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Papa Francesco allenta le regole presiedendo il matrimonio di coppie conviventi?

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AP Photo/Alessandra Tarantino

Catherine Ruth Pakaluk - pubblicato il 19/09/14

I pro e contro di offrire il matrimonio sacramentale ai conviventi che vivono in una cultura non catechizzata

Il New York Times ha pubblicato un articolo intitolato “Beyond Marriage” che racconta una storia di alti tassi di convivenza e di nascite fuori dal matrimonio e di matrimoni che spariscono come norma sociale. Lo stesso giorno, papa Francesco ha presieduto il matrimonio di venti coppie, alcune delle quali convivevano e in almeno una delle quali la sposa aveva avuto un figlio fuori dal matrimonio.

Nessuno nei media è sembrato sorpreso o oltraggiato dai fatti riportati in "Beyond Marriage", ma le azioni di papa Francesco hanno suscitato la frenesia mediatica. Sta allentando le regole? Sta superando i confini in vista del Sinodo straordinario sulla famiglia di ottobre?

Possiamo mettere da parte la domanda relativa all’ipotesi che una coppia possa essere ammessa al matrimonio sacramentale se convive. La risposta è ovviamente sì, visto che nessuna legge impedisce un matrimonio di questo tipo (Codice di Diritto Canonico, canoni 1073-1094)

La domanda interessante è in realtà se debbano essere sposati durante la convivenza. E questo è un argomento pastorale con ragioni piuttosto inoppugnabili da entrambi i lati.

Consideriamo prima le argomentazioni contro l’ammissione al matrimonio delle coppie che convivono. Queste argomentazioni si basano sull’idea che le coppie conviventi, per definizione, non comprendono la natura del matrimonio. All’estremo, questa argomentazione potrebbe essere perfino usata per opporsi alla sua stessa validità.

Un filosofo cattolico e mio amico l’ha posta in questi termini: “Mi chiedo se non potrebbe essere montata un’argomentazione di diritto canonico, o più precisamente un’argomentazione contro la validità, in questo modo:

1.Non puoi essere validamente sposato se non riconosci che l’impegno deve essere totale.
2. Non puoi riconoscere l’impegno totale se non pensi che i rapporti sessuali siano sotto la legge di Dio.
3. Se convivi, non puoi considerare i rapporti sessuali sotto la legge di Dio.
4.
È difficile credere che un singolo atto (ad esempio il voto matrimoniale) cambi l’intenzione e le convinzioni di una persona che ha vissuto per un lungo periodo di tempo in un certo modo

In altre parole, per la loro stessa storia, i conviventi minano le condizioni richieste per contrarre un matrimonio valido. Questi matrimoni potrebbero essere ipso facto annullabili.

Quali sono le possibili argomentazioni a favore dell’ammissione delle coppie conviventi al matrimonio? In questo caso si basano su tre idee:

1. Il matrimonio è un’istituzione naturale verso la quale le persone tendono in qualche modo in ogni cultura (ad esempio formando unioni domestiche).

2. Visto che si tende naturalmente ad esso, evitare la regolarizzazione di accordi domestici porrebbe un peso irragionevole sulle persone.

3. Il matrimonio di coloro che vogliono fare un voto matrimoniale proprio – in qualsiasi modo siano arrivati a questa volontà – può essere inteso come un passo sulla via della piena conversione, e non come il premio per la conversione già raggiunta.

La copertura da parte dei media della cerimonia in Vaticano ha riferito che uno degli sposi ha detto: “Quando abbiamo scoperto che stava accadendo, che non era un sogno, ci ha trasformati”.

L’autrice cattolica convertita Calah Alexander ha espresso un’esperienza simile in un post recente:

“Credo con tutto il cuore che qualsiasi altra via rispetto a quella che ci ha indicato il nostro sacerdote sarebbe finita in un disastro per la nostra famiglia. ‘Terra bruciata’ è una definizione piuttosto adeguata per ciò che sarebbe rimasto di noi tre se mio marito ed io fossimo stati pressati e intimiditi nel cercare di correggere la nostra vita all’istante. […] anche essere sul sentiero più lento possibile a causa del peccato mortale era quasi troppo per noi. […] Guardando indietro, vedo due persone che cercano di liberarsi dal peccato senza grandi speranze di successo, ma con la fiducia incrollabile di un sacerdote gentile e affettuoso a guidare i nostri passi”.

Che tipo di pastorale è meglio, allora? Supponendo di affrontare una cultura cristiana in cui la gente sa – sente e ha capito – cosa sia il matrimonio, allora la via migliore può davvero implicare il fatto di chiamare le coppie alla riforma, a pregare e a studiare prima di prendere in considerazione il matrimonio. E credo che al giorno d’oggi ci siano alcune comunità, come quella nella quale sono cresciuta, in cui questa descrizione suona ancora come vera. Da bambina, ho avuto la benedizione di conoscere molte famiglie che vivevano la chiamata di Dio al matrimonio e alla famiglia con fede e fecondità. Dall’altro lato, se viviamo in un mondo in cui le coppie che cercano il matrimonio non hanno mai capito cosa voglia dire essere sposati – se sono quasi del tutto prive di catechizzazione, evangelizzazione e conversione –, allora l’approccio giusto potrebbe essere più simile a quello dei missionari nelle nuove terre. È molto difficile immaginare che chiederebbero alle popolazioni locali di astenersi dal vivere in modo coniugale, pentirsi e solo allora sposarsi in modo adeguato.

Si potrebbe obiettare, ovviamente, che questi nativi non conoscevano il Vangelo. Non avevano il catechismo. Non potevano aver peccato vivendo insieme senza essere propriamente sposati. E io direi che è proprio questo il punto. Per cui si arriva alla domanda relativa a quale tipo di mondo pensiamo di abitare.

Credo che possiamo leggere quando descritto nel New York Times come argomentazione piuttosto decisa del fatto che viviamo in un mondo simile a quello trovato dai missionari, e questo è scoraggiante quando consideriamo i sacrifici fatti da questi grandi uomini e donne. In questa vita, però, non c’è nulla che garantisca che le culture progrediscono sempre. Se c’è infatti una norma, è che le culture nascono e crollano. Non c’è alcuna marcia gioiosa sempre in avanti.

E papa Francesco? Penso che la Evangelii Gaudium sia un’apologia per eccellenza di ciò che ha in mente. Nel testo ci dice piuttosto chiaramente quale tipo di mondo pensa che sia il nostro: un mondo in cui dobbiamo “porre tutto in chiave missionaria” (EG, 34).

È davvero difficile pensare che il papa non avesse in mente la cura pastorale delle coppie quando ha scritto:

“ci sono norme o precetti ecclesiali che possono essere stati molto efficaci in altre epoche, ma che non hanno più la stessa forza educativa come canali di vita. San Tommaso d’Aquino sottolineava che i precetti dati da Cristo e dagli Apostoli al popolo di Dio «sono pochissimi». Citando sant’Agostino, notava che i precetti aggiunti dalla Chiesa posteriormente si devono esigere con moderazione «per non appesantire la vita ai fedeli» e trasformare la nostra religione in una schiavitù, quando «la misericordia di Dio ha voluto che fosse libera»” (EG, 43).

Il pontefice prosegue affermando che “queste convinzioni hanno anche conseguenze pastorali che siamo chiamati a considerare con prudenza e audacia. Di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori. Ma la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa” (EG, 47).

E conclude: “Usciamo… mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: «Voi stessi date loro da mangiare» (Mc 6,37)”.

Catherine Ruth Pakaluk è assistente di Economia presso l’Ave Maria University, Faculty Research Fellow presso lo Stein Center for Social Research e Senior Fellow in Economia presso l’Austin Institute for the Study of Family and Culture. La sua ricerca si concentra sui settori della demografia, del genere, degli studi sulla famiglia e dell’economia dell’educazione e della religione. Lavora anche sull’interpretazione e la storia del pensiero sociale cattolico. Ha conseguito un dottorato in Economia presso l’Università di Harvard (2010). Vive ad Ave Maria, in Florida, con il marito Michael e i loro sette figli.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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