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I jihadisti indietreggiano, ma le sofferenze dei cristiani non si arrestano

Christians in Iraq MUJAHED MOHAMMED AFP – it

MUJAHED MOHAMMED/AFP

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 01/09/14

Isis in difficoltà, l'esercito prepara la liberazione di Mosul. jihadisti verso l'incriminazione delle Nazioni Unite?

Da un lato la liberazione delle prime città, dall’altro la sofferenza dei cristiani per ora rientrati in parte solo ad Al-qosh e in nessun altro villaggio del nord dell’Iraq. 

LA RICONQUISTA DI AMERLI
Sono piccoli segnali, ma importanti la liberazione di due città a nord dell’Iraq che fino a poche ore fa erano nelle mani dei miliziani dello Stato Islamico (Isis). Le forze irachene hanno rotto l’assedio di Amerli, città sciita turcomanna di 20mila abitanti a 160 chilometri da Bagdad. L’esercito, supportato dall’aviazione americana e dai peshmerga curdi, è riuscito ad entrare in città il 31 agosto, dopo che per oltre due mesi, gli abitanti si erano strenuamente difesi dagli assalti degli estremisti (La Repubblica, 1 settembre). 

LA BATTAGLIA DI SULAIMAN BEK
Dopo Amerli, domenica 31 agosto è stata liberata anche la città di Sulaiman Bek, sottratta al controllo dei miliziani jihadisti che la occupavano da 11 settimane. Sulaiman Bek si trova nella provincia di Salaheddin, 175 chilometri a nord di Baghdad e non lontano da Amerli. Anche questa città turcomanna è stata riconquistata all’esercito iracheno, aiutato dai curdi e dai miliziani sciiti e ‘protetto’ dai bombardamenti americani (Avvenire, 1 settembre).

ORA SFORZI SU MOSUL
Il primo ministro iracheno uscente, Nuri al Maliki, è arrivato oggi ad Amerli, dove ha incontrato alcuni responsabili delle forze di sicurezza. Maliki «ha incitato i combattenti ad Amerli a liberare ora Mosul», la seconda città del Paese, caduta nel giugno scorso nelle mani dei jihadisti (Ansa 1 settembre).

OLTRE 1400 VITTIME
Intanto c’è un dato provvisorio delle vittime della guerra civile: sono almeno 1.420 le persone che hanno perso la vita ad agosto in Iraq per l’avanzata dello Stato Islamico nel nord e nell’ovest del Paese. Lo rende noto la missione delle Nazioni Unite in Iraq spiegando che almeno 1.370 persone sono state ferite nello stesso periodo nel Paese (Adn Kronos, 1 settembre). 

CRIMINI E VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI
Le Nazioni Unite e l’Unione Europea hanno condannato «con forza gli ampi, diffusi e sistematici violazioni ed abusi dei diritti umani in Iraq, commessi in particolare dall’Isis e altri gruppi armati». A dirlo oggi a Ginevra, riporta l’Ansa (1 settembre), l’ambasciatore italiano presso le organizzazioni internazionali Maurizio Enrico Serra parlando a nome dell’Ue al Consiglio Onu sui diritti umani. «Ribadiamo che gli attacchi diffusi e sistematici contro i civili sulla base della loro appartenenza etnica o religiosa possono costituire crimini contro l’umanita», ha aggiunto Serra.

LA CONDANNA DEGLI IMAM INGLESI
Anche gli imam del Regno Unito scendono in campo per condannare i giovani musulmani che vanno a combattere in Siria e Iraq. Hanno emesso una ‘fatwà (editto religioso) contro i jihadisti britannici dell’Isis definendoli «eretici». Il documento proibisce ai musulmani di arruolarsi fra le fila dell’ «oppressivo e tirannico» Stato islamico e chiede di opporsi alla sua «ideologia velenosa». La fatwa arriva dopo che in Gran Bretagna è stato alzato l’allerta terrorismo (con un attentato definito «altamente probabile») per il timore che i jihadisti tornino in patria dal Medio Oriente per compiere atrocità nel loro Paese (Online News, 1 settembre). 

MESSA PER I CRISTIANI
Continua ad essere poco felice la situazione dei cristiani. Se da un lato le forze irachene provano a riconquistare villaggi all’Isis, dall’altro è palese la sofferenza delle popolazioni perseguitate. Oggi 1 settembre viene celebrata una solenne messa, nella chiesa di Saint Joseph ad Erbil, capitale della regione autonoma del Kurdistan, nel nord proprio per ricordare le vittime dell’odio religioso.  «La gente è costretta a scappare, cerchiamo di salvare i bambini, ma i nostri soldi, i nostri mezzi sono ancora là", dice Ibrahim, uno dei profughi cristiani che fugge da Qaraqosh (TmNews, 1 settembre). 

JIHADISTI SENZA SCRUPOLI
Ad Al-qosh invece c’è il timore che dopo il rientro a casa di parte dei cristiani, ci siano nuove rappresaglie da parte dei fanatici musulmani. In un reportage Tempi.it (1 settembre) ha raccolte le paure di Padre Gabriel, superiore dei monaci antoniani del monastero di Nostra Signora delle Messi, il più grande monastero cristiano dell’Iraq. «Questi jihadisti non vogliono solo occupare e razziare – dice Padre Gabriel, fuggito insieme agli altri monaci nella notte tra il 6 e 7 agosto – vogliono cancellare completamente tutto quello che c’era prima di loro». 

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cristiani perseguitati in iraqiraqisis
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