Il richiamo di Draghi sollecita una maggiore integrazione politica in una Ue dove la sovranità deve basarsi su un patrimonio di valori condivisi
«Per i Paesi dell’Eurozona è arrivato il momento di cedere sovranità all’Europa per quanto riguarda le riforme strutturali». Le parole del governatore della Bce Mario Draghi hanno fatto il giro del mondo.
La Repubblica (7 agosto) le traduce così: i Paesi dell’Eurozona non sono in grado di riformarsi da soli, meglio allora che intervenga direttamente l’Europa da Bruxelles. D’altra parte il numero uno della Banca Centrale Europea chiede da mesi di intensificare le riforme strutturali e «non disfare i progressi fatti nel consolidamento di bilancio», con misure favorevoli alla crescita
Ma in che modo si cede sovranità alla Ue? La dottrina sociale della Chiesa interviene su questo tema? Lo abbiamo chiesto al professore Vincenzo Antonelli, docente di diritto amministrativo europeo alla Luiss.
ACCENTRAMENTO E MODIFICA DEI TRATTATI
«Trasferire sovranità dagli stati all’Unione Europea – riflette Antonelli – significa intervenire con la modifica dei trattati europei, che in questo modo andrebbero rinegoziati o con la stipula di accordi specifici, che poi andrebbero ratificati dai singoli stati». In tal senso Draghi «fa intendere che sia necessario un maggiore accentramento di potere dell’Unione Europea sui singoli stati per accelerare e rendere effettivi i processi di riforme strutturali».
NON BASTANO I SUGGERIMENTI
Per raggiungere questo obiettivo non sembra più sufficiente l’invio di "lettere" come è avvenuto per l’Italia, da parte della Bce nel 2011. In quella missiva si sollecitava il governo ad attuare in tempi stretti un percorso di riforme. «Parliamo di una lettera che non poneva vincoli giuridici, ma aveva un tono politico molto deciso: erano "suggerimenti" con un carattere precettivo. Erano indicati anche gli atti precisi che lo Stato doveva compiere in questa direzione, dall’abolizione delle Province al pareggio di bilancio».
NECESSARIA UN’INTEGRAZIONE POLITICA
Oggi, secondo l’esperto di diritto amministrativo europeo, «Draghi parla di una nuova prospettiva: pone il problema dell’integrazione politica nell’Unione Europea, in quanto gli ambiti di intervento delle riforme strutturali, quali il mercato dei prodotti, del lavoro, della semplificazione e della burocrazia sono ambiti ad alto valore politico. E non è sufficiente intervenire con mere riforme economiche».
IL FRONTE CATTOLICO: EUROPA DI POPOLI O GOVERNANTI?
Dinanzi al pressing del presidente della Bce, il concetto di «cessione della sovranità» va inquadrato anche in una prospettiva cattolica. «Sul fronte della dottrina sociale della Chiesa possiamo distinguere il versante dell’insegnamento dalla presenza ecclesiale nel dibattito europeo», sottolinea Antonelli.
Sul primo aspetto il concetto fondamentale è che «la sovranità appartiene al popolo. La sovranità non è dei governanti. Ma in Europa oggi appartiene ai popoli o ai governanti?», si domanda il docente.
I CITTADINI E IL BENE COMUNE
Il compendio non si occupa direttamente della forma di governo dell’Unione Europea, ma la dottrina sociale fino a partire da Giovanni Paolo II ha espresso una preferenza verso una forma di governo democratica, «la cui grammatica è: partecipazione, responsabilità e sussidiarietà. E’ legata al bene comune, ad una forma di stato rappresentativa e partecipativa con i cittadini che sono parte attiva delle decisioni».
SOVRANITA’ BASATA SU VALORI CONDIVISI
Sul fronte del dibattito pubblico, invece, «la conferenza episcopale europa si è posta nell’Europa a difesa delle radici cristiane, intese come patrimonio valoriale comune di tutti i cittadini europei. Una nuova sovranità politica – chiosa l’esperto di diritto amministrativo europeo – deve nascere su questo patrimonio valoriale e condiviso».