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La storia di Paolo Yun Ji-chung, primo martire della Corea

Foto monumento martiri Coreani

© Yonhap News

Aleteia - pubblicato il 18/08/14

Ecco chi è andato a venerare Papa Francesco in questo primo viaggio in Asia

Per meglio comprendere la storia della beatificazione di Paolo Yun Ji-chung e degli altri 123 martiri coreani, alcuni dei quali "ignoti", AsiaNews ha presentato la storia dei più famosi, veri e propri apostoli del cattolicesimo nell’estremo oriente per la propria forza d’animo e la fede incrollabile nella Verità che essi avevano conosciuto attraverso la Fede.
Qui una sintesi.

Paolo Yun Ji-chung nasce nel 1759 da una famiglia nobile e conosciuta di Janggu-dong, a Jinsan. Il suo nome adulto, prima del battesimo, era "Uyong". Francesco Yun Ji-heon, martirizzato a Jeonjiu durante la persecuzione Shinyu del 1801, era suo fratello minore. Paolo Yun mentre studia per diventare funzionario di Stato inizia a conoscere la fede cattolica. Dopo tre anni di studi della dottrina cattolica viene battezzatonel 1787 da Pietro Yi Seung-hun. Paolo Yun decide di insegnare il catechismo alla madre, al fratello Francesco e a un cugino da parte materna, che sarà battezzato Giacomo Kwon Sang-yeon. Da quel momento decide di proclamare il Vangelo insieme ad Agostino Yu Hang-geom, un parente acquisito per via matrimoniale.

Dopo aver definitivamente lasciato le pratiche rituali tradizionali, specialmente quelle legate ai riti legati ai funerali, in occasione di quello della madre, Paolo Yun diventerà oggetto della furia della corte del Re. Per evitare che fosse lo zio a pagare per le loro colpe, Paolo e Giacomo si consegneranno nelle mani del magistrato dopo una iniziale fuga. Iniziano quindi i tentativi di far abiurare i due da parte delle autorità. La risposta è che la fede "non si può abbandonare, per nessun motivo". Nonostante la situazione, i due continuano a proclamare il cattolicesimo come vero insegnamento di vita e a proteggere i propri fratelli cattolici dalla persecuzione iniziata dal Governo. Paolo Yun, in particolare, sottolinea l’irrazionalità dei riti ancestrali confuciani alla luce della dottrina della fede cattolica. Il Governatore – a queste loro dichiarazioni – è pronto a punirli con grande severità, la loro unica risposta a questa sentenza è: "Serviamo Dio, nostro padre, e quindi non possiamo disubbidire ai suoi comandamenti". Anche di fronte alla Corte i due testimoniano la propria fede senza timore, fino a che il Re, accettata l’opinione della sua Corte, ordina l’esecuzione.

Appena la decisione arriva al governatore di Jeonju, Paolo e Giacomo vengono trascinati fuori dalle loro celle e portati alla Porta meridionale della città. Paolo sembra felice come uno che stia andando a un banchetto. Mentre cammina, continua a spiegare la dottrina cattolica a quelli che lo seguono. L’ 8 dicembre 1791 (il 13 novembre secondo il calendario lunare) i due vengono decapitati e muoiono come martiri mentre pregano Cristo e la Vergine. Paolo Yun muore a 32 anni.

Le famiglie – che devono aspettare ben nove giorni prima di ottenere il permesso dal governatore per seppellire i corpi di Paolo e Giacomo – rimangono sorpresi dallo scoprire che entrambi i martiri sembrano essere morti da poco, con il sangue ancora brillante e fresco. I fedeli riescono quindi bagnare alcuni pezzi di stoffa con questo sangue. Questi fazzoletti vengono mandati a monsignor Gouvea, a Pechino e diversi malati, in pericolo di vita, si sentono meglio dopo aver toccato queste "reliquie".

Nel rapporto del governatore che esegue la sentenza alla Corte si legge: "Nonostante i loro corpi siano coperti di sangue, non si lamentano neanche. Rifiutano di rinunciare alla loro fede dicendo ‘l’insegnamento di Dio è molto chiaro, non possiamo disobbedire. Quindi dobbiamo disobbedire ai nostri genitori e al re’. Hanno detto che è un grande onore morire per Dio sotto la lama di un coltello"».

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