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Pasolini, il regista che raccontava l’altro volto di Cristo

Pasolini e il Vangelo secondo Matteo

© Public Domain

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 24/09/14

Ad Assisi si rilegge il "Vangelo secondo Matteo"

Come nacque, nel 1964, "Il Vangelo secondo Matteo"? Cosa spinse Pier Paolo Pasolini, un marxista non credente, a realizzare un film sulla vita di Gesù così aderente al testo sacro, essenziale, privo di ideologismi? (Avvenire, 24 settembre).

I SEGRETI DEL "VANGELO" AD ASSISI
Sulla genesi del capolavoro cinematografico è stato detto, e scritto, quasi tutto. Ma ci sono ancora pagine rimaste sommerse, forse le più intime e personali dell’autore: "Cristo mi chiama ma senza luce", un convegno di studi promosso ad Assisi dagli Amici dell’Osservatorio della Pro Civitate Christiana, il 26 e 27 settembre, a cinquant’anni dall’uscita del film, proverà a farle riaffiorare con uno sguardo ampio e nelle pieghe del «già saputo». Fu veramente uno sconvolgimento interiore del poeta a generare il film?

ARTISTA COMPLESSO
Pasolini maturò la decisione di raccontare la storia del Nazareno dopo aver riletto il Vangelo «come un romanzo», in una notte «illuminata», ospite della Cittadella. Era un artista complesso e controverso, scandalizzava il mondo con il suo cinema e la letteratura, si trovava spesso in contrasto con il pensiero della Chiesa. Eppure sentiva vivo, dentro di sé, il senso religioso

IL POETA VENTENNE 
Spiega, Roberto Chiesi, critico cinematografico e responsabile del Centro studi-Archivio "Pasolini" di Bologna: «Pasolini in questa opera si confronta con il sacro, ma anche con la figura di Cristo che aveva un ruolo già importante nelle sue opere, fin dalla giovinezza. Cristo veniva evocato dal Pasolini ventenne, negli anni Quaranta e il titolo dell’incontro di Assisi, "Cristo mi chiama ma senza luce", non è altro che il verso di una poesia scritta dal giovane Pasolini in Friuli: "La domenica uliva"». 

UN’IMPRONTA MARXISTA
Il Cristo visto da Pasolini, prosegue Chiesi, «è il Cristo degli ultimi, dei poveri, dei diseredati, se vogliamo lontano dalla ricostruzione "ufficiale" che fa la Chiesa, e in un certo senso si contrappone quasi ad esso. Viene visto in un’ottica della interpretazione molto personale del marxismo, perché, dobbiamo ricordarlo, Pasolini si dichiarava ateo e marxista». 

GIUSTIZIERE DEI FARISEI
In questo senso, «non ha adattato integralmente il testo di Matteo». Infatti, spiega il critico cinematografico, «troviamo alcuni discorsi di Cristo contro l’ipocrisia, i farisei, i falsi valori, insomma siamo di fronte ad un personaggio molto duro». La frase chiave per capire la visione di Cristo è "io sono venuto per portare la spada", «che dà l’idea di una contrapposizione al mondo borghese, benestante; il Cristo degli ultimi, degli esclusi, in aperto contrasto al mondo dei farisei». 

CRISTOLOGIA IN "ACCATTONE"
La presenza di Cristo e del Vangelo, secondo una revisione del tutto personale, si evince in almeno altri tre film di Pasolini. A cominciare da "Accattone". Secondo Luciano De Giusti, docente di Storia del cinema e di Teorie e tecniche del linguaggio cinematografico all’Università di Trieste «"Accattone" apparentemente non racconta una storia evangelica, però è una storia di redenzione per ammissione dello stesso Pasolini, seppure una redenzione che avviene con la morte. Quindi, con questa opera, siamo già in un orizzonte cristiano». L’elemento che rafforza ulteriormente questa tesi è che il regista «sacralizza il personaggio, utilizzando gli strumenti di quella che chiama sacralità tecnica, sopratutto i riferimenti pittorici. In questo modo qualifica come sacro il suo personaggio e la sua vita». 

SACRALITA’ DEL PERSONAGGIO
Poi, continua De Giusti, «dà compimento a questa opera di sacralizzazione del suo personaggio con la musica sacra di Bach che interviene sempre in situazioni di violenza, ma questo perché Pasolini pensa che si tratti di una violenza sacra che è connaturale alla sua esistenza». A riprova di questo, Accattone «è a suo modo un film evangelico perché fa amare allo spettatore un personaggio che se non fosse visto attraverso lo sguardo sacralizzante di Pasolini, sarebbe detestabile e vituperabile.
E qui che pongo una domanda: c’è qualcosa di più evangelico che far amare un personaggio che di per sé sarebbe detestabile?».

ETTORE COME IL "CRISTO" DI MANTEGNA
Più in generale, i personaggi che provengono dalle borgate vengono tutti sacralizzati da Pasolini. «Quello che accade in "Accattone" – spiega il docente di storia del cinema – è ancora più netto in Ettore, il protagonista di "Mamma Roma". Nella sequenza in cui lui muore in carcere, è evidente che la morte di Ettore è sacra, cioè da vittima sacrificale come quella di "Accattone". La cosa è ancora più esplicita perché ci sono tre inquadrature ripetute in cui Pasolini mostra Ettore morente e poi morto, nella postura del "Cristo Morto" di Mantegna. Tra l’altro Pasolini scrive nella sceneggiature che Ettore è un "piccolo Cristo in croce"».

IL LADRONE DE "LA RICOTTA"
In questa progressione, il "terzo stadio", conclude De Giusti, il sottoproletario protagonista de "La Ricotta", «muore addirittura sulla croce in una perfetta imitazione di Cristo, a immagine e a imitazione di quel che accade a Cristo sulla croce. Perché si sta girando un film che è "La Passione di Cristo" e il protagonista de "La Ricotta", che impersona il ladrone buono – quello che dovrebbe morire nella Passione accanto a Cristo -, muore davvero sulla croce per indigestione». Un destino «beffardo» per un personaggio che «è sempre alle prese con la fame atavica, infatti si fa assumere come comparsa per avere il cestino di cibo che la produzione da’ a tutte le comparse». 

Questa linea, che lo studioso definisce «cristologica», progredirà sino al Vangelo. «Il Vangelo è la foce naturale di questo fiume».

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