Esperti parlano della minaccia rappresentata dall'ISIS e di cosa dobbiamo fare
Il Presidente Barack Obama ha parlato al pubblico americano per spiegare la sua strategia per combattere la crescente minaccia rappresentata dall’ISIS.
Per mesi, i leader cristiani in Medio Oriente hanno implorato aiuto al mondo per combattere questa minaccia, per loro assai reale. Insieme ad altre minoranze religiose fuggono dall’organizzazione islamista, nota anche come Stato Islamico. A poco a poco, il mondo si è svegliato davanti a questa realtà, soprattutto dopo che il gruppo ha decapitato due giornalisti americani.
Ora si teme che l’organizzazione terroristica – che si è sviluppata al punto da essere quasi uno Stato – stia minacciando i Paesi occidentali nei loro stessi territori.
Le potenze occidentali hanno iniziato a rispondere militarmente. Papa Francesco ha detto che l’aggressore in Iraq deve essere fermato, anche se ha aggiunto “Non dico bombardare, fare la guerra”. Alcuni cristiani paragonano la situazione attuale all’ascesa del nazismo e alla sua minaccia nei confronti delle minoranze religiose. A loro avviso, non abbiamo imparato dal disastro capitato agli ebrei negli anni Trenta e Quaranta del Novecento. Altri adottano un approccio più pacifista.
In occasione del 13° anniversario degli attacchi di Al Qaeda in America dell’11 settembre 2001, abbiamo chiesto a dei commentatori cattolici di condividere le proprie idee su come dovrebbero rispondere i cristiani. Ecco alcune delle risposte.
Russell Shaw, autore cattolico e commentatore
"È chiaro che è necessaria l’azione militare per fermare questi fanatici. Tutta la regione, come anche l’Occidente, sarà in pericolo se non verranno fermati. Il Presidente Obama sta cercando di creare una coalizione per l’azione, ed è altamente auspicabile. Gli Stati Uniti non sono l’unico Paese interessato, e – se hanno un minimo senso di interesse personale – molti Paesi arabi dovrebbero unirsi allo sforzo. Ma indipendentemente dal fatto che sia una coalizione grande o piccola, saranno gli Stati Uniti a doverla guidare. Confido che la ben nota diffidenza del Presidente non lo impedirà.
Non ho idea di cosa intendesse Papa Francesco escludendo sia i bombardamenti che la guerra, dando allo stesso tempo la sua benedizione per fermare l’aggressore. È ovvio che per raggiungere uno scopo devi usare dei mezzi. Forse era solo il suo modo per dire “Non usate più violenza di quella necessaria, e cercate di evitare di uccidere i non combattenti”. In questo caso, sono pienamente d’accordo.
Al di là della crisi immediata, gli Stati Uniti e i loro partner devono prendere seriamente in considerazione i motivi che favoriscono la comparsa di gruppi come l’ISIS e iniziare a intraprendere passi di ampia portata per correggerli. In caso contrario, ci troveremo di fronte alla triste prospettiva di vedere situazioni di questo tipo ripetersi all’infinito."
Anne Hendershott, direttore del Centro Veritas per l’Etica nella Vita Pubblica presso l’Università Francescana di Steubenville, Ohio. È coautrice, con Christopher White, di "Renewal: How a New Generation of Priests and Bishops are Revitalizing the Church."
"Avendo appena pubblicato un libro che loda il coraggio di quella che definiamo una “nuova generazione” di sacerdoti e vescovi che stanno rivitalizzando la Chiesa, sono rimasta delusa dal fatto che tanti di loro siano rimasti in silenzio di fronte alla minaccia rappresentata dai barbari dello Stato Islamico. Forse temono che verranno accusati di critica all’islam. Il reverendo Amel Shimoun Nona, arcivescovo caldeo di Mosul in esilio, ha però avvertito che se non comprendiamo la minaccia che presenta l’islam “anche voi [in Occidente] diventerete vittime del nemico che avete accolto a casa vostra”. Dobbiamo superare la paura di quello che gli altri possano pensare di noi e condannare la barbarie dell’islam radicale e la minaccia rappresentata da coloro che vogliono danneggiarci."
Jude Huntz, direttore dell’Ufficio per la Pace e la Giustizia dell’arcidiocesi di Chicago.