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«Siamo figli di martiri»: per questo non lasciano il Paese

abou khazen

© Meeting Rimini

Quotidiano Meeting - pubblicato il 27/08/14

I vescovi di Aleppo Abou Khazen e Nazzaro in visita al Meeting: «Non ci fidiamo degli interventi armati, serve dialogo»

di Pietro Bongiolatti

«Sanno di essere figli di martiri, per questo i cristiani siriani sono disposti a diventare martiri per la loro fede. Per questo rimangono».

Così racconta monsignor George Abou Khazen, attuale vicario apostolico di Aleppo, nominato meno di un anno fa da papa Francesco. In questi giorni è in visita al Meeting con il suo predecessore, monsignor Giuseppe Nazzaro. Sono entrambi francescani della Custodia di Terra Santa. Abou Khazen è di origine libanese.

Dal 1973 al 2004 è stato parroco a Gerusalemme e Betlemme, per poi essere incaricato della parrocchia di San Francesco di Aleppo e guardiano del convento francescano della città. Nazzaro è invece italiano ma fin da giovane ha vissuto in Medioriente, tra Egitto, Siria e Terra Santa, di cui è stato custode dal 1992 al 1998.

«È vero che sono rimasti soprattutto quelli poveri, no i mezzi economici per fuggire, ma i motivi più forti sono la presenza della Chiesa e la loro fede. Nessun vescovo, parroco o istituto religioso ha abbandonato i suoi fedeli, e questo è un grande segno di speranza. Capiscono poi il loro ruolo, sanno di dover essere sale e lievito della società. Ora ad Aleppo sono riprese molte attività apostoliche, nonostante i pericoli, centinaia di giovani hanno ripreso a fare incontri di catechesi e attività caritative. E dalla fede viene la speranza».

Si continua anche a collaborare con i musulmani: «Il sabato santo dell’anno scorso è venuto da me un capo della comunità islamica – racconta Nazzaro – dicendomi che una loro struttura di assistenza a vecchi, bambini e handicappati era stata colpita e non avevano più dove stare. Era la seconda volta in pochi mesi. Noi avevamo uno studentato universitario vuoto a causa della serguerra chiamato Gesù Operaio e lo abbiamo messo a loro disposizione. Sono 150 e sono ancora lì».

«Le tensioni vengono da fuori, dalle monarchie islamiche del Golfo, dalla Turchia. Anche gli americani hanno avuto un ruolo per infuocare la situazione: «Per questo non abbiamo fiducia nei bombardamenti americani. Abbiamo visto come va a finire…»

E voi, perché restate? Non siete siriani. «Ma siamo uno in Cristo. Eravamo in Israele con l’Intifada -, risponde Abou Khazen: – Ora questa è la nostra Chiesa e la nostra missione. Questa la nostra responsabilità. Se il pastore abbandona il gregge, le pecore si disperdono. Non possiamo prenderci questa responsabilità. E poi siamo consolati dal sapere che tutta la Chiesa prega per noi»

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