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Il “quadrato magico”: ecco le risposte che raccontano le origini del cristianesimo

Quadrato Magico

© Public Domain

Emanuele D'Onofrio - Aleteia - pubblicato il 22/09/14

Dalla soluzione di uno dei grandi enigmi della storia della nostra religione sono emerse informazioni sorprendenti sulla vita dei primi cristiani.

Un quadrato di numeri che letti in qualunque direzione, in verticale ed in orizzontale, dà sempre lo stesso risultato. Questo strumento, che assume la qualità di “magico” quando i maghi-filosofi del Rinascimento (da Cardano ad Agrippa) ne sviluppano tanti a ripetizione come talismani per le loro indagini, ha una precisa data di nascita. O meglio, un preciso luogo di nascita, dato che i due primi esemplari conosciuti sono tra le rovine di Pompei: si tratta del quadrato originale, quello formulato da lettere che lette in tutte le direzioni danno sempre le stesse parole latine,ovverosia “Rotas-Opera-Tenet-Arepo-Sator”  (“il Seminatore Arepo Tiene le Opere e le Ruote”). Lo stesso quadrato magico, con le stesse parole, è stato rinvenuto in tantissime chiese del nostro continente – se ne può trovare uno anche nel Duomo di Siena – ma in queste versioni medievali la parola “Sator”, e cioè il soggetto, diventa la prima parola della frase. Per secoli si sono ipotizzate risposte alle tante domande che questo “simbolo” rappresenta: cosa significa questa frase e questa struttura? Perché se ne trovano così tanti nelle chiese? Quale relazione c’è con la cristianità? Una risposta è arrivata nel XX secolo, corredata di una serie di ricerche che hanno fornito notizie importanti circa la vita delle prime comunità cristiane. Qualche anno fa lo scrittore Rino Cammilleri le ha raccolte nel suo volume IlQuadrato Magico. Il mistero che dura da Duemila anni(Bur, 2004), nel quale sostiene con forza la tesi che “la possibile ispirazione divina ha permesso di profondere nel Quadrato meraviglie di significato”. Aleteia ha incontrato l’autore del libro, ora disponibile anche in versione Kindle.

È stato risolto il grande mistero del “quadrato magico”?
Cammilleri: Si, la soluzione è quella che ho sposato,  perché è corretto da un punto di vista logico prendere tra tutte le soluzioni possibili quella che ha un senso rispetto a quelle dove il senso è strampalato. La soluzione del quadrato magico è stata trovata per via anagrammatica, cioè è stato anagrammato. Cosa che aggiunge mistero a mistero, da due studiosi diversi nel 1925, due studiosi che non si conoscevano tra di loro e che hanno raggiunto entrambi lo stesso risultato. La soluzione è quella dell’anagramma, alla quale nessuno aveva pensato: un anagramma che dà come risultato due Pater Noster, con l’avanzo di due A e due O. Uno dei due studiosi, rendendosi conto che nel quadrato la lettera N ricorreva una volta sola, ed è l’unica lettera a ricorrere una sola volta, ebbe l’intuizione geniale di incrociare i Pater Noster facendo perno proprio sulla N. Egli vide che si ottiene una croce partendo dai due Pater Noster, che sono contornati da due ALFA e da due OMEGA. Per cui è un chiarissimo simbolo cristiano, criptico, che evidentemente era stato graffito a Pompei – ne sono stati trovati sue esemplari, uno mutilo e uno intero – a mio avviso proprio come segnale per i cristiani che man mano sarebbero giunti lì, che così avrebbero saputo in città c’erano dei loro correligionari. Era un segno di rassicurazione, per fargli sapere che non erano soli e che prima o poi si sarebbero incontrati con qualche altro segno; tant’è che proprio sul quadrato pompeiano, che è un graffito grande quanto una mano, un’altra persona sotto scrisse le lettere A N O, che sono proprio la chiave per risolvere il crittogramma. Qualcun altro, dunque, aveva lasciato il segnale che aveva capito. Questa è l’ipotesi di fondo che io ho assemblato mettendo insieme tutti gli elementi che sembrano univoci.

Perché i cristiani dovevano usare queste cautele?

Cammilleri: Proprio perché Pompei scompare nel 79 d.C., però tra il 64 e il 65 d.C. c’era stata la persecuzione di Nerone a Roma che aveva sterminato i cristiani in città tra cui San Pietro e San Paolo. Poiché Pompei era la città di residenza dei romani ricchi – ricordiamo che soprattutto Poppea, l’amante di Nerone era di Pompei – era opportuno che i cristiani rimanessero guardinghi e defilati. Questo anche se la persecuzione riguardò soltanto i cristiani di Roma, ai quali Nerone attribuì l’incendio che lui stesso aveva provocato e che evidentemente gli era sfuggito di mano. È probabile che Poppea fosse una proselita giudaica e che lei stessa abbia poi contribuito a suggerire l’idea di usare i cristiani come capri espiatori. Ricordiamo che per gli ebrei ortodossi a quell’epoca il cristianesimo era un’eresia, infatti noi vediamo che San Paolo nelle sue predicazioni comincia dalle sinagoghe dalle quali viene costantemente cacciato. C’era un odio molto forte.

Quali informazioni ci dà questa soluzione sulla vita dei primi cristiani?
Cammilleri: Ce ne dà diverse. Intanto, che certamente non si vergognavano della croce sebbene fosse un patibolo: fin dall’inizio il culto della croce è presente. D’altra parte nelle Lettere di San Paolo troviamo una continua esaltazione di questo culto, quando lui dice di gloriarsi “unicamente nella Croce di Cristo”, o quando dice “non vedo altro che Cristo Crocifisso”. Della Croce, contrariamente, a quello che si è pensato per molto tempo, non ci si vergognava. La Croce non spuntò da un momento all’altro quando Costantino la sdoganò, dopo il 313 d.C., ma fin da subito i cristiani considerarono la Croce come il loro segno, e il segno del Figlio dell’Uomo. Poi  veniamo a sapere che la loro lingua era il latino: si è sempre creduto che i cristiani usassero il greco, la lingua franca di allora, come lingua liturgica, e invece qui si vede che usavano la lingua del luogo i cui si trovavano, quindi il greco in Asia e il latino in Italia. Poi c’è l’onore subito riservato al Pater Noster, l’unica preghiera che Gesù ha insegnato. Infine l’Alfa e l’Omega. A qualche studioso questi due simboli nel “quadrato” creavano qualche difficoltà, perché sostenevano che l’alfa e l’omega spuntano nell’Apocalisse per la prima volta, e che l’Apocalisse appare solo verso il 100 d.C. mentre Pompei scompare ne 79. Ma l’obiezione qui è facile, San Giovanni non poteva usare simboli sconosciuti a quelli che lo leggevano. L’alfa e l’omega erano noti come inizio e fine. Non dimentichiamo che prima di Leonardo Fibonacci nel XIII secolo i numeri non erano arabi, ma erano lettere: quindi Cristo dicendo di sé “io sono l’alfa e l’omega” voleva dire io sono il primo e l’ultimo, perché si riferiva alle lettere dell’alfabeto.

Da simbolo “ispirato” il quadrato magico diventa diffusissimo in epoca moderna, perché?
Cammilleri: Il fatto è che di quadrati magici, specie nel ‘500 e nel ‘700, ne sono stati fatti tantissimi. Ma questo è l’unico che ha superato i secoli e che ancora oggi incuriosisce: lo ritrovo sulle insegne, sulle etichette di certi vini, colpisce come ha sempre colpito, e soprattutto è molto più antico di quelli che escogitavano i maghi e i filosofi rinascimentali, proprio perché ne abbiamo due esemplari a Pompei. E soprattutto, prima del cristianesimo non abbiamo alcuna traccia di questo quadrato. Gli antichi usavano molti di questi giochetti, ma è stato calcolato che è molto difficile fare un palindromo di cinque lettere, tanto più con tutti quei simboli: il Tenet al centro che forma una croce, la croce che tiene l’intero quadrato e che termina con due “T” che sono due tau, ogni tau è circondato da un’alfa e da un omega, e poi l’anagramma che dà i due Pater Nostri messi in croce. Qualcuno ha calcolato al computer che le probabilità di realizzare un simbolo così ricco è uno elevato alla ventiduesima, cioè una cifra per i matematici è vicinissima allo zero, mentre per la gente normale è zero. 

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