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Sinodo della Famiglia: verità e misericordia non sono incompatibili

Familia con tres hios – it

© Frédéric de Villamil

Ramiro Pellitero - pubblicato il 16/09/14

Si tratta di riflettere dalla dottrina alla vita e allo stesso tempo dalla vita alla dottrina

La nostra società è molto sensibile all’autenticità, soprattutto come valore umano. Si apprezzano le persone che vivono davvero in base a ciò che pensano e si sforzano di riflettere partendo da ciò che vivono. Sappiamo anche che non è facile essere così coerenti, e forse per la maggior parte questa è più una meta che una realtà.

In occasione del prossimo Sinodo sulla famiglia bisogna riscoprire il rapporto tra dottrina e vita, o “pastorale”. Si tratta di una relazione essenziale e necessaria, perché non bisogna separare questi due aspetti del cristianesimo, come non bisogna mettere da un lato la verità e dall’altro la carità e la misericordia.

Approfondiamo questo rapporto tra dottrina e vita cristiana, tenendo conto del fatto che tutto deriva dalla Persona di Cristo e che il Vangelo è sia dottrina che vita, vita e dottrina, allo stesso tempo verità e carità.

1. Sia la dottrina che la vita cristiana si centrano in Cristo
È già celebre l’espressione di Benedetto XVI nella sua prima enciclica: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (Deus caritas est, n. 1).

Tutto ciò che è cristiano – sia la fede che i sacramenti e la carità, sia la dottrina che la vita cristiana – si centra, si vive e si intende a partire dalla Persona di Cristo, dall’incontro con Lui e dalla vita con Lui e in Lui mediante lo Spirito Santo. Se a livello umano l’essere viene prima del fare, la nostra vita con Cristo è la condizione per sapere come agire nella nostra vita di relazione con Dio, con gli altri e con le realtà che ci circondano. Non bisogna “condurre come una doppia vita: la vita interiore, la vita di relazione con Dio da un lato e dall’altro, distinta e separata, la vita familiare, professionale e sociale, piena di piccole realtà terrene” (San Josemaría Escrivá, Conversaciones, n. 114).

L’agire segue l’essere. La tradizione filosofia cristiana antepone il logos all’ethos, colloca la metafisica e l’antropologia prima dell’etica. Il messaggio del Vangelo propone, da un lato, di comprendere e conoscere in cosa consiste vivere con Cristo, per poter agire come Lui e con Lui. Allo stesso tempo, propone di vivere con Cristo per poter comprendere e conoscere ogni giorno meglio Dio e il suo amore per noi.

2. Il vivere precede il pensare, e il pensare determina il vivere
Così si spiega che molti cultori della teologia pratica (teologia morale e spirituale, teologia pastorale) si sforzino di segnalare che le loro discipline non devono essere elaborate semplicemente come mere “applicazioni” del dogma cristiano. Serve uno sguardo di fede, uno sguardo teologico, alla realtà della vita cristiana, del matrimonio e della famiglia cristiana che, alla luce del dogma e della morale cristiana, sia capace di aiutare in modo più concreto ed efficace in questi campi. Questo ci ha chiesto Francesco, e per questo ha voluto il prossimo Sinodo sulla famiglia in due tappe, nel 2014 e nel 2015.

Non si tratta, quindi, di opporre la dottrina sul matrimonio alla pastorale matrimoniale e familiare, ma di riflettere dalla dottrina alla vita e allo stesso tempo dalla vita alla dottrina. Così potremo dedurre le implicazioni pastorali o pratiche della dottrina cristiana per la nostra epoca, e allo stesso tempo le situazioni concrete che stanno vivendo le coppie e le famiglie cristiane ci aiuteranno a comprendere sempre meglio – come è accaduto nella storia del cristianesimo – la dottrina cristiana.

3. La questione di fondo è il rapporto tra verità e carità


Come ha affermato lucidamente Benedetto XVI, comprendere questa relazione presuppone il fatto di ricordare chi siamo e come siamo stati salvati. La verità piena è l’amore di Dio manifestato in Cristo. La verità non è mera dottrina, né la carità è mero sentimento. Verità e carità si esigono reciprocamente (cfr. enciclica Caritas in veritate, nn. 1-4).

“In Cristo”, segnalava il cardinale Joseph Ratzinger poco prima di diventare papa, “coincidono verità e carità. Nella misura in cui ci avviciniamo a Cristo, anche nella nostra vita, verità e carità si fondono. La carità senza verità sarebbe cieca; la verità senza carità sarebbe come ‘un cembalo che tintinna’” (Missa pro eligendo Romano Pontifice, 18-IV-2005). Questa, affermava, è la formula fondamentale dell’esistenza cristiana.

Tra la fede e la carità c’è un ordine e uno stretto legame: “La fede precede la carità, ma si rivela genuina solo se è coronata da essa” (Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima 2013). La dottrina cristiana può essere pienamente compresa solo se viene vissuta: “La fede conosce in quanto è legata all’amore, in quanto l’amore stesso porta una luce. La comprensione della fede è quella che nasce quando riceviamo il grande amore di Dio che ci trasforma interiormente e ci dona occhi nuovi per vedere la realtà” (Enciclica Lumen fidei, n. 26). Ed è così perché l’amore – e la sua concretizzazione nella misericordia – è per il cristiano la principale fonte di conoscenza.

Per questo, la prima cosa che la Chiesa fa è insegnare, con l’esempio dei santi, la pratica dell’amore e della misericordia nei confronti dei bisognosi, e da lì, come conseguenza, sorge il messaggio della saggezza cristiana (cfr. Francesco, Udienza generale 10-IX-2014), perché “l’essenza dell’essere cristiano non è il sapere ma l’amore” (Giovanni Paolo II, Omelia nella beatificazione di Edith Stein, 1-V-1987). In effetti, la verità che libera pienamente è solo l’unione con l’amore di Cristo.

Se vogliamo comprendere meglio la dottrina cristiana sul matrimonio e la famiglia dobbiamo sforzarci di viverla a fondo, con carità e misericordia. E se vogliamo fare questo, dobbiamo conoscere bene la sostanza della dottrina.

4. Tutto ciò porta a valorizzare le necessaria distinzione tra il deposito della fede e le sue espressioni mutevoli
(cfr. Giovanni XXIII, allocuzione Gaudet Mater Ecclesia, all’inaugurazione del Concilio Vaticano II, 11-X-1962), distinzione fondamentale per comprendere l’intima relazione tra la dottirna e la pastorale. Il senso della pastorale – ovvero l’attenzione ai battezzati da parte dei loro pastori nel contesto della missione della Chiesa per il mondo – è aiutare a vivere la dottrina cristiana in questo determinato tempo e luogo, di modo che l’amore per Dio e per il prossimo possa trasformarci in persone migliori, abbracciando la perenne novità del Vangelo.

Di conseguenza, non servirebbe a nulla una pastorale che, con la scusa di fare appello alla vita, alla carità o alla misericordia, pretendesse di cambiare la sostanza della dottrina cristiana, né servirebbe, con l’intenzione di mantenere la fedeltà alla dottrina, trascurare le circostanze concrete e le esigenze della vita, e la misericordia come espressione principale della carità (cfr. San Tommaso, S.Th II-II, q.30, a. 4, e Francesco, esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 37).

La relazione tra dottrina e vita, tra verità e misericordia, tra l’essenza della fede e ciò che varia nelle sue espressioni o implicazioni pastorali non risulta sempre facile. Per spiegarlo abbiamo il Magistero della Chiesa come guida garantita dall’assistenza dello Spirito Santo. Allo stesso tempo, mediante la preghiera, lo studio e il dialogo, tutti noi cristiani possiamo e dobbiamo contribuire alla missione della Chiesa in ciò che si riferisce al ruolo delle coppie e delle famiglie cristiane nel contesto della nuova evangelizzazione.

Ramiro Pellitero
Docente di Teologia presso l’Università di Navarra

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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