Alcuni aspetti inediti dell’attività della diplomazia vaticana durante la Seconda Guerra Mondiale
Il giorno si avvicina, e gli storici fremono. Quando gli archivi vaticani relativi all’ultimo conflitto mondiale saranno resi pubblici nella loro totalità, il velo scivolerà via scoprendo la verità e la natura pretestuosa ed ideologica di molte polemiche sulla figura di Pio XII. Tra l’altro, il territorio storiografico sull’attività diplomatica della Santa Sede in quegli anni è di gran lunga più vasto di quello che riguarda solo gli attacchi a papa Pacelli, poiché comprende una serie di iniziative e servizi da parte di corpi di cui oggi si sa poco o nulla, ma che presto potrebbero diventare oggetto di studio.
La conferenza organizzata presso l’Università degli Studi Guglielmo Marconi di Roma nella giornata del 2 ottobre s’intitola “Pio XII e la Seconda Guerra Mondiale: eventi, ipotesi e novità dagli archivi”, e sarà un’occasione per i tanti studiosi che faranno il punto delle loro ricerche e delle aspettative rispetto al materiale inedito degli archivi che potrebbe esser resto presto accessibile. Il professor Matteo Luigi Napolitano, docente di Storia Contemporanea e di Storia delle Relazioni internazionali presso l’Università degli Studi G. Marconi di Roma e responsabile scientifico dell’evento, ha rivelato ad Aleteia qualche anticipazione.
Come descriverebbe le attività diplomatiche della Santa Sede durante la Seconda Guerra Mondiale?
Napolitano: E’ ovvio che la diplomazia, per definizione, si adatta alle circostanze. Durante la Seconda Guerra Mondiale le circostanze furono abbastanza mutevoli, e quindi la flessibilità degli uomini di Stato era necessaria. Nel caso della Santa Sede c’è tuttavia un aspetto della parola “diplomazia” che va declinato con altri significati: in questo caso così particolare, la parola va declinata nel senso dell’impellente necessità di fornire un aiuto umanitario. Tale aiuto era ovviamente nelle corde della Santa Sede, perché la missione evangelica è quella di portare sollievo ai sofferenti. Tutto ciò, durante la Seconda Guerra Mondiale, si tradusse anche in un’azione diplomatica, che rese la politica estera del Vaticano molto particolare e a sé stante rispetto sia alle potenze belligeranti, sia alle potenze neutrali, alle quali talvolta il Vaticano viene assimilato.
Siamo alla vigilia dell’apertura degli archivi. Lei ha avuto modo già di consultarli?
Napolitano: Innanzitutto bisogna dire che l’apertura degli archivi vaticani è stata ripetutamente annunciata, mentre si andava completando il lavoro di riordino di tutto ciò che concerneva le carte del periodo storico di cui ci occupiamo. Ma si deve aggiungere che ad oggi lo studioso può trarre certezze e ipotesi di lavoro anche ricorrendo a fonti parallele già note: la prima fonte importante è la Collana degli Actes et Documents du Saint-Siège rélatifs à la Seconde Guerre Mondiale, cioè gli undici volumi (di cui uno in due tomi) di documenti diplomatici della Santa Sede, una serie pubblicata tra il 1965 e il 1981 per volere di Paolo VI e dei suoi successori. Questa è una fonte molto ricca, che proviene direttamente dalla Santa Sede. Il secondo genere di fonti che abbiamo disponibili sono gli archivi stranieri, poiché il Vaticano aveva numerosissime relazioni diplomatiche con molti paesi del mondo, questo ovviamente anche durante la Seconda Guerra Mondiale. Pertanto lo studioso, attraverso tutte queste fonti (non si dimentichino anche le raccolte di documenti pubblicate dai vari Stati, nelle loro collane ufficiali) e attraverso gli archivi, riesce a ricostruire gran parte della politica estera della Santa Sede, e non solo relativa a Pio XII (penso anche a Roncalli, a Paolo VI e così via).