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Eterologa, nuovo paletto: ok solo a donne in età fertile

fecundacion in vitro – it

© DR

Una mujer sometida a la fecundación in vitro muestra la foto de sus embriones gemelos

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 04/09/14

Chi ha più di 43 anni non potrà fare l'eterologa

La fecondazione eterologa sarà gratuita o con ticket, prevista cioè nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), ma con dei paletti rispetto all’età delle donne riceventi, che devono essere in età potenzialmente fertile: 43 anni. E’ questo il contenuto del documento tecnico per l’introduzione della fecondazione eterologa varato mercoledìì dal tavolo costituito da tecnici del settore e funzionari regionali, con l’accordo preliminare di tutte le Regioni. Il testo è ora all’esame degli assessori riuniti a Roma e passerà poi alla Conferenza Stato-Regioni (La Repubblica, 3 settembre).

COLORE DELLA PELLE E ANONIMATO
Il nato da eterologa avrà la possibilità di chiedere di conoscere l’identità del padre o madre biologici una volta compiuti i 25 anni di età: a questo punto il donatore verrà ricontattato e, se lo deciderà, potrà rivelare la propria identità. Il documento prevede inoltre che il nuovo nato da fecondazione eterologa avrà lo stesso colore di pelle della coppia ricevente. Per quanto possibile si manterrà, cioè, lo stesso fenotipo della coppia ricevente in relazione al colore della pelle, dei capelli e anche rispetto al gruppo sanguigno (Il Sussidiario, 3 settembre).

IL CASO DELLA TOSCANA
A fare da apripista all’eterologa in Italia, come ricorda Avvenire (3 settembre) è stata la Regione Toscana. A Firenze e dintorni è stata approvata già lo scorso 28 luglio una delibera con cui l’eterologa è entrata nelle strutture regionali e proprio ieri è stata annunciata una seconda delibera pronta a normare la questione del ticket (si parla di 500/600 euro per i cittadini residenti). Ma dopo il documento unitario, anche la regione guidata da Enrico Rossi dovrà allinearsi alle direttive nazionali. 

PERICOLO FAR WEST
«Si direbbe che in Italia le questioni di rilevanza bioetica vengano gestite nei tribunali anziché nelle appropriate sedi legislative – avverte ad Agensir (3 settembre) Monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino – e ciò accade, sovente, a causa delle lungaggini della macchina politica e burocratica. Ora, dopo la sentenza della Corte costituzionale del 9 aprile scorso che ha dichiarato illegittimo il divieto dell’eterologa, è doveroso che al più presto vengano date norme sicure che regolamentino la questione su tutto il territorio nazionale per evitare il far west, le derive eugenetiche e l’instaurarsi di un subdolo mercato procreativo animato dalla logica del figlio a tutti i costi». 

BAMBINO "ARTIFICIALE"
Il primo documento, prosegue l’arcivescovo di Torino, precisa che il concepito non può essere voluto «come il prodotto di un intervento di tecniche mediche e biologiche: ciò equivarrebbe a ridurlo a diventare l’oggetto di una tecnologia scientifica». Questa osservazione «vale già per la fecondazione omologa, cioè per la procreazione artificiale realizzata con i gameti dei coniugi. A maggior ragione risulta ineludibile per la fecondazione eterologa, ottenuta mediante l’incontro di gameti di almeno un donatore estraneo alla coppia».

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