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Paolo VI, maestro e testimone

Pope Paul VI with the young people

© GIANCARLO GIULIANI/CPP

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 17/10/14

Il ricordo del prossimo beato del cardinale Giovanni Battista Re

E' stato lui a volerlo, come strumento della collegialità dei vescovi ed espressione dell'universalità della Chiesa che oltrepassasse il tempo del Concilio Vaticano II e ne replicasse lo spirito ad ogni edizione, e adesso l'ultimo Sinodo in ordine di tempo si concluderà con la sua beatificazione. Domenica 19 ottobre, al termine dell'Assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi dedicata al tema della famiglia, Papa Francesco presiederà la celebrazione di beatificazione di Paolo VI. Papa che portò a termine il Concilio, papa della modernità, papa teologo e pastore, l'occasione della beatificazione sarà l'occasione per riscoprire la personalità complessa e dai molteplici profili spirituali, culturali ed umani di Giovanni Battista Montini. Aleteia ne ha parlato con il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto emerito della Congregazione per i vescovi e bresciano come Montini.

Quale modello di santità è Paolo VI per la Chiesa?

Re: Montini era un autentico intellettuale e un grande formatore: basti pensare al lavoro svolto come assistente della Fuci, gli universitari cattolici, attraverso la formazione umana e cristiana delle coscienze, così da educare i giovani alla fatica dell'elaborazione culturale e alla costruzione di un giudizio autonomo. Non va dimenticato che la Fuci fu la grande scuola di formazione per la classe dirigente dell'Italia del dopoguerra. Gli stessi autori del Codice di Camaldoli, alle origini della Costituzione italiana, avevano radici in Montini o in padre Gemelli, il fondatore dell'Università cattolica. Tuttavia Montini non era solo un astratto intellettuale. In lui erano forti il primato della preghiera insieme a quello della carità, un aspetto che pochi mettono in luce. Diceva sempre che aveva imparato dalla mamma il raccoglimento, la vita interiore, la meditazione che è preghiera. Aveva in sé una naturale tendenza mistica e se avesse avuto buona salute sarebbe entrato tra i benedettini. Paolo VI era un contemplativo che spendeva molto impegno nel migliorare la società: si può dire una santità di preghiera ed azione. E' sua la felice intuizione della “civiltà dell'amore”: lavorare per creare una società che sia animata dall'amore. Era non solo un maestro, ma un vero testimone.

In cosa consisteva la sua opera di carità?

Re: Paolo VI aveva davvero il genio della carità e questa sua capacità si rivelò in modo particolare in occasione dell'ultimo conflitto mondiale, quando lavorava alla Segreteria di Stato vaticana. Montini era a capo dell'Ufficio per la ricerca dei soldati e dei civili prigionieri o dispersi e si occupava di portare aiuti alla popolazione in difficoltà. Per questo motivo, chiedeva aiuti ai paesi non coinvolti dal conflitto, come la Spagna o altre nazioni dell'America latina, così che periodicamente nel porto di Civitavecchia attraccavano navi cariche di viveri per Montini. Gli aiuti servivano per sfamare le persone rifugiate nei conventi di Roma, soprattutto perseguitati politici ed ebrei. Sul Gianicolo, in un convento di suore, c'erano a quel tempo più di cento ebrei, intere famiglie nascoste per sfuggire alle deportazioni e ogni settimana dal Vaticano arrivava un furgoncino con generi di prima necessità. Nel suo stesso appartamento Paolo VI ospitava più di una persona: il fratello Ludovico, perchè anche lui era un perseguitato politico e per un periodo anche La Pira, il futuro sindaco santo di Firenze. In seguito si rifugiarono da lui anche i due figli della principessa Mafalda di Savoia che temendo di essere arrestata dai nazisti, come poi avvenne, inviò i suoi bambini insieme alla governante a Porta S. Anna, all'ingresso del Vaticano, dicendole: !qualcuno li accoglierà” e fu Montini a farlo. Per ultimo, lo stesso Ufficio per i dispersi che aveva bisogno di spazio – tra il 1939 e il 1947 l'organismo raccolse 10 milioni di richieste di informazioni – si installò nel salone più grande del suo appartamento. La grande sensibilità sociale di Montini si manifestò anche da Papa: nel 1970 i baraccati a Roma costituivano ancora una drammatica realtà e Paolo VI fece costruire ad Acilia 100 appartamenti a loro destinati che poi donò al Comune.

Lei ha detto in più occasioni che Montini aveva “una grande simpatia per il mondo”: cosa intende?

Re: Era sensibile alle inquietudini delle donne e degli uomini del nostro tempo e traduceva questa attenzione in una grande apertura al dialogo con il mondo. Diceva: “guardando al mondo vediamo tante persone che sono lontane dalla Chiesa. Occorre dialogare con tutti per annunciare a tutti Cristo”. Nutriva, inoltre, una grande stima di tutto ciò che è bello, per l'arte e le scoperte del progresso: quando l'uomo andò per la prima volta sulla luna rimase a contemplare l'allunaggio in televisione ed ebbe parole intense per questo evento. Paolo VI affermava che anche se il mondo si sente estraneo al cristianesimo, il cristianesimo non è estraneo a nessuno.

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