Ma anche il divorziato è un battezzato, perciò continua a far parte della Chiesa, anche se con la sua scelta rompe la comunione basata sul battesimo. Pur condannando il divorzio la Chiesa non condanna i divorziati perché li considera come figli che si sono allontanati; hanno bisogno ancor più degli altri di aiuto, di sostegno spirituale con la preghiera di tutta la Chiesa, perché ricordino che il loro amore è certamente ricco di sentimenti, ma povero di Dio. Non hanno ascoltato la sua voce e si sono allontanati. Ma nel Vangelo il figlio che torna al Padre è sempre accolto con gioia e festa! Perciò non devono mai perdere la speranza perché la misericordia di Dio è infinita.
Certo rimangono problemi aperti che chiedono una prudente riflessione da parte di tutti: ad esempio come accompagnare ed educare nella fede chi compie questa scelta? Che non sia il caso di rivedere i procedimenti nelle cause di nullità matrimoniale? Esiste un coniuge che sia veramente “innocente”, oppure in radice ci sono da ambo le parti delle povertà di amore, che motivano una rottura di coppia?
Siamo in attesa di indicazioni da parte del Sinodo, ricordando che ai problemi familiari saranno dedicate ben due sedute, una sarà negli stessi giorni del prossimo anno.
Figli. Oggi spesso si parla dei figli come problema, con paura, e anche come invasione di una sfera di “coppia” che sembra prevalere. Cosa trasmette la fede rispetto all’accoglienza dei figli?
I figli sono un problema quando li si guarda secondo la cultura di oggi attenta ai costi, al lavoro, ai diritti, alla libertà: li considera “sacrificio” perché non permettono di dedicarsi pienamente a questi spazi. Inoltre la cosa è peggiorata dal fatto che si considera l’amore una relazione chiusa fra due persone, un uomo e una donna, che si bastano da soli e non hanno bisogno di altri…Per loro i figli sono un limite alla totalità dell’amore e un ostacolo. E ancora perché non leggere in questa scelta anche la paura di fronte all’educazione come una responsabilità troppo grande da assumere?
Nel passato i figli sono sempre stati considerati una benedizione e la loro nascita una festa. Erano visti come il frutto dell’amore che è tale quando si diffonde, rendendo un’altra persona partecipe della gioia della propria vita e dell’amore. Infatti il figlio porta in sé uno stupendo messaggio di vita e di amore perché rappresenta visibilmente la piena unità raggiunta, che la Bibbia definisce “una sola carne”. Inoltre la fede permette di vedere nella generazione di un figlio una manifestazione dell’amore di Dio. L’uomo e la donna nel loro amore prolungano lo stile dell’amore di Dio. Infatti Dio ama creando (crea sempre e non solo all’inizio!) e ha impresso in loro il “marchio trinitario”, cioè li ha resi “uno” pur nella pluralità delle persone. Così anche i genitori, nel loro amore, generando, imprimono nel figlio il loro segno, il “marchio generazionale”. Infatti nel figlio cercano il loro voltosomiglianza; porta il DNA di tutti e due (=stessa carne); plasmano gusti e abitudini che caratterizzeranno per sempre la persone. Per esempio è vero che dalla mamma si mangia meglio? No, ma alla tavola della mamma si ritrovano i gusti che hanno segnato la vita! La famiglia plasma i figli! Sono meccanismi “umani, che la fede ci permette di leggere come segno della continuità dell’amore creativo che manifesta nel tempo l’eterno generare di Dio.
Il matrimonio come sacramento in che senso aiuta a creare famiglia?
Il sacramento fonda la famiglia nell’amore di Dio; chi nella fede cammina secondo Dio riconosce nella propria famiglia la Sua presenza e vive l’esperienza della casa come luogo in cui lo Spirito Santo agisce affinché tutti operino per una profonda comunione di intenti, collaborazione e solidarietà. I sacramenti dell’eucaristia e della penitenza li sostengono sempre nel proposito e nell’impegno di bene per tutti, rendendo la casa stabile e sicura, perché fondata sulla roccia cioè Cristo.