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Dov’è tuo fratello?

Davide Maggiore - Vinonuovo.it - pubblicato il 17/08/14

Quando Socci contrappone l’Iraq a Lampedusa sorvola con noncuranza sul fatto che anche gli eritrei che sono morti nel Mediterraneo erano cristiani perseguitati
Non mi interessa entrare nella querelle – innescata da un editoriale di Antonio Socci – sul presunto silenzio del Papa sulle persecuzioni dei cristiani in Iraq da parte del sedicente Califfato di Abubakr al-Baghdadi. Credo che il vescovo di Roma non abbia bisogno di avvocati e che per lui rispondano le parole pronunciate e le azioni compiute anche ben prima dell’esposizione mediatica di questa crisi. Il lettore paziente, consultando il sito della Radio Vaticana o l’Osservatore Romano partendo dalla data del 15 giugno scorso (giorno di un appello "per la cara nazione irachena") potrà agevolmente giudicare da sé.

Credo però che l’articolo di Socci meriti una risposta nel momento in cui oppone a quello che definisce il "flebile vagito" di Francesco sull’Iraq un’altra presa di posizione: il "suo tuonare cinque o sei volte «Vergogna! Vergogna! Vergogna!» per gli immigrati di Lampedusa". Il riferimento è probabilmente al discorso pronunciato dopo la tragedia del 3 ottobre al largo dell’isola, costata la vita a 366 migranti.

Quelle righe, probabilmente, sono per Socci solo un inciso nel discorso. La frase, tuttavia, mi ha lasciato addolorato e perplesso proprio per la sua brevità e, credo di poter dire, per la noncuranza con cui sembra essere stata scritta, da chi pure si pone come appassionato difensore dei cristiani. Ciò che l’editorialista di Libero, in effetti, omette di dire è che anche numerosi dei morti in quel naufragio professavano la stessa religione.

Erano cristiani dell’Eritrea, un Paese in cui – hanno ricordato qualche mese fa i suoi vescovi cattolici – i componenti di ogni famiglia, "il nucleo della Chiesa e il fondamento della società" sono "sparpagliati tra il servizio nazionale, l’esercito, i centri di riabilitazione, le carceri". Dove molte denominazioni cristiane sono fuorilegge e anche quelle legali (tra cui la Chiesa cattolica) subiscono le interferenze del regime, come denunciano, da anni, le principali organizzazioni per i diritti umani. Ed è anche per la mancanza di libertà d’espressione, hanno scritto i vescovi, che "i giovani fuggono verso Paesi dove c’è giustizia, lavoro e dove ci si può esprimere senza timore ad alta voce", perdendo la vita a centinaia tra le torture dei trafficanti nel Sinai o – appunto – durante le traversate del Mediterraneo.

Al di là della stampa specializzata, la denuncia dei vescovi eritrei ha trovato molto meno spazio del dramma iracheno. Il silenzio fu quello degli editorialisti e lasciò amareggiato chi segue le vicende di quella nazione e di quel popolo. Oggi l’inciso fatto cadere in modo quasi casuale proprio mentre si difende il diritto sacrosanto all’esistenza di altri cristiani, di altri perseguitati, rinnova l’amarezza. "Dov’è tuo fratello?" si intitolava la lettera pastorale da cui sono tratte le citazioni riportate sopra. Una domanda che Socci, per quanto riguarda i cristiani d’Eritrea morti di fronte a Lampedusa, lascia senza risposta. Il desiderio sarebbe di chiedergli perché.

Qui l’originale