A volte molti non entrano perché temono il nostro rifiuto, temono il giudizio e la condanna
Il Signore ci manifesta il suo amore e ci assicura la sua presenza nel cammino: “In verità vi dico: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Matteo 18, 15-20).
Gesù ci invita a chiedere, perché Egli è in mezzo a noi, perché non ci dimentica. Questa promessa è piena di speranza. Quando in due o tre ci riuniamo nel suo nome, Egli si fa presente, si avvicina, ci abbraccia. È nella nostra preghiera, si rende presente tra le nostre paure e preoccupazioni, ci porta la pace. È la forza della preghiera comunitaria. È l’espressione di un’unità impossibile da raggiungere solo con le nostre forze. Lì, tra noi, quando è Lui che ci convoca, c’è Gesù. Riunirci nel nome del Signore è la condizione. Quando Egli ci riunisce, si rende forte l’unione. È la comunione vera che nessuno può spezzare. Lo Spirito di Cristo ci unisce per sempre. Egli è in mezzo a noi ogni volta che ci uniamo nel suo nome, per Lui. Mi piace questa immagine.
Gesù in mezzo a noi. Gesù che ci unisce in un abbraccio. Molte volte non valorizziamo la forza di questa promessa. Egli non si disinteressa della nostra vita. È presente quando facciamo comunità, quando siamo Chiesa. Tertulliano diceva che non c’è un cristiano solo. Perché uno può essere cristiano solo in Cristo e Cristo è comunione, perché in Lui ci siamo tutti. In Lui siamo Chiesa, non uomini solitari. Un cristiano non può vivere in solitudine la sua comunione con Cristo. Vive sempre unito ad altri uomini con i quali cammina.
Per questo, ogni volta che preghiamo, anche se siamo soli, Cristo ci unisce a tutta la Chiesa. Ci rende Chiesa nella nostra preghiera piccola e fragile. Manifesta il suo potere nella nostra impotenza. La nostra preghiera personale e comunitaria rende presente Cristo tra gli uomini. Gesù ci viene incontro sulla via, ci parla, ci abbraccia. Nella preghiera impariamo ad ascoltare, a vedere, a comprendere, a guardare. La nostra preghiera è il cammino perché Cristo si renda presente. Ci lamentiamo con tristezza della nostra fragilità a pregare. Cristo è presente dove ci riuniamo nel suo nome. Non ha bisogno di una preghiera di qualità. Gli basta che esprimiamo il desiderio di stare con Lui, di camminare al suo fianco. La nostra impotenza, la nostra debolezza, commuove il cuore di Gesù che si abbassa, che viene da noi, al nostro fianco.
Non so se è per colpa dei nostri pregiudizi, o delle nostre individie, o del nostro spirito competitivo. Non so se è per le nostre ferite o per quella sensazione che abbiamo nel profondo di non valere tanto come vorremmo. Ciò che è certo è che ci costa accettare tutte le persone per come sono. Ci costa accettare il diverso, quello che è meglio di noi in qualche aspetto, quello che non la pensa allo stesso modo, quello che non si comporta come speravo. Ci costa accettare chi ci ha ferito, chi ci ha esclusi in qualche occasione.
E così, quasi senza rendercene conto, costruiamo muri, separiamo, dividiamo, escludiamo, rifiutiamo, giudichiamo, condanniamo. Il nostro cuore non è quel luogo in cui tutti possono sentirsi accettati in modo incondizionato. Nel Cammino di Santiago torno sempre a sperimentare che lì tutti sono accettati indipendentemente da dove vengono, da che lavoro fanno, da ciò a cui dedicano la propria vita, dalla loro situazione familiare. C’è una domanda che in genere non si pone a meno che la fiducia non lo permetta: cosa fai nella tua vita di tutti i giorni? A cosa ti dedichi? Non c’è un’indagine previa. Non si accettano le persone per la loro posizione economica, per il loro modo di vestire, per le loro amicizie, per la loro posizione sociale, per la loro lingua. Nel Cammino non ci sono differenze. Gli stessi ostelli, lo stesso equipaggiamento, gli stessi percorsi, lo stesso sforzo, la stessa vita ogni giorno.