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La famiglia secondo Chesterton: futuro imperfetto

GK Chestertons Most Terrible Thing The Art Archive Culver Pictures – it

The Art Archive/Culver Pictures

Ignacio Pérez Tormo - Aleteia - pubblicato il 01/10/14

O perché diceva che il divorzio è una superstizione: è risolvere i problemi... fuggendo da essi

Dopo la I Guerra Mondiale, in tutta Europa si verificò un calo demografico. Alcuni partiti avevano proposto un’estensione del divorzio. Chesterton pubblicò allora il libro La superstizione del divorzio (1918), che sviluppava lo schema iniziale di Eretici (1905). L’obiettivo di questo articolo è esporre la sua filosofia sull’istituzione familiare.

Chesterton sosteneva che la varietà di membri nella famiglia rappresentava una ricchezza ma provocava anche divergenze.

La discreta tendenza a evadere

Per fuggire da questo fatto sgradevole, immaginiamo come sarebbe la nostra vita se fossimo nati in un’altra famiglia o se ci fossimo sposati con un’altra persona. Non potremo saperlo mai, a meno che non seguiamo il suo consiglio: “scendere dal camino in una casa qualsiasi, a caso”, e relazionarsi nel miglior modo possibile con la gente che ci si trova. E questa è esattamente la definizione di nascere.

Cerchiamo di portare avanti il nostro piano di fuga. Riversiamo allora il nostro amore su persone che si trovano all’estremo opposto del pianeta. Così possiamo lottare per l’alimentazione mondiale. Non ci darà alcun vantaggio. Quelle persone non si arrabbieranno se abbiamo una macchia sulla cravatta. Non ci rovineranno nemmeno la domenica con un progetto inopportuno. In questo si segue il principio di andarsene lontano da casa. E si ha una giustificazione pronta. Si dice che si fugge dalla propria famiglia perché è noiosa. Falso. Si fugge dalla propria famiglia perché è eccitante. Ed è eccitante perché è esigente. Ed è esigente perché è viva.

Non era sostenitore del divorzio

Se parliamo del marito, avrà due possibili evasioni: il suicidio e il divorzio. Sono i due vecchi consiglieri che accompagnano ogni disperato. Il divorzio libera dal matrimonio e il suicidio… pure. Si distinguono però a livello statistico, perché la fine della vita è solo una, mentre nei Paesi con una legislazione divorzista l’amore termina ogni giorno. Con questo dato, Chesterton tratteggia il problema come quel “lungo corridoio di andare accomodandosi” che abbiamo costruito in casa.

Consapevoli di ciò che disfano, i promotori del divorzio propongono allo stesso tempo una contromisura che indennizzi le perdite e gli alimenti. Ciò rappresenta un doppio atto di fede: nel libretto degli assegni e in un buon avvocato. E quanto a quelli che pensano che il tradimento e la tragedia si curano con il denaro e un avvocato, non metteremmo la mano sul fuoco sull’onorabilità del loro “passato”.

L’amore come sacrificio

Non ha però un cliché romantico dell’amore come “sentimento”. In realtà è qualcosa di più forzato: dobbiamo amare nostra moglie per il semplice fatto che “è lì”, per il fatto di “essere nostra moglie”. Dobbiamo amare nostro padre semplicemente perché “è nostro padre”. Proprio perché avrebbe potuto essere qualunque persona, è tutte loro. E amando l’umanità che ci è stata donata, amiamo tutta l’umanità. Ciò vuol dire che in famiglia viviamo il Vangelo. Per questo gli attacchi alla famiglia in realtà cercano di ostacolare tutto il cristianesimo.

Per cercare soluzioni, ciascuna delle sue parole si dirige a elevare l’animo, come ogni albero, anche se i suoi rami vanno in direzioni diverse, punta al cielo. Per questo, in breve, ci rivolgiamo a cercare nuove ricette familiari nella direzione indicata da Chesterton.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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