“La fecondazione assistita non cura, anzi, comporta rischi che spesso non conosciamo”
Fecondazione assistita. Fecondazione eterologa. Ormai parlare di maternità e paternità sembra un complicato esame di medicina invece che il più naturale dei gesti d’amore dell’essere umano. Proposte come soluzioni ai problemi di fertilità o come risposta al desiderio di avere un figlio al di là delle condizioni fisiologiche che permettono naturalmente di averlo, tali pratiche comportano rischi medici e sociali non indifferenti e di cui le persone sono spesso inconsapevoli.
Abbiamo incontrato il dott. Domenico Coviello, genetista, direttore del laboratorio di Genetica Umana dell’Ente Ospedaliero Ospedali Galliera di Genova e co-presidente di scienza e Vita. Gli abbiamo chiesto di spiegarci cosa comporta la fecondazione in vitro omologa ed eterologa su chi si sottopone a tali interventi e sulla società tutta.
Da un punto di vista genetico pratiche come la fecondazione eterologa cosa comportano?
Dott. Coviello: Per affrontare correttamente l’argomento è bene ricordare che l’embrione deriva da due componenti genetiche: 23 cromosomi materni e 23 paterni che incontrandosi formano la prima cellula (zigote). Dall’unione di questi due genomi parte tutto il “programma” per far diventare la prima cellula un bambino, il processo si chiama embriogenesi. Tutto ciò avviene nella fecondazione normale nell’utero della madre. Già nella fecondazione in vitro questo avviene invece all’esterno e comporta una serie di manipolazioni forse meno drastiche per il gamete maschile perché è già predisposto a fare diciamo una strada esterna ed arrivare alla fecondazione, mentre per gli ovociti è necessario fare un piccolo intervento chirurgico per prelevarli e metterli in provetta. Quindi già questa procedura comporta dei rischi medici: da un lato l’iperstimolazione ormonale in quanto è necessario prelevare – il cosiddetto pick-up – tanti ovuli da avere di scorta per la fecondazione in vitro e non uno o due come avviene naturalmente. Quindi la donna viene sottoposta a un bombardamento di ormoni per fare una cosa che non avviene naturalmente, cioè l’ovulazione contemporanea di più ovociti. Come in ogni intervento medico per la donna anche in questo caso vi sono dei rischi, anche se in piccole percentuali: possono esserci reazioni allergiche e/o reazioni avverse di vario tipo.
In particolare per l’eterologa abbiamo un genoma che non proviene dai genitori quindi, in questo caso, vi sono oltre a tutti i rischi della fecondazione in vitro – che con scienza e vita abbiamo documentato nel volume Embrioni crioconservati. Quale futuro? (http://www.scienzaevita.org/quaderni.php) – che mostrano come, seguendo un alto numero di bambini nati da fecondazione in vitro, vi è una percentuale maggiore di rischi di problemi genetici e d’altra parte, vi sono tutti i problemi psico-sociali. Come sappiamo ogni essere umano ha innato il desiderio di sapere qual è la sua origine: la letteratura è piena di esempi di soggetti che, una volta scoperto che la propria componente biologica appartiene ad un altro genitore, accusa problematiche psicologiche non indifferenti in quanto sente una mancanza. Ultimamente abbiamo visto altre problematiche che si sono affacciate, come quella della doppia eterologa; in questo caso ai rischi medici e psico-sociali ci sono anche quelli tecnici di laboratorio: sono recenti i fatti di cronaca che mostrano come in laboratorio possono avvenire degli errori questo in particolare se manca una legge che regolamenta in modo preciso anche le modalità di lavoro e gli aspetti di sicurezza dei laboratori. Senza una regolamentazione ci possono essere istituti seri ma anche istituti che non lavorano in sicurezza e dove quindi aumenta il rischio di errori, come gli scambi di embrioni o manipolazione degli ovociti in condizioni chimiche non appropriate e quindi con possibili danni al DNA contenuto nell’ovocita stesso.