accoglienza di un rilevante numero di profughi, "indipendente, sovrano, integro e libero che sia un 'messaggio' di convivenza per i diversi gruppi che lo compongono".

 

L'esperienza, ha ribadito il segretario di Stato a proposito della necessità di privilegiare la "via della pace", ha mostrato che "la scelta della guerra, invece del dialogo e del negoziato, moltiplica la sofferenze di tutta la popolazione mediorientale". Non dimenticando, tra l'altro, il collegamento tra questo tema e quello, già sollevato da Papa Francesco, del traffico delle armi. "Il primo passo urgente per il bene della popolazione della Siria, dell'Iraq e di tutto il Medio Oriente – ha ribadito il segretario di Stato vaticano – è quello di deporre le armi e dialogare".

 

Forte è l'appello al ruolo della comunità internazionale per una risposta umanitaria che venga incontro alle sofferenze della popolazione che necessitano di cibo, acqua, case, educazione per i giovani, assistenza medica – e a cui dà il proprio contributo anche la Chiesa attraverso le Caritas locali. Alle Nazioni Unite viene chiesto esplicitamente di "agire per prevenire possibili e nuovi genocidi". I cristiani, che stanno soffrendo persecuzioni, così come le altre minoranze etniche e religiose, devono essere protetti e i profughi incoraggiati a tornare "nel contesto della difesa della libertà della persona e del rispetto dei diritti umani, in particolare quelli della libertà religiosa e della libertà di coscienza". In questa prospettiva si è vista la necessità di "promuovere e sviluppare il concetto di cittadinanza, come punto di riferimento per la vita sociale".

 

Più delicato il quesito sollevato dai patriarchi presenti, come ha riferito il portavoce della sala stampa vaticava, padre Federico Lombardi: cosa consigliare ai cristiani in questa situazione drammatica? Emigrare per proteggere la propria vita e quella delle proprie famiglie o restare per difendere il valore di una presenza?

 

I cattolici, secondo Parolin, hanno la vocazione di "essere lievito nella massa". Insieme ai fedeli delle altre confessioni cristiane e nel dialogo con le altre religioni, soprattutto i musulmani, sono chiamati ad essere "artefici di pace e riconciliazione". In nessun modo, è stato ribadito nel confronto durante il Concistoro, si deve parlare, in questi contesti di "guerra tra cristianesimo e Islam". Senza cedere alla tentazione di "cercare di farsi tutelare o proteggere dalle autorità politiche o militari di turno" per garantire la propria sopravvivenza, il compito dei cattolici è piuttosto quello di "offrire un contributo insostituibile alle rispettive società che si trovano in un processo di traformazione verso la modernità, la democrazia, lo stato di diritto e il pluralismo".

 

Il loro sforzo deve essere sostenuto da tutta la Chiesa, così come la scelta del tema per il Concistoro – a cui erano presenti 86 cardinali di tutto il mondo – è stato proprio il segno del "sostegno della Chiesa universale". I patriarchi delle chiese cattoliche orientali hanno chiesto che prosegua l'impegno diplomatico della Santa Sede sia rispetto alla sensibilizzazione della comunità internazionale che nei rapporti con i governi dell'area e la risoluzione dei conflitti nell'area.
 

E' importante, inoltre, che tutte le comunità ecclesiali facciano sentire la presenza attraverso i pellegrinaggi o lo svolgimento in questi luoghi di incontri e convegni, come l'assemblea già fissata a Gerusalemme per il prossimo anno dal Consiglio delle conferenze episcopali europee.