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Della depressione post parto risentono anche i figli

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 14/10/14
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Ne soffre una donna su 7. Lorenzin: non abbandonare le mamme a se stesse
Depressione post partum, questa sconosciuta: se ne parla solo nei casi estremi, quando una madre "inspiegabilmente" uccide la propria creatura. Allora ci si chiede perché nessuno avesse saputo prevenire e curare. Ma di Depressione post partum (Ddp) soffrono 80mila delle 550mila donne che partoriscono ogni anno in Italia, ovvero una ogni sette (Avvenire, 13 ottobre).

RISCHIO DISABILITA’ PER I FIGLI
E quel che è peggio è che i loro figli in molti casi ne risentiranno con disabilità anche gravi, come dimostra una vasta letteratura scientifica: quoziente intellettivo più basso di 5 punti, tendenza ad ammalarsi 7 volte maggiore, comportamenti violenti in età adolescenziale e adulta.

ASSENZA DI FIGURE FEMMINILI
«Il problema è che oggigiorno le altre figure femminili spesso mancano – spiega il dottor Antonio Picano, dirigente psichiatra al San Camillo di Roma – perché il primo parto avviene a 35 anni, quando la madre e le sorelle sono già attempate o lontane, così la donna resta sola». Una solitudine che è alla base anche delle depressioni vere e proprie. 

MAMME LASCIATE SOLE
La questione è stata affrontata anche dal ministro della Salute. «La depressione Post Partum è un fenomeno che può accadere e che deve essere conosciuto», ha detto Beatrice Lorenzin, «Le mamme non possono essere lasciate completamente sole all’indomani della gravidanza. Nel passato, nel momento in cui si diventava genitori, essere mamme era socializzato e contestualizzato in un clima di accoglienza, avveniva all’interno di famiglie allargate in cui le donne anche nei primi 40 giorni difficilmente erano lasciate sole» (Agi, 13 ottobre).

POCA INFORMAZIONE
«Il tema di cui dibattete oggi – ha spiegato il ministro – è estremamente importante sia dal punto di vista sanitario, sia dal punto di vista culturale. Purtroppo, e troppo spesso, la depressione post partum viene stigmatizzata da un punto di vista sociale, non compresa, e soprattutto non vengono informati nel modo adeguato i genitori, le coppie e le giovani mamme» (Adn Kronos, 13 ottobre). 

NON CHIUDERSI A RICCIO
Non bisogna vergognarsi, è il ragionamento di Lorenzin, «bisogna parlarne e riuscire anche a condividere un momento che è bellissimo, ma che presenta tante novità che ovviamente possono mettere in crisi in modo inusuale anche chi pensa che il proprio percorso sia molto più semplice e naturale».