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Famiglie in Medio Oriente: l’esempio che arriva dalla sofferenza

Nazareth – it

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Emanuele D'Onofrio - Aleteia - pubblicato il 14/10/14

Dall'incontro del Rinnovamento nello Spirito una testimonianza di sacrificio e di speranza ai padri sinodali

Una finestra su milioni di famiglie devastate da guerra e povertà, e che rispondono con la fratellanza ed il sacrificio. Questo è stato il preziosissimo contributo che il convegno “Uno sguardo di verità e di misericordia sulle Famiglie in Medio Oriente” ha offerto ai padri riuniti in Sinodo in questi giorni. L’incontro è stato organizzato dalla Fondazione Vaticana “Centro Internazionale Famiglia di Nazareth, affidata a Rinnovamento nello Spirito per la costruzione del Centro Internazionale per la Famiglia in Terra Santa, a Nazareth. Dopo il saluto di Mons. Vincenzo Paglia, presidente di quel Pontificio Consiglio per la Famiglia che ha collaborato all’organizzazione dell’evento, sono intervenute le voci più autorevoli delle chiese del Medio Oriente. S.B. Fouad Twal, patriarca di Gerusalemme dei Latini e presidente della Conferenza Episcopale dei Paesi Arabi, S.B. Ignace Youssif IIYounan, patriarca di Antiochia dei Siri e capo del Sinodo della Chiesa Sira Cattolica e S.B. Louis Raphaël I Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei e capo del Sinodo della Chiesa Caldea hanno portato a Roma una richiesta di attenzione e di presenza, ma anche un atto di accusa nei confronti della politica delle Nazioni occidentali; l’ultimo, in particolare, parlando della ricostruzione di Gaza ha posto i seguenti interrogativi: “perché uccidere, distruggere e poi ricostruire? È illogico! È una politica sporca, ma perché tutto questo?”. Aleteia ha chiesto al presidente della Fondazione Vaticana “Centro Internazionale Famiglia di Nazareth” Salvatore Martinez di dedicarci qualche riflessione sul convegno.

Quali erano le  aspettative per questo convegno?
Martinez: Intanto il desiderio di dare voce al dolore di molte famiglie del mondo. Se il Sinodo intercetta il grido dei divorziati risposati, cioè di famiglie distrutte e poi ricostruite, c’è anche il dramma di famiglie che vogliono rimanere in vita e che conoscono invece la morte, la violenza, l’esilio forzato, la disgregazione imposta. Quest’altro tema del Sinodo, che correva il rischio di rimanere schiacciato rispetto al primo, ci ha spinto a volere far sentire al di fuori del Sinodo la voce di questi patriarchi in rappresentanza del dramma taciuto delle famiglie mediorientali, ma direi di tutte le famiglie che subiscono persecuzione e violenza nell’indifferenza degli Stato. Le sofferenze delle famiglie perseguitate possono essere lette questi solo in chiave politico-religiosa oppure umanizzate con una cifra spirituale. Si parla di profughi, di rifugiati, di islamici, ma non si vede il dramma dei padri, delle madri e dei figli che stanno dietro etichette e convenzioni sociali. La Fondazione Vaticana, che ha come missione il sostegno alle famiglie che sono nella regione della Terra Santa, lavora in questa direzione con un’ ampia convergenza, sia del gradimento dei padri sinodali che hanno ringraziato dell’attenzione posta al loro indirizzo, sia della gente e degli organi di stampa. Significativo poi che il convegno si sia collocato in mezzo a due eventi: la pubblicazione del messaggio di solidarietà del Sinodo all’indirizzo delle famiglie di Siria ed Iraq e il Concistoro di lunedì prossimo voluto da Papa Francesco sull’emergenza medio-orientale. 

Quali sono le maggiori difficoltà delle Chiese di quelle regioni?
Martinez: Ogni patriarca ha reagito con sensibilità diverse, con accenti diversi, approcciando il dramma delle famiglie. La realtà che accomuna tutte le diverse tradizioni cristiane è quello che ormai i cristiani siamo una minoranza. Non “creativa”, come diremmo noi in Europa, ma soggiacente ad integralismi sempre più marcati e sempre più insignificante sul piano politico. Questo costringe a povertà, a solitudine, ad una violenza sempre più subita con l’impotenza di comunità che non hanno la forza sociale e morale per reagire all’indifferenza degli Stati e agli integralismi religiosi. È stato importante sentire da tutti i patriarchi la frase “noi non chiediamo elemosina”. Eppure vivono situazioni di grande povertà, gente che ha perduto tutto – pensiamo solo ai due milioni di siriani che si trovano in Giordania e ai profughi medio orientali che sono dappertutto – persone che accettano il martirio in condizioni di estrema povertà e abbandono alla volontà di Dio. Nonostante tutto questo i patriarchi non hanno chiesto aiuti umanitari, ma giustizia, cosa ben diversa. E chiedono alla Chiesa tutta una presenza spirituale più forte, a partire dalla preghiera, perché si alzi  la voce della verità e questa si accompagni alla misericordia e alla giustizia. C’è bisogno di fare verità su fatti come gli esodi forzati e programmati con una violenza inaudita subita da comunità cristiane che per secoli hanno abitato quelle terre pacificamente. Questa è una questione che certamente interpella gli Stati, ma anche le Chiese. Ecco perché il Papa opportunamente pone la questione all’interno di un concistoro dedicato.

Le famiglie cristiane e quelle di altre religioni si incontrano positivamente, al di là di ogni ideologia religiosa?
Martinez: Assolutamente si, questo è il grande mistero della povertà. I poveri ci insegnano l’arte del dialogo, della convivenza, della comunione. Il povero non ha nulla da perdere, sa solo condividere. Il dramma dei paesi arabi accomuna tutti coloro che sono sotto un’etnia e poi professano credi diversi: la questione riguarda anche i musulmani, non solo i cristiani. Questi ultimi hanno sempre rappresentato in queste terre un presidio di umanità, un serbatoio di civiltà: i figli dei musulmani studiano nelle scuole cristiane, frequentano gli ospedali cristiani, le nostre missioni hanno una capacità di offrire solidarietà e carità come nessun’altra realtà (pensiamo alla Caritas di Gerusalemme, al lavoro che fa in tutti i paesi arabi del circondario). In questo senso il cristianesimo mostra la sua originalità: non solo non discrimina, ma viene in soccorso alle famiglie in quanto famiglie umane. Un fenomeno mediorientale che incoraggia, che diventa profezia per noi Europei e per il resto del mondo sempre più chiusi nelle nostre ricchezze e sicurezze.  Come sempre, come ci insegna il Vangelo, i poveri hanno il segreto della speranza e rieducano all’arte di vivere.

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