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Sei inquieto e non hai pace? Non viene da Dio

Hands of a sad woman in front of a window – it

Vladimir Volodin / Shutterstock

padre Carlos Padilla - Aleteia - pubblicato il 12/08/14

I pensieri distruttivi e che si concentrano sempre sulla colpa sono quelli che ci danneggiano

I turbamenti non vengono da Dio, perché ci tolgono la pace e ci allontanano dalla preghiera. Quando i pensieri non sono costruttivi, è meglio metterli da parte, perché non diano fastidio, perché ci sono pensieri distruttivi che non ci aiutano a crescere e ci turbano.

Una persona mi diceva poco tempo fa: “L’altro giorno ho letto che i pensieri non pronunciati sono pensieri che pesano, che si incancreniscono, che ti rendono impacciato, ti immobilizzano e non lasciano spazio a pensieri nuovi”.

È necessario tirar via i pensieri che ci turbano, quelli non pronunciati, quelli che ci fanno del male, che sono oscuri e non danno luce. Quei pensieri che ci paragonano ad altri, che ci fanno vedere continuamente il male in noi e negli altri, che non ci lasciano essere costruttivi e si concentrano sempre sulla colpa. Giovanni Paolo II diceva che non sono i sentimenti che devono guidare il pensiero, ma il pensiero cosciente che deve funzionare come rampa di lancio dei sentimenti.

A volte crediamo che i sentimenti siano la prima cosa e non si possano controllare. Non è così. I pensieri precedono i sentimenti. I sentimenti di frustrazione in genere sono preceduti da pensieri negativi che ci sminuiscono.

L’unico modo per crescere è cambiare il nostro modo di pensare, il nostro atteggiamento interiore di fronte alle contrarietà, la nostra forma abituale di vedere le cose, soprattutto le croci di ogni giorno. Non siamo schiavi di un mare di sentimenti incontrollati che gestiscono a loro piacimento la barca della nostra vita. Non siamo schiavi della frustrazione che nasce dal cuore, della paura che non ci lascia rischiare, dello scoraggiamento che ci toglie la pace e ci confonde. Non siamo schiavi delle nostre passioni che ci vogliono portare da un lato all’altro senza ascoltare i desideri del cuore. Possiamo cambiare il nostro modo di pensare. Possiamo acquisire pensieri positivi che ci elevino e ci incoraggino, pensieri che ci permettano di osservare la vita con un altro sguardo.

L’altro giorno leggevo un aneddoto su un bambino in spiaggia. Visto che siamo in estate, pensiamo oggi a tanti bambini che costruiscono i propri castelli di sabbia sulla spiaggia.

La madre del bambino racconta: “Qualche giorno fa siamo andati in spiaggia con i nostri figli. Le nostre bambine correvano come pazze da una parte all’altra, costruendo castelli di sabbia, ma Eduardo, di quattro anni, è rimasto fermo con la sua paletta gigantesca e dopo un po’ si è seduto sulla sabbia arrabbiato. Quando gli ho chiesto cosa succedeva ha risposto: ‘Mamma, qui non posso costruire la mia casa, non c’è alcuna roccia, e io voglio costruire sopra la roccia’”.

Pensavo a questo bambino e al suo desiderio sincero e ingenuo di costruire la sua casa sulla roccia. Sapeva che Gesù vuole che facciamo così: non costruire sulla sabbia della spiaggia, ma sulla roccia che le onde non possono trascinare via. Investiamo tanto tempo per formarci intellettualmente, vogliamo imparare molte lingue e avere molti titoli con i quali poter affrontare la vita e giustificare il nostro valore, ma a volte possiamo trascurare la cosa più importante, la formazione del nostro interiore, la costruzione dei principi sui quali costruiamo la nostra vita.

Se costruiamo sulla sabbia perderemo la base salda quando nella nostra vita arriveranno le difficoltà. Come mi diceva una persona malata qualche giorno fa, “è facile offrire la vita a Dio quando tutto ci va bene, ma quando iniziano le difficoltà è più difficile rinnovare l’offerta”.

Se costruiamo la nostra vita sulla roccia, sarà possibile affrontare la vita con uno sguardo positivo, con la fiducia di saperci nelle mani di Dio.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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