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Corea, un milione per il Papa Francesco beatifica 124 martiri

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Agi - pubblicato il 16/08/14
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In un tweet: “I martiri ci insegnano che le ricchezze, il prestigio e l’onore hanno poca importanza”Un milione per gli organizzatori locali, circa 800mila per il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, certo una folla sterminata si e’ riversata questa mattina nella grande area della Porta di Gwanghwamun, a Seul per la beatificazione di un secondo gruppo di martiri coreani. "La chiesa cattolica in Corea ha gia’ 103 santi martiri (canonizzati da Giovanni Paolo II nel 1984) e oltre a questi, con la beatificazione di oggi, ha anche 124 beati", ha commentato il cardinale Andrew Yeom Soo-jung, arcivescovo di Seul ricordando che la zona attorno a Gwanghwamun "e’ il sito storico dove sono stati martirizzati i numerosi antenati della nostra fede. In essa si situavano inoltre anche i dicasteri principali della dinastia di Chosun".
 
"La Chiesa Cattolica in Corea – ha spiegato il cardinale Yeom Soo-jung – e’ cresciuta sul sangue dei martiri e si e’ dimostrata un buon esempio per la societa’ coreana promuovendo la giustizia e i diritti umani". L’auspicio del primate coreano e’ dunque che la beatificazione di oggi sia "occasione di sollecito per realizzare la concordia e l’unita’ non solo dei cattolici coreani ma anche del popolo coreano e di tutti gli altri popoli asiatici, attraverso lo scambio della fraternita’ universale". "La Chiesa coreana – ha assicurato il porporato – cerchera’ sempre di essere la luce e il sale per l’evangelizzazione del mondo, e di essere inoltre una chiesa che serve i poveri, gli oppressi e gli emarginati facendo sentire loro la gioia del Vangelo".

Prima della mega-celebrazione, Francesco ha visitato il luogo delle esecuzioni capitali dell’800: il santuario dei martiri di Seo So- Mun alla periferia di Seul, dove furono uccisi centinaia di cristiani. "Cristo – ha ricordato il Pontefice – e’ vittorioso e la sua vittoria e’ la nostra! Oggi celebriamo questa vittoria in Paolo Yun Ji-chung e nei suoi 123 compagni. I loro nomi si aggiungono a quelli dei Santi Martiri Andrea Kim Taegon, Paolo Chong Hasang e compagni, ai quali poc’anzi ho reso omaggio. Tutti vissero e morirono per Cristo e ora regnano con Lui nella gioia e nella gloria".

I MARTIRI CI CHIEDONO DI NON ACCETTARE COMPROMESSI
"Oggi molto spesso la nostra fede viene messa alla prova dal mondo: in moltissimi modi ci viene chiesto di scendere a compromessi sulla fede, di diluire le esigenze radicali del Vangelo e conformarci allo spirito del tempo". Per questo e’ importante l’esempio dei martiri che "ci richiamano a mettere Cristo al di sopra di tutto e a vedere tutto il resto in questo mondo in relazione a Lui e al suo Regno eterno: essi ci provocano a domandarci se vi sia qualcosa per cui saremmo disposti a morire". Papa Francesco ha spiegato cosi’ il senso della mega-celebrazione di oggi, nel luogo stesso dove nel 1839 avvennero le decapitazioni. "La celebrazione odierna – ha pero’ aggiunto – abbraccia gli innumerevoli martiri anonimi, in questo Paese e nel resto del mondo, i quali, specie nell’ultimo secolo, hanno offerto la propria vita per Cristo o hanno sofferto pesanti persecuzioni a causa del suo nome". E ha poi ribadito in un tweet: "I martiri ci insegnano che le ricchezze, il prestigio e l’onore hanno poca importanza". "Oggi – ha affermato Bergoglio – e’ un giorno di grande gioia per tutti i coreani". Paolo Yun Ji-chung (la cui testa fu esposta al pubblico ludibrio) e i suoi compagni, con "la loro rettitudine nella ricerca della verita’, la loro fedelta’ ai sommi principi della religione che hanno scelto di abbracciare, nonche’ la loro testimonianza di carita’ e di solidarieta’ verso tutti", rappresentano infatti un esempio che "fa parte della ricca storia del popolo coreano" e che "ci insegna l’importanza della carita’ nella vita di fede". Per Papa Francesco "fu la purezza della loro testimonianza a Cristo, manifestata nell’accettazione dell’uguale dignita’ di tutti i battezzati, che li condusse ad una forma di vita fraterna che sfidava le rigide strutture sociali del loro tempo". Infatti, "fu il loro rifiuto di dividere il duplice comandamento dell’amore a Dio e dell’amore al prossimo che li porto’ ad una cosi’ grande sollecitudine per le necessita’ dei fratelli". "Il loro esempio – Francesco ne e’ convinto – ha molto da dire a noi, che viviamo in societa’ dove, accanto ad immense ricchezze, cresce in modo silenzioso la piu’ abbietta poverta’; dove raramente viene ascoltato il grido dei poveri; e dove Cristo continua a chiamare, ci chiede di amarlo e servirlo tendendo la mano ai nostri fratelli e sorelle bisognosi". "Se seguiamo l’esempio dei martiri e crediamo nella parola del Signore, allora – ha assicurato Papa Bergoglio – comprenderemo la sublime liberta’ e la gioia con la quale essi andarono incontro alla morte". "Possano le preghiere di tutti i martiri coreani, in unione con quelle della Madonna, Madre della Chiesa – ha invocato infine – ottenerci la grazia di perseverare nella fede e in ogni opera buona, nella santita’ e nella purezza di cuore, e nello zelo apostolico di testimoniare Gesu’ in questa amata Nazione, in tutta l’Asia e sino ai confini della terra".

 

"I Laici Sono Stati i Primi Apostoli" from Aleteia on Vimeo.

IN COREA IL VANGELO NON HA AVUTO BISOGNO DEI PRETI
"La fede cristiana non giunse ai lidi della Corea attraverso i missionari; vi entro’ attraverso i cuori e le menti della gente coreana stessa, fu stimolata dalla curiosita’ intellettuale, dalla ricerca della verita’ religiosa". Papa Francesco ha voluto ricordare questa verita’ storica nell’omelia tenuta davanti a una folla sterminata di fedeli radunati alla Porta di Gwanghwamun, a Seul, in occasione della messa per la canonizzazione di 124 martiri. "Attraverso un iniziale incontro con il Vangelo, i primi cristiani coreani – ha spiegato – aprirono le loro menti a Gesu’. Volevano conoscere di piu’ su questo Cristo che ha sofferto, e’ morto ed e’ risorto dai morti". Non ci fu dunque bisogno di preti: "l’apprendere qualcosa su Gesu’ condusse presto a un incontro con il Signore stesso, ai primi battesimi, al desiderio di una vita sacramentale ed ecclesiale piena, e agli inizi di un impegno missionario". "Questa storia ci dice molto sull’importanza, la dignita’ e la bellezza della vocazione dei laici", ha osservato Bergoglio rivolgendo il suo saluto "ai tanti fedeli laici qui presenti, in particolare alle famiglie cristiane che ogni giorno mediante il loro esempio educano i giovani alla fede e all’amore riconciliatore di Cristo". "In maniera speciale saluto i molti sacerdoti presenti; attraverso il loro generoso ministero trasmettono il ricco patrimonio di fede coltivato dalle passate generazioni di cattolici coreani", ha poi aggiunto il Pontefice rilevando che nel Vangelo "Gesu’ chiede al Padre di consacrarci nella verita’ e di custodirci dal mondo ma non di toglierci dal mondo: invia i suoi discepoli perche’ siano lievito di santita’ e di verita’ nel mondo"; cioe’ "il sale della terra, la luce del mondo". "In questo – ha rilevato – i martiri ci indicano la strada" perche’ "dovettero scegliere tra seguire Gesu’ o il mondo che li avrebbe odiati a causa sua: sapevano il prezzo dell’essere discepoli. Erano disposti a grandi sacrifici e a lasciarsi spogliare di quanto li potesse allontanare da Cristo: i beni e la terra, il prestigio e l’onore, poiche’ sapevano che solo Cristo era il loro vero tesoro".

Qui l’originale