Ci fidiamo di qualcuno che non abbiamo mai incontrato prima? L'esperimento sociale condotto da Peter Sharp oltre a strappare sorrisi, a volte imbarazzati, illumina sul senso del credere.
Peter si benda nel bel mezzo di una piazza e con le braccia spalancate attende gli abbracci delle persone. Davanti a sé ha un cartello con su scritto: “Io mi fido di te, tu ti fidi?”.
Come spiega bene il cardinale Gianfranco Ravasi: “Il verbo ebraico, che designa il credere ed è alla base del nostro termine amen, indica l’appoggiarsi fiducioso sulla parola e sulla presenza di una persona. La fede ha, quindi, da un lato un contenuto oggettivo e rivelato di verità che la Bibbia definisce e la Tradizione approfondisce, ma è d’altro canto anche un’adesione soggettiva fiduciosa della persona umana a un’altra persona cioè a Cristo rivelatore del Padre. Non è solo un 'discorso' ma anche un 'percorso' di vita, come quello drammatico che Abramo compie salendo l’erta del monte Moria, fidandosi e obbedendo a Dio anche quando la sua parola è oscura e misteriosa (Genesi 22; Ebrei 11, 8)”.