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Lasciate che i bambini giochino con il fuoco – davvero

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Cari Donaldson - pubblicato il 03/09/14

Il gioco rischioso li aiuta a maturare e potrebbe aiutare gli adulti ad avvicinarsi a Dio

Un mio amico ha condiviso di recente un articolo su un argomento che avrebbe portato molti genitori a “stringere la borsetta” e ad attirare a sé i propri figli: un esame scientifico del “gioco rischioso” nei bambini e di come sia importante dal punto di vista dello sviluppo.

L'articolo definiva il “gioco pericoloso” come: 

1. Esplorare altezze
2. Sperimentare alta velocità
3. Maneggiare oggetti pericolosi
4. Stare vicino a elementi pericolosi (acqua/fuoco)
5. Fare giochi poco delicati
6. Andare in giro senza la supervisione di un adulto

La teoria è quella per la quale se ai bambini viene permesso di partecipare a queste attività nel contesto della propria organizzazione del tempo – e non in quella dei loro genitori –, diventano giudici migliori della propria capacità reale e sanno gestire meglio situazioni rischiose in futuro.

Al contrario, i bambini che sono protetti attivamente dal “gioco pericoloso”, sono meno capaci di formare risposte appropriate alla loro età a situazioni che inducono alla paura, e rispondono invece con livelli di ansia non adatti al loro livello di maturità.

Devo ammettere che questo articolo ha messo seriamente in discussione la mia filosofia genitoriale. I miei figli sono tre scalatori e scavezzacollo. Usano coltelli affilati e fuoco in cucina, e molto altro. A un certo punto avevamo anche un bambino che aveva imparato ad aprire le complicate chiusure della porta sul retro e ad entrare nel cortile di un vicino per giocare sulla sua palestrina. A quello abbiamo posto un freno, ma il resto lo permettiamo. Si faranno male? Probabilmente. Un bambino (quello di cui parlavo prima) si è spezzato un dente saltando giù dal letto a castello.

Finora, grazie a Dio, non ci sono state ossa rotte né commozioni cerebrali. L'unica corsa al pronto soccorso che abbiamo mai fatto è stata per mio marito, che si è rotto parte di due dita in un incidente.

Tale padre, tale figlio, credo.

So che la nostra filosofia genitoriale non è gradita a molti dei vicini. Un amico di uno dei miei figli non può più venire a giocare perché mia figlia un anno fa ha ricevuto a Natale un set di arco e frecce. Ora i genitori non vogliono che i figli giochino in una casa con delle armi. Posso comprendere le loro motivazioni, ma non penso che la loro scelta sia alla fin fine la migliore.

Dopo aver letto l'articolo, più ci pensavo, più mi ricordava il rapporto delle persone con Dio. Non è sorprendente per un Dio che vuole che lo chiamiamo “Papà” e ci rivendica come figli e figlie adottivi, mettere un bel po' di cose in prospettiva.

C'è un segmento di credenti – probabilmente di tutte le fedi, non solo cristiani – che vogliono che la loro relazione con Dio sia quella di un genitore chioccia e di un figlio protetto. Vogliono sentirsi dire che tutto ciò che stanno facendo è giusto e meritevole di un trofeo ed essere protetti da tutte le cose spaventose e rischiose che sono là fuori.

Il problema è che Dio non è un genitore chioccia, e quindi quando si verificano situazioni che inducono alla paura, siano esse tragedie, ferite, perdite o dolore, il figlio protetto non sa come rispondere.

A cosa assomiglia il “gioco pericoloso” in un contesto spirituale? Penso che la lista possa comprendere cose come queste:

1. Esplorare la teologia
2. Imparare la storia della propria religione
3. Chiedersi il perché dei propri dogmi
4. Stare vicino a non credenti
5. Vita di preghiera senza esclusione di colpi
6. “Andare in giro” con lo Spirito Santo

Tutte queste cose sono, in qualche grado, situazioni rischiose per il credente, ma penso che liberandoci dal nostro concetto di Dio come genitore chioccia possiamo iniziare a esplorare queste aree in modo appropriato alla nostra maturità spirituale e, facendo questo, diventare il tipo di popolo che Dio aveva in mente quando ci ha creati.

Cari Donaldson è autrice di Pope Awesome and Other Stories: How I Found God, Had Kids, and Lived to Tell the TaleHa sposato il suo amore del liceo, ha avuto sei figli con lui e ora trascorre le sue giornate tra la scuola domestica, la scrittura e il capire come gestire il suo piccolo esercito di bambini. Scrive su fede e vita familiare su clan-donaldson.com.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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