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Silenzi assordanti

​Mother’s embrace

© Quinn Dombrowski / Flickr

Vinonuovo.it - pubblicato il 11/08/14

Aprire una finestra sul mondo, emozionarsi, accogliere l'altro, accorgersi del prossimo è ciò che i greci chiamavano "estesia". Cioè il contrario di anestesia

Agosto. Quest’anno non fa tanto caldo; l’estate non si vede. Molta gente non ha nemmeno i soldi per andare in vacanza. Siamo tutti un po’ intorpiditi: il tempo un po’ triste mette poca voglia di uscire o godersi il tempo libero, non ci si sente in vacanza (perché si è a casa, o perché piove…) e non si ha l’energia e gli impegni che costellano la quotidianità dei mesi freddi.

Non è però soltanto il corpo ad essere stanco, o la voglia di divertirsi che manca.

Quello che manca di più, secondo me, in questo periodo, è la vita stessa. Perché la vita è vivere minuto per minuto, istante per istante, in pienezza. È essere attenti, all’erta, rispetto a ciò che accade accanto a noi e attorno a noi.

E basta aprire la finestra della nostra vita per vedere che la pioggia sull’estate forse è un problema non poi terribile. In Iraq file stremate di persone senza cibo, acqua o medicinali sono costrette a percorrere chilometri sotto il sole, avendo abbandonato ogni cosa, senza un futuro, senza un luogo dove andare, sole con la loro fatica e con la loro angoscia.

A Gaza ed in Israele, innocenti continuano a morire: io non so chi abbia più ragione (o meno torto) fra le parti in guerra, ma è innegabile che morte, distruzione, sofferenza e devastazione si assommano le une alle altre.

In Siria, in Ucraina e in tante parti del mondo si continua a sparare.

In Africa, Ebola falcia e contagia, e resistono solo medici coraggiosi e missionari intrepidi.

Nel Mediterraneo, migliaia di persone si accalcano su barconi fatiscenti, affrontano traversate impossibili e spesso muoiono sperando in un futuro migliore.

E anche nel nostro Paese c’è tanta stanchezza, tanta povertà, tanta solitudine fra gli anziani, tanta disperazione fra i giovani.

Non voglio sommergere chi mi legge con un fiume di sofferenza. Anch’io, certe volte, vorrei sentire i telegiornali estivi di una volta, in cui la notizia del giorno era il cagnolino intelligente che sapeva fare sci d’acqua.
Ma purtroppo questa è la realtà.

Per alcune di queste realtà possiamo fare poco: pregare, per chi ci crede, e cercare almeno di parlarne perché non se ne perda la coscienza.

Per altre, possiamo donare un pochino dei nostri risparmi: so che molti di noi ne hanno pochi, in questo momento, ma quasi tutti possiamo ancora permetterci qualche sfizio e qualche spesa non necessaria. Proviamo a pensare a chi non ha veramente nulla. 

Per altre ancora, basterebbe che aprissimo gli occhi e vedessimo le fatiche e i bisogni (anche solo di un sorriso o di una parola gentile) di chi ci sta intorno. La signora del pianerottolo di fronte, che passa da sola il ferragosto, e che magari vorrebbe qualcuno che le chiede come va. La persona senza fissa dimora che vorrebbe smettere di essere invisibile. Quella persona così noiosa che quando comincia a parlare non smette più, ma che forse parla come un fiume in piena perché non ha mai nessuno che la ascolti.

Pensiamoci. Non solo faremo bene a qualcuno, ma saremo anche più vivi noi. Perché emozionarsi, accogliere l’altro, accorgersi del prossimo è ciò che i Greci chiamavano "estesia": e il contrario è anestesia.

Qui l’originale

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