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Vuoi sapere cos’è la prudenza? Impara da San Giuseppe

Pope Contemplate St. Josephs greatness of soul Eric E Castro – it

Eric E Castro

Centro de Estudios Católicos - pubblicato il 17/09/14

Non voler avere sempre ragione, non precipitare, valutare con oggettività, prevedere con intelligenza sono le caratteristiche di una persona prudente

Una riflessione dell’allora cardinale Ratzinger su San Giuseppe, sposo della Vergine Maria, ci fa capire la sfida che suscita la prudenza, che consiste nella vigilanza interiore e nel coltivare la capacità di agire bene e prendere decisioni corrette, di modo da evitare errori di cui poi pentirci. Il cardinale Ratzinger segnalava San Giuseppe come modello di prudenza, tutto il contrario rispetto a chi agisce in modo precipitoso, guidato da impeti non tempestivi.

La prudenza messa in atto da persone come San Giuseppe rappresenta una virtù cardinale di ordine pratico che ci aiuta a operare rettamente, favorendo la scelta dei mezzi che portano alla nostra perfezione. È l’“auriga virtutum” – conduttrice di virtù –, come l’ha definita San Bernardo da Chiaravalle, perché mette in azione numerose capacità umane come l’umiltà, l’ascolto e il discernimento. Per questa ragione, alcuni autori la ritengono una virtù fondamentale, forse la più importante tra quelle “cardinali”, perché le altre, come la giustizia, la fortezza e la temperanza, dipendono da questa.

La prudenza ci lega oggettivamente alla realtà, esigendo una conoscenza della verità che permette di fare il bene. È una virtù che si guadagna con il tempo. Per questo papa Benedetto XVI affermava che la prudenza è una cosa molto diversa dall’astuzia.

La prudenza è una virtù essenziale per la vita cristiana. Secondo San Tommaso d’Aquino, rappresenta “la virtù più necessaria per la vita umana”, perché è una facoltà che impegna le nostre azioni e il modo in cui ci comportiamo.

Ci allontana dal trionfalismo come dal pessimismo. Piuttosto, ci aiuta ad avvicinarci alla realtà, cercando diversi fattori o elementi per agire rettamente, avendo come prospettiva la speranza che porta la fede nella vittoria del Signore e nelle sue promesse. In questo contesto, la prudenza è intimamente unita alla verità. L’uomo prudente è quello che fa della verità il suo principale criterio d’azione. La prudenza esige un’intelligenza disciplinata e vigilante, che non si lascia trasportare dai pregiudizi, che non giudica secondo i suoi desideri e le sue passioni, ma cerca sempre la verità, anche se questa risulta scomoda.

Per crescere nella prudenza è fondamentale crescere anche in umiltà. Il difetto contrario è l’imprudenza, che include l’essere precipitosi, l’impulsività, la sconsideratezza, l’incostanza. In poche parole, la mancanza di controllo sulle passioni. L’umiltà ci aiuta ad accettare che, come afferma David Isaacs, “tutti abbiamo qualche tipo di mania piccola o grande, e questo può influire sulla visione obiettiva di ogni situazione”.

La prudenza ha bisogno di essere coltivata in modo costante e paziente. “Si tratta”, aggiunge Isaacs, “di discernere, di avere criteri, di giudicare e decidere (…). Per conoscere la realtà, servirà in primo luogo volerla conoscere e riconoscere che non si possiede tutta la verità. La persona autosufficiente e superba può considerare la propria capacità di conoscere la verità così superiore da non aver bisogno di mettere in dubbio i propri apprezzamenti iniziali, né di cercare di corroborare le informazioni di cui può disporre. L’atteggiamento che cerchiamo è quello in cui, senza sminuire il valore del proprio giudizio, la persona riconosce i propri limiti e cerca di apprezzare oggettivamente i dati che possiede”.

Per acquisire la prudenza abbiamo bisogno del consiglio, del giudizio e del dominio. San Tommaso sottolineava che un buon consiglio può evitare un’azione precipitosa. L’adeguata capacità di giudizio si contrappone alla sconsideratezza, e il dominio guida la volontà ordinata, riscattandoci dall’incostanza. Tra gli elementi necessari per l’azione prudente c’è la docilità, che è il riconoscimento della nostra ignoranza. Joseph Pieper specificava che la docilità è “sapersi lasciar dire qualcosa”. Criticava anche fermamente la mancanza di disciplina e la mania di “avere sempre ragione”, che in fondo sono modi di opporsi alla verità.

Le persone prudenti imparano a coltivare la “solerzia” o “sagacia”, ovvero l’“oggettività di fronte all’inatteso”. Un antico detto afferma che le battaglie vittoriose hanno molti “generali”, le sconfitte nessuno. Un buon generale sa perfettamente che le sfide quotidiane superano facilmente i migliori progetti. È impossibile anticiparsi e pianificare tutto ciò che è imponderabile. Piuttosto, la persona prudente impara ad affrontare le situazioni impreviste con flessibilità, sagacia, perspicacia, abilità e ingegno, che non può confondersi con il relativismo o la cosiddetta “etica della situazione”.

La prudenza ha bisogno di circospezione, perché vincola principi e circostanze. Visto che la vita umana si sviluppa attraverso situazioni concrete, è necessario analizzarle e incanalarle. Com’è proprio della previsione scoprire ciò che è di per sé conveniente allo scopo, osservava San Tommaso, la circospezione considera se questo è conveniente allo scopo considerando le circostanze attuali.

È necessaria anche cautela perché la bontà e la cattiveria si mescolano nei fatti contingenti. La precauzione ci aiuta a scegliere ciò che è meglio, mentre evitiamo i mali che impediscono l’effettiva realizzazione del fine maggiore. Seguendo San Tommaso, possiamo concludere che la prudenza ha bisogno del nostro miglior ragionamento. Meditando la parabola del Signore Gesù sulle vergini prudenti, possiamo avere l’impressione affrettata per cui sembrava ovvio prevedere la necessità dell’olio se la processione nuziale doveva svolgersi a notte inoltrata. Ancora una volta, però, stiamo pensando con il senno di poi. Proprio Gesù definisce le imprudenti “stolte”, perché erano imbevute delle proprie abitudini superbi e compiacenti. Un “lusso” che nessuna persona responsabile e con il desiderio di crescere nella virtù può permettersi.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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