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La Bellezza rivelata: la fedeltà di Dio alla sua Chiesa e al Papa

La consegna delle chiavi di Perugino

© Wikipedia

Giulia Spoltore - Aleteia - pubblicato il 23/08/14

Meditiamo sulla lezione lasciataci da Pietro Perugino nell’opera La Consegna delle chiavi

In questa puntata, il professor Rodolfo Papa, per spiegarci attraverso le immagini il brano del Vangelo di Matteo ha deciso di accompagnarci nella Cappella Sistina.

E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».  (Mt 13, 17-19)

La Cappella Sistina voluta da Sisto IV non contiene solo i due grandi capolavori michelangioleschi, ma un ciclo pittorico al quale collaborarono le più grandi maestranze fiorentine disponibili alla fine del XV secolo. Da Ghirlandaio a Perugino, da Botticelli a Luca Signorelli e Cosimo Rosselli: tutti i più importanti pittori con il seguito dei loro collaboratori furono chiamati intorno al 1481 per partecipare a questa grande impresa.

Tutto il ciclo pittorico si fonda su un raffronto chiaro tra le vicende di Mosè e quelle di Cristo. Gli anni sistini (1471-1484) sono frutto di un umanesimo maturo. Il pontificato di Sisto IV Della Rovere si distingue per un alto grado di erudizione capace di accogliere la tradizione ebraica (la Legge mosaica o Lex scripta), ma che afferma con determinazione anche il compimento di essa in Cristo Gesù (Lex evangelica). Basti pensare che le proporzioni della Cappella Sistina sono state elaborate a partire da quelle del Tempio di Salomone.

In questo contesto, che ci deve fare da sfondo, il professor Rodolfo Papa ben chiarisce in questa puntata come la Consegna delle chiavi di Pietro Perugino si inserisca in una tradizione che ci mostra la continuità tra Cristo e Pietro, Pietro e i suoi successori (i papi), continuità il cui legante è lo Spirito Santo che Cristo ha promesso alla sua Chiesa.

Il ruolo del pontefice, ci spiega il professor Papa, non è un ruolo di prestigio e potere al vertice di una gerarchia, ma è il ruolo di colui che tutti deve servire per lo stesso spirito di carità, ovvero di amore, che mosse Cristo a lavare i piedi ai suoi discepoli (Gv 13, 1-15).

Di fronte all’affresco del Perugino, sulla parete opposta, sta l’affresco di Botticelli con la Punizione di Qorah e dei suoi figli (Num 16, 15 e ss.). Questi ultimi avendo rifiutato l’autorità di Aronne e di Mosè vengono puniti. Di solito questo affresco dallo straordinario dinamismo che viene letto come un monito per gli infedeli, piuttosto sarebbe, considerata la sua collocazione (la destinazione infatti non era pubblica, ma destinata al collegio dei cardinali e alla corte pontificia), da far rientrare nella stessa linea interpretativa proposta dal professor Papa. Il Signore è fedele alle sue promesse e così come difese l’autorità di Mosè, allo stesso modo difende la sua Chiesa e il suo Capo. Questo lo comprendiamo meglio se inseriamo l’opera in un contesto storico più ampio: solo nel 1420 con l’arrivo a Roma di papa Martino V Colonna si era concluso lo scisma di Occidente che a partire dalla Cattività avignonese e con l’elezione degli antipapi aveva minato dall’interno la vita della Chiesa.

Dopo aver visto nell’affresco di Perugino l’istituzione della Chiesa e del suo Capo come “servo di tutti”, vediamo come Botticelli è chiamato a rappresentare la fedeltà di Dio nelle traversie della storia. Più ci si addentra all’interno dei palazzi Vaticani e più sembra diminuire l’enfasi apologetica di cui è tacciata l’arte cristiana: piuttosto sembra che il discorso si faccia schietto, diretto a tutti i cardinali (papabili e non) sul servizio di Pietro e dei suoi successori e sulla fedeltà di Dio alla sua stessa Chiesa.

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