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Come credere in Dio quando è morta una persona cara?

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padre Carlos Padilla - Aleteia - pubblicato il 11/08/14

Ci sono momenti molto duri che fanno vacillare la fede

Il dolore e la tristezza per la perdita di una persona cara possono turbarci. In quei momenti possiamo allontanarci da Dio, ribellarci alla sua volontà, fuggire dalle sue braccia.

Ecco che Gesù ci mostra il suo dolore. È turbato, con una profonda tristezza nell’anima. Suo cugino, Giovanni il Battista, è stato ingiustamente decapitato. Che tristezza profonda doveva esserci nel suo cuore! Gesù si ritira cercando la solitudine, cercando Dio: «In quel tempo, quando Gesù udì della morte di Giovanni Battista, partì su una barca e si ritirò in disparte in un luogo deserto».

Giovanni è morto. Lo amava e lo ammirava, e ora non c’è più. Non ha potuto salvarlo come avrebbe poi fatto con Lazzaro. Ora Gesù ha bisogno di stare solo, di guardare dentro se stesso. Si ritira a pregare. Vuole pace. Desidera stare tranquillo.

Il dolore profondo ci fa cercare il silenzio e la tranquillità. Quei luoghi in cui il cuore riposa nella roccia ferma che è Dio. Gesù cerca la solitudine. Gesù, uomo e Dio, ha bisogno di riposare in suo Padre. Ha bisogno di rientrare in sé e approfondire tutto ciò che sta accadendo.

Quanta poca interiorità ha l’uomo di oggi! Viviamo verso l’esterno, riversati sul mondo, senza tempo per meditare sulla vita. Gesù sale su una barca e cerca un luogo solitario. Ha bisogno di allontanarsi dalla costa, di parlare con suo Padre nell’intimità, di piangere, riposare in Lui, mettere la testa sul suo petto, darsi tempo per perdonare e per soffrire.

Non c’è più l’amico più fedele, colui che ha dato la vita per aprirgli la strada, che ha esortato generosamente i suoi discepoli ad abbandonarlo per seguire Lui, che non ha potuto essere suo discepolo. Gesù sente che senza Giovanni è più solo. Si allontana sulla barca per stare un po’ da solo. Forse si sarebbe ritirato in un luogo appartato o avrebbe navigato più a largo in quel lago che per lui era familiare.

Mi piace vedere Gesù in silenzio, solo, che medita, che cerca. Mi piace immaginare i suoi dialoghi profondi con suo Padre. Cosa sarebbe accaduto in quella preghiera? Avrebbe parlato al Padre della sua impotenza, del suo dolore, avrebbe reso grazie per la vita di Giovanni, avrebbe pianto perché lo amava e fa male continuare a camminare senza di lui. Cerca suo Padre perché si rende conto di quanto è accaduto. Sarebbe rimasto in silenzio, ascoltando. Avrebbe chiesto la pace in un mondo violento.

Questo atteggiamento di Gesù è un invito per il mese di agosto. Gesù si ritira a pregare, cerca la solitudine. Magari in questi giorni d’estate potessimo trovare momenti di riposo, di pace, di preghiera. È necessario guardare al periodo che abbiamo vissuto e cercare le orme di Dio nella nostra vita. Dio ha cura di noi nel cammino. Dio ci viene incontro. Vogliamo ringraziarlo per il suo affetto e la sua vicinanza. Vogliamo mettere nelle sue mani i nostri dolori e le nostre frustrazioni. Vogliamo lasciare che sia Lui a sostenerci.

È positivo allontanarci dalla riva dell’anno trascorso, per avere momenti in cui la nostra anima riposi in Dio, in cui possiamo stare a tratti in silenzio, raccontandogli ciò che ci pesa e ciò che ci fa gioire, le nostre perdite e i nostri sogni. Magari trovassimo come Gesù un luogo in cui stare in pace in modo speciale. Forse camminando, o davanti a un’immagine, o al mare, o in montagna.

Nella nostra vita mancano luoghi solitari. Le esigenze della nostra famiglia, del lavoro, degli impegni… Non abbiamo spazi per la solitudine. Gesù ha provato compassione. Non c’è nulla che io possa provare che Egli non comprenda perché lo ha vissuto.

Una persona scriveva in un momento di dolore e turbamento:
«In tutta questa tristezza e confusione, so con certezza che Dio mi accompagna. Gesù esce a correre con me, Maria mi abbraccia ogni notte e mi aiuta a dormire; lo Spirito Santo mi dona chiarezza per continuare a vedere che mi ama, che molti mi amano e che anch’io sono importante per gli altri. Continuo a vedere che sono preziosa ai suoi occhi, nonostante tutto. Con la mia ricerca, con il mio dolore intenso e con il mio amore per gli altri. Voglio guardare al di là del mio dolore. Guardare agli altri senza alcun interesse di soddisfare qualcosa di mio. E allo stesso tempo ricevere molto amore inaspettato e vedere come altri vedono e toccano il mio dolore. So che mi amano così e questo è molto bello. Mi sento molto piccola».

A volte sperimentiamo la solitudine e il dolore. Vediamo che la nostra sete è infinita e nulla la placa. Non troviamo il riposo a cui il cuore anela. Sono momenti di turbamento in cui vorremmo toccare il cielo con le mani e cadiamo malamente. Vorremmo vivere solo in Dio e riposare al suo fianco.

Dio ci attende, desidera che poniamo nelle sue mani ciò che ci inquieta. Il Tabernacolo, dove rinnoviamo ogni giorno la nostra alleanza con Maria, è il nostro luogo di riposo. Lì torniamo ogni volta che siamo turbati. Lì lasciamo il dolore dell’anima, le nostre paure e i nostri dubbi.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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