In quali casi una persona può non pagare le imposte? Cosa deve fare se in passato ha frodato?
Vorrei che mi illuminaste sul tema delicato dell’obbligo che abbiamo di pagare le nostre imposte. Quali sono i limiti? Se una persona non ha pagato potendo farlo, deve restituire qualcosa? Molte grazie in anticipo.
Risponde Miguel Ángel Fuentes Ive
Contribuire con il pagamento delle imposte rientra tra i doveri di promozione del bene comune. Spiegare bene il fondamento del dovere e i limiti mi obbliga a dilungarmi un po’ nella spiegazione della questione [1].
1. Nozione.
Per “imposta” o “tributo” si intende quell’entrata coatta richiesta dal potere fiscale (fisco deriva dal latino fiscus, cesto di vimini, anche cesta per conservare il denaro, e da lì è passato a indicare il tesoro pubblico) senza controprestazione, ovvero che non ha alcun rapporto con i benefici ricevuti dai cittadini come conseguenza dell’attività statale. Le “tasse”, invece, sono quelle richieste dal potere fiscale in controprestazione e come pagamento di un servizio pubblico o in cambio delle attività che beneficiano il soggetto.
Le imposte si dividono in dirette e indirette.
1) Le imposte dirette riguardano immediatamente una persona determinata e si pagano per qualcosa che appartiene esclusivamente a lei, per le sue rendite, il suo patrimonio e le sue spese.
2) Le imposte indirette aggravano le spese delle persone. Sono quelle che si legano immediatamente a una cosa o servizio generale e vengono pagate solo dalla persona che acquisisce la cosa o utilizza il servizio: ad esempio, l’imposta sul tabacco o sui carburanti. Una forma particolare sono le tariffe doganali.
2. Le imposte nelle Scritture
Nella Rivelazione si mostra chiaramente l’obbligo di rispettare le leggi statali relative alle imposte: :
– Gesù paga il tributo dovuto al tempio istituito da Neemia (cfr. Mt 17,24-27)
-‘Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio’ (Mt 22,21)
-‘È necessario stare sottomessi [alle autorità], non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza. Per questo dunque dovete pagare i tributi, perché quelli che sono dediti a questo compito sono funzionari di Dio. Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi il tributo, il tributo; a chi le tasse le tasse’ (Rom 13,5-7).
3. Nella tradizione
Tertulliano riconosce come prassi comune e certa che i cristiani non soddisfano le imposte destinate al sostentamento dei templi e culti pagani, ma rispettano gli altri tributi e in modo scrupoloso (cfr. Apologia 42,9); lo stesso si legge in Sant’Ambrogio, San Giovanni Crisostomo e Sant’Agostino. Anche il magistero si è mantenuto unanime sul tema, come si può vedere in vari documenti che poi menzioneremo.
4. Le fluttuazioni dei moralisti
La morale fiscale ha conosciuto alcune fluttuazioni storiche. Fino al XIII secolo si è sostenuta l’obbligatorietà in coscienza, poi fino alla fine del XV si è sostenuta l’obbligatorietà penale; nel XVI e nel XVII secolo si è tornati al dovere in coscienza; nei secoli XVIII e XIX si è passati al penalismo; ai nostri giorni i moralisti si dividono in due gruppi: quelli che sostengono che le leggi tributarie sono meramente penali e quelli per i quali implicano un obbligo diretto in coscienza.
5. Diritto dello Stato di raccogliere imposte
Il diritto dello Stato si basa su tre principi di etica sociale:
1) Il bene comune. Perché lo Stato possa compiere la sua missione di cercare il bene comune sono necessarie certe risorse economiche che favoriscano le condizioni sociali che rendano possibile alle associazioni e a ciascuno dei loro membri il raggiungimento più pieno e più accessibile della propria perfezione (cfr. GS 20). Questo è un dovere di ogni membro della società [2]. Per questo Pio XII affermava che non c’è alcun dubbio circa il dovere di ogni cittadino di sostenere una parte delle spese pubbliche [3].