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Colpa delle stelle

The Fault in our stars

© Public Domain

Family Cinema TV - pubblicato il 15/09/14

Solidarietà ed altruismo nella difficile storia dei due giovani protagonisti malati di cancro. Un bel film che consigliamo

di Franco Olearo

Di film che cercano di commuovere gli spettatori raccontando  una storia d’ amore che termina tragicamente con  la morte di uno dei due amanti a causa di una malattia incurabile, ce ne sono stati tanti; i fiumi di lacrime che vengono versati, i fazzoletti  consumati  testimoniano il perenne successo di queste pellicole. Vorrei  ricordare, come caratteristici di questo filone,  Love story (1970) e Autunno a New York (2000).

Colpa delle stelle sembra voler raddoppiare l’effetto: non uno, ma entrambi gli innamorati sono malati di cancro (lei ai polmoni, lui alle ossa)  e fin dall’inizio ci domandiamo chi dei due morirà per primo. Anche per vedere questo film è opportuno portarsi un’ampia scorta di fazzoletti ma nonostante questo inevitabile “difetto”, la grande abilità narrativa del  regista e la contagiosa simpatia dei due protagonisti rendono il racconto interessante  e gradevole.

Hazel e Gus sono giovani e come tali si mostrano sempre pronti a sorridere e scherzare ma la sceneggiatura (ricavata dal best seller omonimo di John Greene) li rende attraenti perché ce li mostra dotati  di alcune insolite virtù: solidarietà e altruismo.

“La cosa peggiore di morire di cancro è avere una figlia che muore di cancro” pensa Hazel che si preoccupa  più di quello che provano i suoi genitori che di se stessa. Ciò che la rattrista è il pensare a cosa faranno quando lei, figlia unica, non ci sarà più e quando scopre che stanno frequentando un corso di assitenti sociali per poter aiutare in seguito altre famiglie che si trovano nella loro stessa situazione, Hazel li abbraccia felice.

Anche Gus non lascia da solo un istante il suo amico Isaac; a causa del cancro diventerà presto cieco e Gus cerca di confortarlo e distrarlo durante i momenti di sconforto. “Parlami” è la frase che ricorre più volte fra questi ragazzi dalla vita breve: il chiudersi in se stessi è la cosa peggiore che possa capitare all’interno del loro piccolo  circuito di solidarietà.
Verso metà del film la visita di Hazel e Gus alla casa di Anna Frank  attiva in modo manifesto un  parallelo del loro atteggiamento con quello di quella ragazza che serenamente affrontò il suo dramma non dimenticando mai che “nonostante tutto la gente ha un cuore buono” .

Un altro aspetto che caratterizza questo originale lavoro è il fatto che i due ragazzi non evitano di soffermarsi sulla loro condizione ma ne parlano apertamente. Entrambi cercano di dare un senso alla loro vita: partono da posizioni diverse ma poi l’uno finisce per comprendere e assimilare le rispettive posizioni, realizzando quella intesa profonda che finirà per sfociare in amore.

Quando Hazel si allontana da Gus perché la sua malattia sta peggiorando e vuole evitargli ulteriori sofferenze,  lui risponde che per lui “sarebbe un privilegio avere un cuore a pezzi per te”. Quando sarà poi lui a sentirsi triste perché si accorge che nella sua vita non è riuscito a diventare famoso e il suo destino sarà il completo oblio, sarà lei ad arrabbiarsi facendogli notare che  lui è importante per lei e ciò gli deve bastare.

In due hanno modo di aiutarsi a vicenda anche quando cercano di approfondire il  tema della vita dopo la morte.
Se lei preferisce restare scettica, lui rigetta questa prospettiva: Gus si sente innamorato e non può sopportare che il suo amore sia “un grido nel vuoto”.  In un altro confronto fra loro due sarà lei a riconoscere che il loro amore ha un sapore di infinito: “mi hai regalato un per sempre in un numero finito di giorni”.

Il tema dela fede non è mai affrontato in modo esplicito ma è presente nel film solo come allusione discreta:   nella figura del  moderatore del gruppo di sostegno che cerca di parlare di Gesù ai suoi malati, nei funerali religiosi.
Il film non riesce sempre ad evitare di sfociare nel patetico (Gus, prima di morire, vuole ascoltare i discorsi funebri che i suoi amici hanno preparato per lui), qualche zuccherosa romanticheria (“abbiamo imbottigliato tutte le stelle per voi” dice il cameriere ai due innamorati nel versare dello champagne) o insostenibili “americanate” , come quando il loro bacio in un luogo pubblico scatena l’applauso di tutti i presenti.

Alla fine un incasso in U.S.A. di 124 milioni di $ su un budget di 12 milioni sta a dimostrare come anche temi difficili come quello delle  malattie incurabili riesca a far breccia nel pubblico, grazie a due attori perfettamente nella parte, un bravo regista e un libro di riferimento scritto da chi è stato capace di scavare in profondità sul tema. 

Qui l’originale

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