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Mons. Zenari: violenza jihadista, comunità internazionale faccia di più

Syrian refugees find support from Catholic Relief Services – it

© LEVINE / SIPA

Radio Vaticana - pubblicato il 06/10/14

Prosegue l’offensiva dei jihadisti del sedicente Stato Islamico in Iraq e Siria, nonostante i raid americani

Prosegue l’offensiva dei jihadisti del sedicente Stato Islamico in Iraq e Siria, nonostante i raid aerei della coalizione guidata dagli Stati Uniti. Nella città siriana di Kobane, i curdi stanno opponendo una strenua resistenza. Alle porte della città, una donna curda si è fatta esplodere in mezzo ai miliziani islamisti. Intanto, dopo il vertice concluso sabato scorso in Vaticano, i nunzi del Medio Oriente stanno rientrando nelle loro sedi. Con quale messaggio?

Sergio Centofanti lo ha chiesto al nunzio a Damasco, l’arcivescovo Mario Zenari:

R. – Ritorno portando un messaggio di solidarietà ancora più forte e anche un messaggio di speranza che, nonostante tutto, credo bisogna sempre avere. È stata una bella riunione perché sono state messe insieme le situazioni di vari Paesi del Medio Oriente provati da questi conflitti, soprattutto le sofferenze del popolo siriano e di quello iracheno. Ci sono stati dei momenti di preghiera perché questa è la nostra arma principale.
D. – Nonostante i bombardamenti, i jihadisti continuano ad avanzare …
R. – Purtroppo questo estremismo nasce anche perché trova un terreno favorevole: queste situazioni non risolte, questo conflitto siriano che si protrae da più di tre anni e mezzo, sono un humus che alimenta queste forze estremiste. Quindi, bisogna al più presto trovare una soluzione politica a questi problemi. In Iraq forse c’è uno spiraglio di soluzione; per la Siria purtroppo devo dire che la soluzione all’estremismo è ancora nel limbo, mentre le popolazioni patiscono le sofferenze dell’inferno. Ma direi che la chiave ancora non è gettata in fondo al mare. Si può ancora lavorare molto. La comunità internazionale deve aumentare i suoi sforzi e bisogna uscire da questa situazione di sofferenza immane per queste popolazioni, risolvere alla radice questo problema del terrorismo, dell’estremismo, tagliando l’erba sotto i piedi a queste correnti estremiste, favorendo una democrazia inclusiva e un pluralismo nel rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Questo è il principale campo di soluzione.
D. – Il suicidio della donna curda-kamikaze, madre di due figli, mostra ancora di più la disperazione di queste persone …
R. – È chiaro, siamo in un contesto drammatico. Queste scene si vedono purtroppo quotidianamente. Queste atrocità e barbarie, perpetrate non solo ultimamente ad opera dall’Is, si vedono da una parte e dall’altra in Siria da più di tre anni.
D. – Al vertice dei nunzi si è detto che la sola riposta militare non basta…
R. – È chiaro. Credo che questa ormai sia un’idea condivisa un po’ dappertutto. Bisogna andare alle radici del problema.
D. – Qual è il futuro delle piccole comunità cristiane e delle altre minoranze in questi Paesi?
R. – Per quanto riguarda la Siria, ribadisco sempre, c’è una sofferenza trasversale che colpisce tutti quanti, che non fa distinzione. È anche vero comunque che i gruppi minoritari sono l’anello più debole della catena e quindi sono i più esposti. In questo momento, in cui inizia il Sinodo dei vescovi sulla famiglia il mio pensiero va alle famiglie di quella regione. Tante famiglie sono sfollate o rifugiate nei Paesi vicini. Ne ho viste e conosciute tante che hanno provato la tragedia di vedere uccisi il papà o la mamma, o vedere dei bambini uccisi o mutilati da questi ordigni di guerra. Non posso dimenticare quella bambina di nove anni che ho visitato in un ospedale a Damasco il Sabato Santo: ai piedi del letto c’erano i suoi genitori in un dolore profondo ma riservato. Tre giorni prima a questa bambina erano state amputate entrambe le gambe e cominciava a rendersi conto di cosa le era capitato. Questa tragedia è una delle tante tragedie; altre famiglie provate da tragedie simili, vedere i bambini uccisi … Penso che in questo Sinodo verrà portata questa sofferenza e i patriarchi e i pastori di quelle Chiese si faranno carico di portare certamente questa sofferenza. Sarà una rinnovata solidarietà della Chiesa universale verso queste famiglie particolarmente provate.

Qui l’originale

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