All'Udienza generale riflette sulla preghiera di Gesù durante l'Ultima Cena
Oltre 10mila pellegrini ha partecipato stamani in Piazza San Pietro all’Udienza generale nel giorno in cui la Chiesa ricorda Santa Monica, madre di Sant’Agostino. “Ogni volta che rinnoviamo la nostra professione di fede recitando il ‘Credo’ – ha esordito Papa Francesco – noi affermiamo che la Chiesa è «una» e «santa». È una, perché ha la sua origine in Dio Trinità, mistero di unità e di comunione piena. La Chiesa poi è santa, in quanto è fondata su Gesù Cristo, animata dal suo Santo Spirito, ricolmata del suo amore e della sua salvezza. Allo stesso tempo, però, è santa ma composta di peccatori, tutti noi, peccatori, che facciamo esperienza ogni giorno delle proprie fragilità e delle proprie miserie. Allora, questa fede che professiamo ci spinge alla conversione, ad avere il coraggio di vivere quotidianamente l’unità e la santità e se noi non siamo uniti, se non siamo santi, è perché non siamo fedeli a Gesù. Ma Lui, Gesù, non ci lascia soli, non abbandona la sua Chiesa! Lui cammina con noi, Lui ci capisce. Capisce le nostre debolezze, i nostri peccati, ci perdona, sempre che noi ci lasciamo perdonare, no? Ma Lui è sempre con noi, aiutandoci a diventare meno peccatori, più santi, più uniti”.
“Il primo conforto ci viene dal fatto che Gesù ha pregato tanto per l’unità dei discepoli. E’ la preghiera nell’Ultima Cena, Gesù ha chiesto tanto: ‘Padre, che siano uno’. Ha pregato per l’unità. E proprio nell’imminenza della Passione, quando stava per offrire tutta la sua vita per noi. È quello che siamo invitati continuamente a rileggere e meditare, in una delle pagine più intense e commoventi del Vangelo di Giovanni, il capitolo diciassette (cfr vv. 11.21-23). Com’è bello sapere che il Signore, appena prima di morire, non si è preoccupato di sé stesso, ma ha pensato a noi! E nel suo dialogo accorato col Padre, ha pregato proprio perché possiamo essere una cosa sola con Lui e tra di noi. Ecco: con queste parole, Gesù si è fatto fa nostro intercessore presso il Padre, perché possiamo entrare anche noi nella piena comunione d’amore con Lui; allo stesso tempo, le affida a noi come suo testamento spirituale, perché l’unità possa diventare sempre di più la nota distintiva delle nostre comunità cristiane e la risposta più bella a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi, (cfr 1 Pt 3,15). L’unità".
“«Tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21). La Chiesa ha cercato fin dall’inizio di realizzare questo proposito che sta tanto a cuore a Gesù. Gli Atti degli Apostoli ci ricordano che i primi cristiani si distinguevano per il fatto di avere «un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32); l’apostolo Paolo, poi, esortava le sue comunità a non dimenticare che sono «un solo corpo» (1 Cor 12,13). Abbiamo sentito nelle Letture. L’esperienza, però, ci dice che sono tanti i peccati contro l’unità. E non pensiamo solo agli scismi, pensiamo a mancanze molto comuni nelle nostre comunità, a peccati “parrocchiali”, a quei peccati nelle parrocchie. A volte, infatti, le nostre parrocchie, chiamate ad essere luoghi di condivisione e di comunione, sono tristemente segnate da invidie, gelosie, antipatie”.
A braccio ha aggiunto: “E le chiacchiere sono a mano di tutti. Quanto si chiacchiera nelle parrocchie! E’ buono questo o non è buono? E’ buono? E se uno viene eletto presidente di quella associazione, si chiacchiera contro di lui. E se quell’altra viene eletta presidente della catechesi, le altre chiacchierano contro di lei. Ma, questa non é la Chiesa, eh? Questo non si deve fare! Non dobbiamo fare, non dobbiamo farlo! Non vi dico che vi tagliate la lingua, no, no, tanto no…