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Giovanni Paolo II insegna come prepararsi al matrimonio

John Paul II during WYD Toronto 2002

© ARTURO MARI / VATICAN POOL / AFP

<big>2002: Toronto (Canada)</big> 800mila partecipanti «Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo» (Mt 5, 13-14) All'età di 82 anni, Giovanni Paolo II arriva in elicottero, malgrado il suo fragile stato di salute, per quelle che sarebbero state le sue ultime GMG. Il raduno ebbe luogo qualche mese dopo gli attentati dell'11 settembre. Fu per il Santo Padre l'occasione di invitare i giovani «a servire la causa della pace e della solidarietà umana».

Roberta Sciamplicotti - Aleteia - pubblicato il 16/10/14

La propedeutica al sacramento matrimoniale va riscoperta e rafforzata

“Propedeutica al sacramento del matrimonio” è il titolo di un articolo scritto da Karol Wojtyła prima di diventare papa Giovanni Paolo II in cui il futuro pontefice spiega come prepararsi al matrimonio. Il testo è inserito nella raccolta pubblicata di recente da Cantagalli “Educare ad amare. Scritti su matrimonio e famiglia”, che raccoglie 11 testi di Wojtyła redatti tra il 1952 e il 1962.

L’articolo in questione è il primo che Wojtyła ha dedicato interamente al tema della preparazione al matrimonio, e sottolinea come la propedeutica a questo sacramento, ovvero l’“educazione alla maturità morale richiesta dalla vita nel matrimonio”, “la preparazione del terreno per la morale coniugale nell’organismo, nella psiche e nella coscienza delle persone”, rivesta un’importanza particolare.

La crisi dell’istituzione matrimoniale, sottolineava il futuro papa vari decenni fa anche se le sue osservazioni sono pienamente valide ancora oggi, indica che “è stata trascurata la propedeutica in questo campo oppure che i suoi soliti metodi si sono dimostrati insufficienti”.

Nella propedeutica al sacramento del matrimonio, scriveva, “si tratta non tanto di evitare il male che è la crisi dell’istituzione, quanto soprattutto di estrarre pienamente il bene che può essere realizzato nel matrimonio grazie al fatto che esso sia un’istituzione sacramentale”.

Il problema di base di questa propedeutica era per Wojtyła “la questione dell’educazione dell’amore dell’altro, dell’amore della persona”, dato che il matrimonio “deve costituirsi sul terreno preparato dall’amore di due persone, dell’uomo e della donna, e deve rimanere radicato in questo terreno anche grazie al fatto che l’amore di queste due persone si rafforza e si approfondisce”.

Bando quindi a ogni egoismo, così come serve “una certa purificazione della sensualità e dell’affettività”: la prima è rivolta piuttosto verso i valori vitali, la seconda verso i valori “psichici”. La purificazione dell’una e dell’altra, sottolineava il futuro pontefice, “non deve assolutamente significare la loro eliminazione – in questo modo né la castità, né l’amore non guadagnerebbero niente”. Il fine principale della purificazione dell’affettività e della sensualità è invece quello di “inserire questi valori, a volte spontanei, vissuti in maniera emozionale e sensuale, nell’amore completo e pieno della persona, sottomettendoli alla stessa persona quale suprema e principale”.

Questo valore, osservava, “deve essere inteso, compreso e vissuto con l’intelletto e la volontà – il suo sentimento verra soltanto come conseguenza. E soltanto in tale configurazione, le energie emotivo-sensuali suoneranno con un tono ‘accordato’ e non falso”.

Per poter affrontare la crisi dell’istituzione e del sacramento, la propedeutica al matrimonio deve poi poggiarsi sulla formazione del contenuto religioso e del significato religioso della vita sessuale, dell’atto coniugale, educando anche alla paternità e alla maternità consapevoli.

Allo stesso modo, Karol Wojtyła sottolineava anche la necessità di lavorare sulla “formazione delle condizioni necessarie per garantire l’indissolubilità del matrimonio”, che “dice allo stesso tempo tutta la grandezza che dovrebbe caratterizzare l’amore umano nel matrimonio” ma anche tutta la fatica che l’amore racchiude in sé”, dovendo infatti tener sempre conto “della mobilità della psiche umana, dell’inquietudine dei sensi e dell’oscillazione dei sentimenti”.

Uno dei compiti principali della largamente intesa propedeutica al matrimonio deve essere quindi quello di “creare le condizioni indispensabili per una matura reciprocità tra le persone che decidono di sposarsi”.

La comunità nel bene spirituale quale base della reciprocità e, indirettamente, anche dell’indissolubilità, indicava Wojtyła, “sarà sempre in ultima analisi una comunità nell’ideale. L’ideale deve essere grande e reale allo stesso tempo, affinché si possa stabilire su di esso la reciprocità dell’amore umano. Il matrimonio cattolico, sacramentale, trova tale ideale nel mistero dell’Incarnazione e della Redenzione, ossia nel fecondo unirsi di Dio-Figlio all’umanità intera nella Chiesa. Questo ideale è senza dubbio grande, ma nello stesso tempo reale perché quest’unione – le nozze di Cristo e della Chiesa – è fondata sul sacrificio”.

“Se il matrimonio umano, il legame fecondo dell’uomo e della donna, riesce ad assimilare questo ideale, se riesce ad accogliere tutte le verità, nonché le energie e i valori che esso racchiude – questo è il problema di una fatica profonda, calma e continua: di una fatica di fede, di una fatica di riflessione, di una fatica di virtù”, concludeva il futuro papa. “E tutta questa fatica che in seguito si trasforma in uno stile cristiano della vita coniugale può e deve essere abbracciata alla tappa precedente della propedeutica al sacramento del matrimonio”.

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