Intervista alla neonatologa Ana Martín, dell'ospedale San Juan de Dios di Barcellona
Ci sono bambini che molto probabilmente moriranno nell’utero materno, dopo il parto o nei primi giorni di vita extrauterina. Soffrono di patologie o malformazioni gravi incompatibili con la vita.
Anche se la diagnosi di questi bambini è letale, si può fare molto per loro e per le loro famiglie. Non c’è una cura per loro, ma un’assistenza medica adeguata può aiutare a far sì che questi momenti tanto dolorosi siano un passo cruciale nella vita della famiglia che accoglie, ama e accompagna un piccolo nel suo breve passaggio per la vita.
Sono esperti di questi casi difficili la neonatologa Ana Martín Ancel e un’équipe professionale multidisciplinare dell’Ospedale San Juan de Dios di Barcellona (Spagna), dove hanno creato un programma di cure palliative perinatali che fornisce assistenza sanitaria completa sia ai bambini malati che alle loro famiglie.
Tutto inizia con la diagnosi più precisa possibile che aiuterà a prevedere il parto, così come la medicazione di cui il piccolo può avere bisogno.
Se c’è una diagnosi certa che il bambino morirà dopo la nascita, si cerca di far sì che il parto sia vaginale (non cesareo) e non si ricorre alla monitorizzazione né si segue la frequenza cardiaca.
Per questo, si cerca di effettuare una preparazione al parto individuale, visto che per queste donne che sanno che il giorno della nascita sarà anche quello dell’addio al loro bambino è doloroso assistere a corsi insieme a mamme che hanno bambini sani.
Come preparate i genitori a questo duro momento del parto e del congedo?
Ci sono bambini che vivono solo dieci minuti, mezz’ora, un’ora… Sono momenti estremamente brevi ma molto intensi, e in quegli aspetti a cui non si è pensato tutto passerà così rapidamente che non sarà possibile improvvisare.
Molti genitori sono grati perché abbiamo suggerito loro di scattare delle fotografie del loro bambino, visto che il tempo per custodire i ricordi tangibili del figlio si riduce alla gestazione e al breve tempo in cui vivrà. Custodire le immagini delle ecografie, un video o registrare il battito del cuore può essere molto importante.
A volte ci sono mamme e papà che scrivono un diario della gestazione, perché scrivere ciò che vivono li aiuta. Ogni famiglia trova il proprio modo.
Può anche aiutare il fatto che altri familiari o un amico intimo possano essere presenti quando si fanno le ecografie, e così la vita di questo bambino si apre anche ad altre persone. Altri genitori portano un vestito speciale per lui, o facciamo impronte a colori delle mani e dei piedi.
E ovviamente ci sono genitori che vogliono battezzare il loro bambino, per cui è importante pensare se possono avvisare qualche amico sacerdote, il cappellano dell’ospedale o imparare a farlo loro stessi.
Quali sono le principali paure dei genitori?
Dipende dalla famiglia, dalla patologia del bambino… C’è indubbiamente la possibile sofferenza del figlio, che al giorno d’oggi fortunatamente possiamo evitare. Nell’utero sarebbe del tutto eccezionale che un bambino provi dolore per una malattia o una malformazione, e quando i bambini nascono possiamo utilizzare dei farmaci per sedarli se è necessario o somministrare loro analgesici nel caso in cui abbiano dolore.
Molti si chiedono se saranno capaci di accompagnare il figlio, perché è una situazione emotivamente difficile e si preoccupano delle conseguenze che potrà avere sui fratelli.
La nostra esperienza è che i fratellini capiscono che il bambino che aspettano è malato, e spesso sono loro stessi, con la capacità che hanno di affrontare la realtà come viene, ad aiutare i genitori ad accogliere naturalmente il piccolo malato. A volte li preoccupa il momento della nascita perché è particolarmente duro, ancor di più se il bambino ha malformazioni importanti. In questo senso, ci chiedono aiuto perché li accompagniamo o perché, se il bambino ha qualche deformità evidente, l’impatto non sia eccessivo.